Crisi migranti: agire a livello del soccorso marittimo

Crisi migranti: agire a livello del soccorso marittimo
Di Euronews
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Fuggire guerra e miseria a costo della vita stessa. Le cronache non cessano di aggiornare il bilancio dei migranti che hanno raggiunto le coste

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Fuggire guerra e miseria a costo della vita stessa. Le cronache non cessano di aggiornare il bilancio dei migranti che hanno raggiunto le coste europee dall’inizio dell’anno.

Ogni giorno almeno duemila persone arrivano sulle coste greche, un ritmo incalzante e secondo l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, dal gennaio 2015 a oggi sono giunti nella penisola ellenica poco meno di un milione di profughi.

Anche il bilancio dei profughi morti nel tentativo di raggiungere l’Europa è costantemente aggiornato.
In aumento il numero di donne e bambini, che trovano la morte nel mare Egeo e nel Mediterraneo nel tentativo di raggiungere mariti e padri.

Stando ai dati dell’Organizzazione Internazionale delle migrazioni circa 130 mila migranti sono approdati sulle coste italiane e greche dall’inizio dell’anno. Più di 400 sono morti o dispersi.

Nel corso dell’ultimo anno, la traversata del mar Egeo e poi il percorso della rotta balcanica è stata preferita a quella del Mediterraneo, molto più lunga e pericolosa.

Il fatto che il flusso dei migranti sia stato dirottato lungo la rotta dei Balcani ha portato a una leggera diminuzione dei morti rispetto ai primi due mesi del 2015.
Una magra consolazione.

Il dramma in effetti continua, malgrado l’impegno della Turchia di sorvegliare le proprie coste.
Dalla Turchia infatti parte il maggior numero di imbarcazioni.
La Germania resta una delle mete predilette dei profughi, che sperano trovare qui una vita diversa.

Si inseriscono in questo contesto gli incontri degli ultimi mesi della cancelliera tedesca Merkel con i dirigenti turchi. L’ultimo è dell’8 febbraio.

Tre giorni dopo la Nato dava il suo nulla osta all’operazione di pattugliamento del mar Egeo.

Jens Stoltenberg, segretario generale Nato:
“Non si tratta di bloccare o respingere le imbarcazioni dei migranti. La Nato contribuirà a condividere informazioni e a sorvegliare le acque per contrastare i trafficanti di uomini”.

La missione della Nato si farà in cooperazione con la guardia costiera turca. Al momento le tre navi Nato non hanno raggiunto le acque territoriali turche perché Ankatra non ha dato ancora il suo consenso.

Paul McDowell, eronews:

-Con noi Bruce Reid, il presidente della Federazione internazionale del soccorso in mare.
Bruce Reid, può precisarci in cosa consiste la sfida per le vostre squadre di soccorso che operano nel sud del Mediterraneo?

Bruce Reid:

“Quello cui stiamo assistendo nel Mediterraneo oggi non ha precedenti, e ci riferiamo chiaramente al soccorso di persone che decidono d’intraprendere la via del mare su carrette stracariche, cosa che sta spingendo al limite il servizio di soccorso in mare”.

-Il vostro scopo è aiutare governi e Ong a integrare mezzi e capacità, tutto questo dovrà essere fatto in un contesto legale. È un’operazione difficile?

“L’aspetto più importante che le Ong devono capire è che quando si opera nelle acque territoriali di un preciso Paese è quest’ultimo responsabile di questo specchio d’acqua.
Il Paese in questione ha la responsabilità legale di ricerca e soccorso nel suo spazio marino, e qualsiasi attività intrapresa deve essere coordinata con il Paese interessato. È qualcosa cui stiamo lavorando con le Ong, per essere certi che lavorino con la Guardia costiera greca che a sua volta deve capire cosa le Ong stanno facendo.
Portare soccorso in mare in modo ancora più sicuro e professionale è sicuramente la chiave per la riuscita; dobbiamo essere sicuri che soccorritori così come coloro che sono soccorsi operino in condizioni sicure”.

-Secondo alcune correnti di pensiero si dovrebbe puntare a eliminare il problema alla fonte.

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“Vogliamo assicurarci del fatto che se i migranti continueranno a attraversare il mare,… ci aspettiamo oltre un milione di arrivi attraverso il mar Egeo quest’anno,… noi siamo in grado di rispondere adeguatamente alla loro disperazione.
La nostra missione, in collaborazione con le Ong, è di aiutare lo sviluppo delle squadre di soccorso elleniche; speriamo che vengano date nei prossimi 12 mesi 10/12 imbarcazioni necessarie per questo tipo di operazioni”.

-Le immagini di quanto sta accadendo a Calais o al confine tra Grecia e Macedonia ha fatto scemare l’attenzione dai tentativi di traversata via mare, non è così?

“È il grande rischio che si corre al momento, ha ragione, non si sente più parlare del numero di persone che vengono salvate in mare.
Per questo dobbiamo mantenere alta l’attenzione e dobbiamo persistere nel nostro progetto di creare una squadra di soccorso di volontari per la ricerca e il soccorso nel mar Mediterraneo.
Se non lo facciamo, se non manteniamo alta l’attenzione su quello che stiamo facendo, i media andranno a cercare notizie altrove e la tragedia continuerà.
Dobbiamo stare attenti perché non cali l’attenzione sul lavoro che si sta facendo e sulla necessità di costruire un servizio di soccorso nel mare Egeo e nelle acque libiche, altrimenti queste persone saranno dimenticate. Sono esseri umani e molti perdono la vita facendo questo viaggio”.

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