L'accordo raggiunto domenica tra Bruxelles e Washington, che prevede dazi doganali del 15 per cento sulle esportazioni dell'Ue verso gli Stati Uniti, rispetto al precedente 10 per cento, ha suscitato un'ondata di polemiche tra i politici francesi di ogni schieramento
La Francia insorge contro l’accordo commerciale siglato domenica tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, che prevede l’imposizione di dazi doganali americani al 15 per cento sulla maggior parte delle esportazioni europee. Il patto, definito da Donald Trump “il più grande mai raggiunto”, ha provocato dure reazioni sia da parte del governo francese che delle opposizioni, che lo considerano uno schiaffo all’autonomia economica dell’Europa.
Governo francese sul piede di guerra
Il primo ministro François Bayrou ha parlato senza mezzi termini di “un giorno buio”, denunciando che un’“alleanza di popoli liberi” si sia “sottomessa” agli Stati Uniti. Sulla stessa linea, Benjamin Haddad, ministro delegato per l’Europa, pur riconoscendo che l’intesa garantisce una certa “stabilità temporanea” per settori esenti come aerospazio, farmaceutica e alcolici, ha giudicato l’accordo “sbilanciato” e sintomo del rifiuto americano del libero scambio.
“Gli Stati Uniti hanno scelto la coercizione economica, violando le regole dell’Omc”, ha dichiarato Haddad. “Lo stato attuale delle cose è insoddisfacente e insostenibile”.
Laurent Saint-Martin, ministro delegato al commercio estero, ha chiesto un “riequilibrio” e ha invitato l’Europa a dimostrare di essere una potenza economica a tutti gli effetti: “Non possiamo accettare che questo sia il punto d’arrivo. Se l’Europa vuole contare, deve agire”.
Opposizioni compatte: “Un disastro per l’Europa”
Il dissenso è unanime anche tra le opposizioni francesi, da destra a sinistra. Jordan Bardella, presidente del Rassemblement National, ha denunciato “un accordo della vergogna” e ha accusato Ursula von der Leyen di aver firmato “la resa commerciale dell’Europa, a danno di agricoltori e produttori”.
Marine Le Pen ha definito l’intesa “un fiasco politico, economico e morale”, mentre Jean-Luc Mélenchon, leader di La France Insoumise, ha parlato di “tradimento del liberalismo” e della “concorrenza leale”, accusando l’UE di aver concesso a Trump il diritto di riscrivere 75 anni di regole bilaterali.
Per Olivier Faure, segretario del Partito socialista, l’accordo rappresenta “una vergogna” e dimostra che “gli interessi nazionali vengono anteposti a qualsiasi coerenza europea”. Dello stesso avviso Raphaël Glucksmann (Place publique), che ha parlato di “debolezza politica e morale”.
Un compromesso sofferto, lontano dalle ambizioni Ue
Il nuovo accordo commerciale, firmato durante un incontro in Scozia tra Donald Trump e Ursula von der Leyen, impone dazi del 15 per cento sulle esportazioni europee. Una soglia paragonabile a quella concessa al Giappone e inferiore ai recenti accordi con Indonesia e Filippine (19 per cento).
Trump ha anche annunciato che Bruxelles si è impegnata ad acquistare 750 miliardi di dollari in energia e a investire 600 miliardi di dollari nell’economia statunitense.
Nonostante l’enfasi dei vertici Ue sull’importanza dell’accordo per garantire “stabilità e prevedibilità” alle imprese, il risultato finale è molto distante dall’obiettivo iniziale della Commissione: un patto “zero per zero” e una linea dura contro la minaccia dei dazi.
Bruxelles aveva preparato un pacchetto di misure di ritorsione per 93 miliardi di euro contro i prodotti americani, ma le profonde divisioni interne — con Francia e Spagna favorevoli alla linea dura e Germania e Italia orientate al compromesso — hanno frenato ogni reazione concreta.