Questa primavera si sono tenute discussioni informali sotto l’egida delle Nazioni Unite, nella speranza di riavviare i colloqui per la riunificazione tra la Repubblica di Cipro a guida greco-cipriota nel sud e l'entità separatista turco-cipriota nel nord. Ulteriori colloqui sono previsti per luglio.
Valerie Gauriat, giornalista di Euronews, si è recata sull'isola per ascoltare i giovani ciprioti di entrambi i lati della spaccatura e conoscere le loro prospettive sull’attuale divisione e le loro visioni per il futuro.
"La mia generazione non gioca più al gioco delle colpe. Abbiamo capito cosa non fare", dice Berk Tansel, 28 anni, turco-cipriota. "Dobbiamo considerarci come parte di un tutto, che ci piaccia o no", gli fa eco Christiana Eftychiou, 22 anni, greco-cipriota. La loro amicizia è nata dall'impegno comune per la riunificazione.
Cipro è divisa in due dal 1974, anno in cui un colpo di Stato sostenuto dalla Grecia scatenò un intervento militare turco.
Questo ha portato a una divisione tra la Repubblica di Cipro, controllata dai greco-ciprioti e riconosciuta a livello internazionale, e l'autodichiarata "Repubblica turca di Cipro del Nord", riconosciuta solo dalla Turchia.
Sebbene la Repubblica di Cipro faccia parte dell'Unione europea, il diritto comunitario non si applica all'entità settentrionale separatista, sottoposta alla presenza militare turca.
Berk e Christiana attraversano abitualmente i checkpoint che separano le due comunità.
"Sono cresciuto nelle aree occupate della Repubblica di Cipro e ho sperimentato cosa significa essere un cittadino europeo, ma non vivere tecnicamente nell'UE,
in cui si applica l'acquis comunitario", afferma Berk.
"I nostri diritti sono sospesi, c'è corruzione.
E questo posto è un buco nero legale internazionale che incoraggia la mafia, il traffico di esseri umani, il traffico sessuale".
"L'unica via d'uscita", insiste Berk, "è il quadro concordato dall’ONU, ovvero una federazione bi-zonale e bi-comunale, in cui l'acquis dell'UE sia applicato in tutta l'isola".
Christiana ha più fiducia nelle azioni dal basso che nella politica formale.
"Dobbiamo cambiare la narrazione. Le narrazioni esistenti definiscono l'identità dei ciprioti greci e turchi nella nostra istruzione, nella nostra vita quotidiana. E ti fai un'idea predefinita dell'altra persona senza neanche incontrarla davvero." Studentessa di sociologia, chiede "più spazi comuni, più esposizione a ciò che consideriamo 'l'altro', in modo che non sia più una minaccia". Questo non viene incoraggiato, su larga scala", sospira Christiana. "Se continuiamo così, con l'idea di una Federazione che occupa un grande spazio nel discorso politico, senza nessuna azione reale perché si concretizzi, non accadrà mai nulla", avverte.
Secondo Hubert Faustmann, professore all'Università di Nicosia e direttore della sede cipriota della Fondazione Friedrich-Ebert, le possibilità di riaprire le trattative ufficiali per la riunificazione, ferme dal 2017, sono scarse.
"La posizione turco-cipriota e turca è cambiata. Insistono sul riconoscimento della pari sovranità, o addirittura della Repubblica turca separatista di Cipro del Nord, come prerequisito per le trattative. Il lato greco-cipriota e la comunità internazionale non lo accetteranno mai".
Per quanto riguarda il ruolo dell'Unione europea, l'analista è scettico.
"Dato che la Repubblica di Cipro, dominata dai greco-ciprioti, ha aderito all'UE, la Turchia e i turco-ciprioti rifiutano un ruolo attivo dell'Unione europea", spiega, pur riconoscendo che il problema di Cipro è "un problema europeo". "Una parte del territorio europeo, in termini giuridici, è occupata dalla Turchia.
C'è una disputa irrisolta che indispone l'Unione europea nei confronti della Turchia, e molti Stati dell'UE non hanno alcun interesse in un confronto con la Turchia.
Al contempo, la politica greca è quella di usare l'adesione all'UE contro la Turchia per ottenere concessioni sulla questione cipriota", afferma Faustmann, prima di concludere:
"È un conflitto stabile. Si tratta di una gestione del conflitto più che di una sua risoluzione. Temo che lo status quo rimanga invariato per molti anni e che quest'isola stia lentamente scivolando verso una divisione permanente".