Album dell'anno: seguite il conto alla rovescia di Euronews Culture verso la nostra scelta. Quanti album avete già ascoltato?
È di nuovo quel momento dell’anno: i migliori album del 2025, con il conto alla rovescia fino al Miglior Album dell’anno.
È stato un anno movimentato per la musica, con reunion Britpop, comeback falliti, l’amministrazione Trump in polemica con Bad Bunny e Sabrina Carpenter, nessuna vera Canzone dell’Estate, e parecchia robaccia che assalta le orecchie firmata da “artisti” generati dall’AI come The Velvet Sundown, Xania Monet and Breaking Rust.
C’è stata anche una sfilza di dischi scadenti con titoli altrettanto mediocri, a dimostrazione che il determinismo nominativo è vivo e vegeto. I principali responsabili: l’album dal titolo profetico di Morgan Wallen, ‘I’m The Problem’; il profondamente imbarazzante ‘$ome $exy $ongs 4 U’ di Drake e PARTYNEXTDOOR; ‘You’ll Be Alright, Kid’ di Alex Warren (magari, Alex; ma gli ascoltatori no, mostro!); e l’assolutamente fiacco ‘Lost Americana’ di MJK.
A questo si aggiungono un Tame Impala sorprendentemente insipido e un dodicesimo album deludente di Taylor Swift, che per il secondo anno di fila non entra nella nostra Top 20. Il quadro del 2025 non è dei più confortanti.
Basta negatività. Siamo qui per celebrare il meglio dell’anno. E non sono mancati album capaci di entusiasmarci e tenerci (quasi) sani di mente.
Senza ulteriori indugi, ecco il conto alla rovescia verso l’album preferito di Euronews Culture degli ultimi 12 mesi, a partire da…
20) Olivia Dean - The Art of Loving
È un grande momento per le vocalist britanniche: Charli XCX, RAYE, PinkPantheress e altre si stanno ritagliando spazio. Ma Olivia Dean si è imposta come una delle nuove voci più convincenti dell’anno. Il suo secondo album è un caldo, rétro viaggio nell’amore in tutte le sue forme: relazioni, amicizie, famiglia, amor proprio. Alcuni brani, come ‘Baby Steps’ e ‘Something in Between’, sconfinano un po’ nel pop da caffetteria (sicuro, gradevole, forse un po’ dimenticabile). Ma i momenti migliori compensano ampiamente. La malinconica e incredibilmente orecchiabile ‘Nice to Each Other’, la giocosa ‘Man I Need’ guidata dal pianoforte e il fascino fumoso e intimo di ‘A Couple Minutes’ rivelano una 26enne con un dono per melodie immediate e una scrittura apparentemente senza sforzo. È un album che indica una chiara traiettoria ascendente. La candidata ai Grammy come Best New Artist è solo all’inizio. TF
19) Ichiko Aoba - Luminescent Creatures
Il 2025 è stato un anno tumultuoso e incessante, segnato da conflitti globali, ansie sull’AI, disordini politici e una crisi ambientale in peggioramento. In mezzo a questo caos, il nuovo album di Ichiko Aoba offre un bene raro: la quiete. Un rifugio gentile dal rumore. Con ‘Luminescent Creatures’, la cantautrice giapponese invita gli ascoltatori in un delicato sogno da fiaba, tessuto da voci angeliche, melodie orchestrali incantate e soffusi sussurri della natura. Ispirato alle creature marine luminose scoperte durante immersioni nelle Isole Ryukyu in Giappone, il suo ottavo album esplora il confine tra vita e morte, luce e oscurità. È il tipo di disco fatto per sognare, dormire, vagare e sparire per un po’. TF
18) Florence + The Machine - Everybody Scream
