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Migranti e minori, il caso italiano: la Corte Ue protegge i legami familiari

Il tribunale ha stabilito che l'ingresso con un minore non costituisce favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Il tribunale ha stabilito che l'ingresso con un minore non costituisce favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Diritti d'autore  Thanassis Stavrakis/Copyright 2016 The AP. All rights reserved.
Diritti d'autore Thanassis Stavrakis/Copyright 2016 The AP. All rights reserved.
Di Lauren Walker
Pubblicato il
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Con una sentenza storica, la Corte di giustizia dell'Ue stabilisce che accompagnare minori verso la sicurezza non è favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Caso partito da un tribunale italiano

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Martedì la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito un principio fondamentale in materia di immigrazione: un cittadino straniero che entra irregolarmente in uno Stato membro dell’Ue accompagnando minori di cui si prende effettivamente cura non può essere considerato colpevole di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La decisione è arrivata su richiesta del Tribunale di Bologna, che aveva sollevato dubbi sulla compatibilità della direttiva europea del 2002 sul favoreggiamento dell’ingresso non autorizzato con i diritti fondamentali garantiti dall’Unione. Il caso riguardava una donna congolese entrata in Italia nel 2019 con documenti falsi insieme alla figlia e alla nipote, della quale era diventata tutrice dopo la morte della madre.

L’interpretazione della Corte: tutela dei legami familiari

"La condotta della donna è espressione di un obbligo morale e familiare", ha spiegato Koen Lenaerts, presidente della Corte, leggendo la sentenza. Non si tratta di un'azione finalizzata a favorire l’ingresso clandestino, ma di una responsabilità genitoriale esercitata nel contesto dei diritti fondamentali come la tutela della vita familiare e del benessere del minore.

Secondo la Corte, il diritto dell’Ue non può considerare penalmente rilevante un comportamento dettato dalla necessità di proteggere la salute e la sicurezza di bambini in situazioni di pericolo, specialmente quando il rapporto di cura è dimostrabile e concreto.

Il caso italiano: fuga dal Congo e arresto a Bologna

La vicenda alla base della sentenza ha inizio nel 2019, quando una cittadina congolese arriva all’aeroporto di Bologna insieme a due bambine. Dichiarerà successivamente di essere fuggita dal Congo dopo aver subito minacce da parte del suo ex compagno, portando con sé sua figlia e la nipote, rimasta orfana.

L'ingresso è avvenuto utilizzando documenti falsi, circostanza che ha portato all’arresto della donna per favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. Tuttavia, il Tribunale di Bologna ha deciso di non procedere e ha chiesto un parere alla Corte europea per chiarire la portata giuridica della direttiva in materia.

Nel luglio 2023 il procedimento è stato archiviato, ma solo ora la Corte europea ne ha confermato formalmente la legittimità, offrendo così una lettura vincolante per tutti gli Stati membri dell’Ue.

L’accoglienza umanitaria non è reato: la Corte rafforza il principio di protezione

Con questa pronuncia, la Corte chiarisce definitivamente che l’assistenza umanitaria legata a rapporti di cura e tutela familiare non può essere criminalizzata. "Non si può considerare clandestino chi, pur senza documenti, ha chiesto protezione e attende l’esito della sua domanda", ha affermato ancora Lenaerts, sottolineando il principio secondo cui il richiedente asilo non è in situazione di soggiorno illegale finché non viene emessa una decisione sulla sua richiesta.

Si tratta di un passaggio cruciale: la sentenza rafforza il diritto d’asilo e chiarisce i limiti entro cui uno Stato può intervenire penalmente contro chi entra irregolarmente, specialmente quando sono coinvolti minori e rapporti di cura.

Impatto giuridico ed etico, un messaggio forte agli Stati membri

La sentenza della Corte di giustizia dell’Ue segna un punto di svolta nel trattamento dei migranti familiari nei Paesi dell’Unione. Viene infatti confermata l’idea che il diritto dell’Unione deve essere interpretato in coerenza con la Carta dei diritti fondamentali, con particolare attenzione ai diritti dei minori, della famiglia e alla protezione umanitaria.

Per i tribunali nazionali, questa decisione costituisce un vincolo giuridico: i giudici dovranno tenerne conto ogni volta che si trovano ad affrontare casi simili. Inoltre, la sentenza invia un messaggio chiaro alle autorità politiche e giudiziarie: la protezione dell’infanzia e dei legami familiari deve prevalere su una visione puramente securitaria dell’immigrazione.

Con questa sentenza, la Corte di giustizia europea riafferma che l’umanità e il diritto possono convivere, anche nei contesti difficili come quelli dell’immigrazione. Una madre o una zia che protegge dei bambini, anche senza passaporto, non è una criminale ma una figura di cura, e il diritto dell’Ue oggi lo riconosce.

La decisione non solo fa giurisprudenza, ma ridefinisce i confini tra legge e solidarietà, offrendo una protezione più ampia e coerente con i principi fondativi dell’Unione.

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