La Corte dell'Aia vuole indagare sui crimini di guerra in Israele e a Gaza. Qual è la posizione dell'Europa?

Un ragazzo palestinese ferito viene trasportato da terra dopo un attacco aereo israeliano davanti all'ingresso dell'ospedale al-Shifa a Gaza City, venerdì 3 novembre 2023\.
Un ragazzo palestinese ferito viene trasportato da terra dopo un attacco aereo israeliano davanti all'ingresso dell'ospedale al-Shifa a Gaza City, venerdì 3 novembre 2023\. Diritti d'autore Abed Khaled/Copyright 2023 The AP. All rights reserved.
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Di Mared Gwyn JonesGianluca Martucci
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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

La speranza che i crimini di guerra commessi in Israele e a Gaza possano essere perseguiti è affidata alla Corte penale internazionale (Cpi) dell'Aia e al suo procuratore, Karim Khan.

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Una decisione della Corte Penale internazionale (Cpi) nel 2021 ha stabilito che la sua giurisdizione penale si estende ai territori palestinesi di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est, aprendo un'indagine formale sulle violenze registrate nella dal 2014 con l'operazione "margine di protezione" dell'esercito israeliano contro Hamas.

La decisione conferisce al procuratore capo della Cpi, Karim Khan, il mandato di indagare anche sui crimini di guerra commessi in Palestina e dai palestinesi, compresi quelli legati ai massacri di Hamas in Israele il 7 ottobre e alla risposta militare di Israele a Gaza.

Ma gli sforzi per delegittimare il mandato di Khan minacciano di bloccare le indagini e di lasciare questi crimini impuniti.

Israele non è uno Stato parte che ha aderito allo Statuto di Roma della Cpi. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha denunciato l'indagine sulla Palestina come "puro antisemitismo". Anche gli Stati Uniti non riconoscono la legittimità della CPI.

I 27 Stati dell'Unione europea sostengono in linea di principio il lavoro della Corte, ma le diverse posizioni nella reazione a quanto sta avvenendo nella guerra tra Hamas e Israele potrebbero causare delle resistenze alle indagini della Corte dell'Aia.

La statualità della Palestina

Sebbene tutti i Paesi dell'Ue siano parti della Corte penale internazionale, cinque di essi (Austria, Repubblica Ceca, Germania, Ungheria e Lituania) hanno respinto la decisione della Corte di estendere la sua area di azione anche alla Palestina, giustificandosi con l'inesistenza di uno Stato palestinese e il timore di una politicizzazione della Corte.

Secondo la dott.ssa Talita Dias, ricercatrice senior presso il thinktank Chatham House, queste obiezioni vanno a vantaggio del fronte di Paesi anche extra-europei che sono pronti a "contestare l'estensione della giurisdizione della Corte sulla Palestina anche in camera d'appello".

Questi si potrebbe ripercuotere anche sulla disponibilità a partecipare alle indagini e a fornire le risorse necessarie alla Corte. Dias teme che Israele possa anche spingersi fino a inquinare le prove.

"La CPI dipende dalla cooperazione di tutti gli Stati perché non ha poteri esecutivi o di polizia propri. Dipende dalla cooperazione degli Stati per raccogliere le prove e ottenere la custodia delle persone accusate", ha spiegato l'esperta.

"In pratica, il sostegno operativo dei grandi attori è importante per il successo delle indagini e dei procedimenti giudiziari, soprattutto a causa dei vincoli di bilancio e di applicazione della CPI", ha aggiunto.

Anthony Dworkin, senior policy fellow presso il thinktank del Consiglio europeo per le relazioni estere, sostiene che i pareri contrastanti tra i Paesi dell'UE "riguarderebbero solo questioni di sostegno retorico" e che ognuno sarebbe "obbligato a cooperare con le indagini in linea con le disposizioni dello Statuto di Roma".

"La questione chiave è se Khan sarà in grado di avere accesso a Israele e Gaza", ha aggiunto, "e i Paesi europei potrebbero fare la differenza esprimendosi a favore di questo".

Il Belgio sta fornendo un finanziamento aggiuntivo di 5 milioni di euro all'indagine della Corte penale internazionale sul conflitto tra Israele e Hamas, nel tentativo di rafforzare gli sforzi di ricerca della giustizia. Anche in Irlanda i partiti di opposizione hanno tentato, senza successo, di far passare una mozione che invita il governo irlandese a deferire Israele alla Corte penale internazionale per le sue azioni.

