ESCLUSIVA - "Stato palestinese? A settembre solleveremo la questione all'Onu", Mahmoud Abbas, presidente dell'ANP

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Di Euronews
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Se non riprenderanno i negoziati di pace con Israele, Mahmoud Abbas dice che sollevererà la questione del riconoscimento dello stato palestinese all’Assemblea generale dell’Onu, l’autunno prossimo. Una troupe di Euronews ha incontrato il presidente palestinese a Tunisi, poco prima del suo viaggio in Europa.

Mohammed Shaikhibrahim, euronews: L’amministrazione americana non è riuscita a fermare la colonizzazione. Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha posto il veto per impedire mozioni di condanna contro Israele. Contate ancora sugli Stati Uniti per far avanzare il processo di pace?

Mahmoud Abbas, presidente palestinese: Indipendentemente dal ricorso al veto, sappiamo che gli Stati Uniti non hanno una posizione neutrale, e questo è risultato evidente l’ultima volta che hanno posto il veto. Noi chiediamo il congelamento delle colonie israeliane e questa stessa richiesta è stata fatta anche dagli Stati Uniti. Ma noi ci rivolgiamo al mondo, e quindi anche al quartetto per il Medio Oriente, che è composto da Russia, Unione europea, Stati Uniti e Nazioni Unite. Dipendiamo da ognuno di questi paesi. Non possiamo dire che rifiutiamo l’intervento di un paese o dell’altro perché in fin dei conti sono loro che dovranno far valere la legittimità internazionale. Basta ricordare che, quando gli Stati Uniti hanno fatto ricorso al veto, in seno al Consiglio di Sicurezza, il rappresentante britannico ha fatto pubblicare una dichiarazione a nome del suo paese, della Francia e della Germania, poi sostenuta anche da Italia e Spagna. Noi siamo pienamente d’accordo con il contenuto di quella dichiarazione perché esige il congelamento totale delle colonie e fa riferimento al principio della legittimità internazionale.

euronews: Che cosa chiede l’Autorità palestinese all’Unione europea?

Abbas: L’Unione europea ci aiuta finanziariamente. Se non a nome dell’Unione, per lo meno a nome dei singoli stati europei che hanno rapporti con noi. E apprezziamo enormemente questa generosità. Ma abbiamo sempre chiesto che l’Unione esprima un’opinione politica perché l’aiuto economico non è sufficiente. All’Europa chiediamo di prendere posizione. E crediamo che questa posizione si sia già manifestata più di una volta negli ultimi tempi. Non chiediamo all’Unione europea di sostituirsi agli Stati Uniti, perché in quel caso sarebbe una richiesta esagerata. Ma ciò che chiediamo è che l’Unione sostenga il processo di pace e che guidi gli sforzi del quartetto per il Medio Oriente per giungere alla pace.

euronews: Israele vi chiede di riconoscere il carattere ebraico del suo stato. Che cosa significa per voi questa richiesta e perché l’avete respinta?

Abbas: Il nostro è un rifiuto totale e categorico. Ma questo non significa che non riconosciamo lo stato di Israele. Semplicemente, non possiamo accettare qualunque condizione salti loro in mente. Anzi, penso che questa trovata avesse l’obiettivo di ostacolare il negoziato di pace. La nostra risposta è stata chiara: non la accetteremo.

euronews: Avete intenzione di proclamare lo stato palestinese in modo unilaterale, nonostante le minacce israeliane?

Abbas: Tanto per cominciare, la nostra non è un’iniziativa unilaterale. Diciamo semplicemente che ci appelleremo alle Nazioni Unite. Quando lo abbiamo fatto, ultimamente, qual era il motivo? Non era forse per la questione delle colonie perché tutte le porte erano chiuse? Cos’altro potremmo fare? A quale organismo deve rivolgersi un popolo oppresso, se non alle Nazioni Unite? Se ci rivolgiamo all’Onu non è per comunicare una decisione unilaterale. Andiamo all’Onu per reclamare i nostri diritti. Su quale base è stato proclamato lo stato di Israele? Sulla base della risoluzione numero 181 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. E allora perché quella proclamazione non viene definita unilaterale?

Le procedure unilaterali sono la politica della colonizzazione, che snatura l’aspetto del paese. Questo è unilaterale. A settembre vogliamo andare alle Nazioni Unite. Non dico che è una promessa chiara e netta, ma ricordo le parole chiare e nette pronunciate dal presidente Obama, che ha detto: “A settembre voglio vedere uno stato palestinese”. Ecco, settembre ormai è prossimo. Altro punto: il Quartetto ha confermato che i negoziati cominciano a settembre e terminano a settembre. Siamo andati negli Stati Uniti a settembre dell’anno scorso per intavolare i negoziati, ma Netanyahou ha deciso di boicottarli rifiutando di congelare le colonie. Quindi, i negoziati avrebbero dovuto svolgersi tra settembre 2010 e settembre 2011. Se entro questa scadenza non sarà possibile affrontare le questioni essenziali, come le frontiere, la sicurezza, lo status di Gerusalemme, l’acqua, i rifugiati… allora ci rivolgeremo alle Nazioni Unite per chiedere quale è la loro posizione, e che cosa dobbiamo fare. Di conseguenza, stiamo facendo valere un nostro diritto e non una posizione unilaterale.

euronews: Quali sono le rivendicazioni palestinesi per riprendere i negoziati?

Abbas: Due cose: in primo luogo, vogliamo che siano accettate le risoluzioni internazionali che stabiliscono che le frontiere dei territori occupati sono quelle del 1967, prendendo in considerazione tutte le proposte di scambio di territori equivalenti in termini di superfice e di valore. Quanto alla gestione della sicurezza, non potrà essere affidata ai soldati israeliani, dopo che sarà proclamato lo stato palestinese. Ma non sarei contrario all’idea di accettare una parte terza, una forza internazionale. Infine, esigiamo il congelamento totale delle colonie.

euronews: Qual è l’ostacolo che impedisce la riconciliazione tra i palestinesi?

Abbas: Non voglio accusare nessuno, ma lei saprà che il sedici del mese scorso ho annunciato un’iniziativa. Ho detto che sono pronto a andare a Gaza per costituire un governo tecnico formato da indipendenti. Questo governo avrebbe due obiettivi: il primo è ricostruire Gaza, il secondo è fissare una data per le elezioni. Tutti hanno accettato senza eccezioni, salvo Hamas che finora non ha dato seguito alle nostre richieste. Anzi, abbiamo ricevuto risposte negative che però non prendiamo in considerazione. Aspettiamo una risposta positiva. Quando Hamas ci dirà si, andrò a Gaza e risolverò il problema in 24 ore: metterò l’intera questione sui binari giusti e la fase del dissenso sarà chiusa. Quindi, per tornare alla sua domanda: qual è l’ostacolo? Forse me lo può dire lei.

euronews: Pensa che questo avvenga a causa di ingerenze regionali?

Abbas: Pensi a una ragione qualunque e sarà quella giusta.

euronews: Pensa all’Iran?

Abbas: Non voglio ripetermi, l’ho già detto diverse volte. Sono tenuto a evitare dichiarazioni che possano nuocere a Hamas perché abbiamo stretto un accordo che ci impegna a non entrare in questo genere di campagne mediatiche.

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