Covid-19, inferno RSA: "Prendevo i morti e li mettevo nei sacchi"

Covid-19, inferno RSA: "Prendevo i morti e li mettevo nei sacchi"
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Di Valérie Gauriat
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Si stima che circa la metà delle vittime europee di Covid-19 risiedesse nelle case di riposo per anziani, abbiamo chiesto agli addetti ai lavori, ai famigliari e agli attivisti di raccontare la storia di una tragedia annunciata

Una tragedia si è consumata e si consuma in molte case di riposo e RSA in Europa. Secondo un recente studio, ospitano in media la metà dei decessi dovuti a Covid-19. È sempre inevitabile? Abbiamo parlato con le famiglie, gli operatori sanitari e le associazioni nei Paesi più colpiti. Ci raccontano quali sono le peggiori, ma anche, le migliori pratiche.

Il Pio Albergo Trivulzio, cronaca di una strage

La Lombardia è la regione in cui il coronavirus ha causato il maggior numero di vittime. Il Pio Albergo Trivulzio è uno dei centri geriatrici più grandi d’ Europa, con un migliaio di ospiti e decine e decine di dipendenti. Oltre 200 anziani sono morti qui dall'inizio della crisi e 300 sono stati i morti tra gennaio ed aprile, rispetto ai 186 decessi medi dello stesso periodo tra il 2015 e il 2019.

La magistratura indaga per "omicidio colposo e epidemia colposa", l'indagine si allarga a diverse RSA lombarde.

Pietro La Grassa è un sindacalista che lavora nella farmacia del centro, afferma che si sarebbero potute salvare molte vite se non ci fossero stati ritardi nell’adozione di tutte le misure di sicurezza ma, come già riportato dalla stampa italiana, gli anziani non andavano spaventati: "All'inizio di marzo alcuni dipendenti hanno preso l’iniziativa di mettersi le mascherine e sono stati redarguiti: non dovevano spaventare i pazienti - racconta La Grassa - Poi la regione aveva bisogno di liberare posti letto negli ospedali in previsione di quello che poteva succedere con questo Covid, e ha distribuire i pazienti in alcune strutture rsa. Purtroppo non ci sono stati controlli su queste case di riposo"

Risultato? Più di un quarto dei dipendenti del centro ha contratto il virus. Sono esausti e sgomenti. Nadia Mordini, un'infermiera racconta che a chi è attualmente al lavoro non è "stato fatto uno straccio di tampone e continuano a spostarci da un reparto all'altro come se niente fosse".

L'ecatombe spagnola

Ovunque sono stati fatti errori, lo testimoniano molti operatori nelle case di riposo di tutta Europa.

Il racconto di David Perez, dipendente di una casa di riposo spagnola, è agghiacciante: "Ho dovuto mettere i morti nei sacchi. Ho dovuto stenderli. Ho dovuto chiudergli gli occhi. Ho dovuto portarli giù all'obitorio, o nel caso in cui l'obitorio fosse pieno, nel parcheggio. Se un'unità di isolamento fosse stata aperta dall'inizio, dove chiunque avesse mostrato i sintomi fosse stato trasferito, e gli altri fossero stati lasciati nella loro stanza, e se tutti gli assistenti avessero avuto le protezioni che non hanno dato prima di due settimane, posso assicurare che la diffusione del virus all'interno della residenza non si sarebbe verificata! "

I famigliari delle vittime vivono nel dolore e nella rabbia. Almudena Ariza ha perso nel giro di pochi giorni entrambi i genitori, ospitati nella stessa casa di riposo. Avevano 86 anni e non avevano diritto ad essere ricoverati in ospedale "A noi sembra che siano stati completamente abbandonati - dice - I nostri anziani vengono letteralmente abbandonati".

Il mercato europeo delle case di riposo, un vero businness

Spesso si sottolinea che il mercato europeo delle case di cura sia in mano a grandi gruppi privati, spesso controllati da fondi pensione e d’investimento internazionali. Un affare molto redditizio; lo denunciano diverse associazioni come la britannica "compassione nella cura" diretta da una ex dipendente del settore, poi informatrice ora attivista, Eileen Chubb

"Ci sono troppe società di assistenza che vogliono riempire i letti ad ogni costo - denuncia Chubb - E poiché il personale delle case di cura corre carico di lavoro, non ci vuole molto per superare il limite. Queste aziende hanno realizzato miliardi di profitti. E poi affermano che non hanno potuto prevedere questa crisi e acquistare dispositivi di protezione per il loro personale. È scandaloso! "

L'esercito nelle case di riposo

In assenza di risorse sufficienti, molte case di cura in Europa hanno fatto appello all'esercito.

In un centro belga, la providence Saint Christophe, personale militare specializzato ha aiutato a fermare l'emorragia, dopo la morte di 17 dei 128 residenti subito dopo l’inizio dell’epidemia di coronavirus.

Patrick Smousse il direttore della casa di riposo racconta che all'inizio non c'erano le protezioni necessarie. "Abbiamo fatto dei test all'intera istituzione il 7 aprile ed abbiamo appurato che il settantacinque percento dei residenti e il 51 percento del personale era positivo al Covid. Quindi abbiamo chiamato i militari per essere in grado di prenderci cura dei residenti."

Le buone pratiche, il caso di Corbas

In rari casi, alcune case di riposo sono riuscite a sfuggire alla marea mortale. E’ il caso di una casa di riposo vicino di Lione, qui per diverse settimane la direttrice e gran parte dei dipendenti hanno deciso di confinarsi giorno e notte con gli anziani. Di conseguenza, nessuno è stato contaminato. Il personale si è trasferito nei locali con valigie e sacchi a pelo a partire dal 18 marzo lasciando a casa affetti e doveri famigliari. Laura Pomarez, una delle dipendenti, ha lasciato un figlio di 10 mesi che cambia in fretta mentre la mamma lavora confinata nella RSA.

Valérie Martin è la direttrice della casa di cura Vilanova di Corbas spiega che nell'ambiente protetto gli ospiti non sono relegati in camera ma mantengono una connessione sociale con gli altri ricoverati.

"Molte sono le lezioni che devono essere tenute a mente dopo una crisi che ha colpito così gravemente le case di cura -  afferma Valérie Martin - Ci è voluta una catastrofe planetaria per far capire alle persone cosa sta realmente succedendo nelle case di riposo. Mancanza di mezzi, di fondi, di personale, nessun riconoscimento della professione. E’ il momento di investire denaro per i nostri anziani. I nostri anziani non sono un peso, sono la nostra memoria. Quindi dobbiamo amarli, accompagnarli. E soprattutto, assicurarsi che la loro vita sia dolce e piacevole fino alla fine."

E’ il momento di investire denaro per i nostri anziani. I nostri anziani non sono un peso, sono la nostra memoria. Quindi dobbiamo amarli, accompagnarli, assicurarci che la loro vita sia dolce e piacevole fino alla fine
Valérie Martin
Direttrice Ehpad Vilanova di Corbas

Ne è valsa la pena di confinarsi con gli anziani? Sì, la piccola comunità ha vinto la sua battaglia: dopo 7 settimane di confinamento, i residenti e i dipendenti sono stati tutti testati: nessuno è positivo al coronavirus.

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