Bruxelles è al fianco del tribunale dell'Aia

Bruxelles non ha espresso obiezioni alla giurisdizione della Corte sulla Palestina, nonostante le posizioni divergenti dei suoi Stati membri.

A fine novembre, un portavoce dell'Alto rappresentante dell'UE per gli Affari esteri ha dichiarato: "Il nostro sostegno alla Corte penale internazionale non è cambiato".

"Era già nel 2021 quando la CPI ha avviato un'indagine in Palestina, e il procuratore della CPI ha il dovere di indagare su tutti i presunti crimini in una situazione specifica, indipendentemente dal luogo in cui si verificano", ha aggiunto il portavoce.

Tuttavia, il rapporto dell'UE con la Corte è stato a volte messo alla prova. Il procuratore Khan ha criticato la proposta del presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di creare un tribunale speciale sostenuto dalle Nazioni Unite per perseguire i crimini di guerra in Ucraina, considerandola un colpo al suo mandato e una frammentazione del sistema penale internazionale. La mossa è arrivata tra i timori che la Corte penale internazionale possa fare ben poco per assicurare alla giustizia i responsabili russi, nonostante l'emissione di un mandato d'arresto internazionale per il presidente Vladimir Putin, dal momento che né l'Ucraina né la Federazione russa sono Stati contraenti.

Dworkin ritiene che le misure adottate dall'Europa per contribuire a garantire giustizia alle vittime di guerra ucraine siano in netto contrasto con la loro risposta al conflitto di Gaza.

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"È certamente vero che i leader e i funzionari europei hanno parlato molto meno del ruolo della Corte penale internazionale nella guerra di Gaza rispetto al caso dell'Ucraina, dove molti Paesi europei hanno effettivamente deferito la situazione al procuratore", ha affermato.

Potenze occidentali scettiche

Un altro ostacolo all'indagine è la resistenza degli alleati dell'UE, il Regno Unito e gli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti non sono uno Stato parte della CPI e il loro rifiuto della giurisdizione della Corte nei confronti delle parti non statali è di vecchia data.

All'inizio di quest'anno, l'amministrazione Biden ha accettato di assistere il procuratore della Corte nelle sue indagini in Ucraina, segnando una svolta importante nella posizione distanziata di Washington e sottolineando la sua disponibilità a fornire sostegno in determinati contesti.

Ma la sua posizione sull'indagine in Palestina non è cambiata.

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"Data l'influenza geopolitica degli Stati Uniti e il loro particolare ruolo di mediazione nel conflitto di Gaza, la mancanza di sostegno alla Corte penale internazionale potrebbe ostacolare la capacità della Corte di raccogliere risorse e la cooperazione di altri Stati", ha spiegato Dias.

Il Regno Unito, nonostante sia membro della Corte, si è opposto alla rivendicazione della giurisdizione della CPI sulla Palestina sin dal 2021, quando l'allora primo ministro Boris Johnson affermò che "le azioni giudiziarie unilaterali [...] esacerbano le tensioni e compromettono gli sforzi per portare avanti una soluzione negoziata a due Stati", segnando un inasprimento delle relazioni tra Regno Unito e Palestina.

Il rimprovero di entrambe le potenze occidentali è in netto contrasto con alcuni Paesi del Sud globale, come Bangladesh, Bolivia, Comore, Gibuti e Sudafrica, che il 17 novembre hanno deferito la situazione della Palestina al procuratore della Corte.

Un punto di svolta, anche se improbabile, potrebbe essere la disponibilità di Israele a far sì che le atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre, quando circa 1.200 israeliani innocenti sono stati uccisi e più di 200 presi in ostaggio, vengano esaminate dalla CPI. La settimana scorsa Khan ha dichiarato che non sarebbe stato dissuaso dal condurre un'indagine, anche se Israele avesse continuato a rimproverare la Corte.

Alla domanda su un'eventuale indagine condotta dalla CPI sull'attacco di Hamas, l'ambasciatore israeliano presso l'UE, Haim Regev, ha dichiarato a Euronews in una conferenza stampa a Bruxelles che "Hamas ha commesso crimini di guerra, senza alcun dubbio".

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"Non è il momento di discuterne, mentre siamo in guerra, ma torneremo a parlarne quando sarà il momento giusto", ha aggiunto Regev.

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