“It’s your troubled hero / Back for season six”, canta Florence Welch in ‘The Old Religion’ — ricordandoci che sono passati 16 anni dal suo debutto e che conosce le pressioni dei riflettori. Ed è questa esperienza duramente conquistata il cuore di ‘Everybody Scream’, un disco che sembra parlare di paganesimo, rituali e stregoneria ma che in realtà esplora traumi personali e resilienza professionale. I brani teatrali mettono al centro l’inconfondibile voce sirenesca di Welch e raccontano i sacrifici richiesti a una donna in un mondo e in un settore dominati dagli uomini. Sembra un esorcismo, in un certo senso. Lo ha confermato la stessa Welch, che prima dell’uscita ha rivelato come scintilla di scrittura una gravidanza ectopica, che ha messo a rischio la vita, avvenuta in tour. ‘Everybody Scream’ è la sua resa dei conti. Un album potente, pieno di ritornelli climatici, che invita a non vergognarsi di urlare forte nei momenti di turbamento emotivo. DM
17) DJ Haram – Beside Myself
Preparati: questo disco ti scioglierà la mente e la allargherà. La DJ di Brooklyn DJ Haram firma un debutto ambizioso che fonde beats da club, suoni elettronici ruvidi, percussioni live e campioni mediorientali, il tutto spinto da un’energia irrequieta contagiosa e destabilizzante. Le tracce ricche di ospiti spaziano: banger da club (‘Loneliness Epidemic’); numeri rap (‘Fishnets’, ‘Stenography’); momenti di cupa bellezza (il pianoforte di ‘Who Needs Enemies When These Are Your Allies?’); lamenti toccanti (il punto più alto, ‘Remaining’, con la tromba infausta di Aquiles Navarro e i versi in arabo di Dakn); elettro glitch su tamburi darbuka (‘Sahel’). Il risultato è un ricco arazzo che rivela la volontà di non conformarsi e non scendere a compromessi. ‘Beside Myself’ a tratti vacilla sotto il peso delle tante influenze e la sua indocilità lo rende un ascolto impegnativo. Ma per chi vuole sapere come suona un rave distopico, questo è l’album eclettico e sfacciatamente audace che fa per voi. DM
16) Freddie Gibbs And The Alchemist - Alfredo 2
Cinque anni dopo il loro primo trionfo congiunto, Freddie Gibbs e The Alchemist tornano con ‘Alfredo 2’, un seguito che scambia la foschia notturna di ‘Alfredo’ (2020) per una visione di strada assolata e ariosa. The Alchemist, vero mago del crate digging, sposa loop soul polverosi e beat boom-bap con tocchi di jazz cinematografico e stralci di film giapponesi fuori asse, mantenendo l’album imprevedibile. Gibbs, come sempre, domina: crudo, affilato, tecnicamente impeccabile. Intesse storie di sesso, droga e sopravvivenza con un lato nero e divertito. “Ever since they showed my ultrasound, bitch, I’ve been Hell-bound”, ringhia in ‘Gas Station Sushi’. I momenti in collaborazione, in particolare Anderson .Paak in ‘Ensalada’ e JID in ‘Gold Feet’, si sposano perfettamente con la sicurezza rilassata del progetto. Proprio come il ramen in copertina, ‘Alfredo 2’ arriva fumante, perfettamente condito e colpisce nel segno. TF
15) Erika de Casier – Lifetime
Il minimalismo non ha suonato meglio, quest’anno, che in ‘Lifetime’, quarto album di Erika de Casier. Pubblicato a solo un anno da ‘Still’, la cantautrice danese nata in Portogallo allenta la presa sull’R’n’B Y2K per abbracciare il trip hop degli anni ’90. Non è un esercizio stantio di nostalgia. È una raccolta spogliata e intima che ti immerge in uno stato onirico. E mentre galleggi e ti riconosci nelle sue ansie da appuntamenti moderni (soprattutto in ‘The Chase’ — “Hit midnight / Not even a text to hold me warm”), ti ritrovi a cedere alla sensualità che de Casier evoca, perché l’atmosfera seduttiva che pervade ‘Lifetime’ è irresistibile. Mai così potente come nella languida ‘You Got It!’ e in ‘Moan’, un canto notturno su come affrontare un cuore pesante “vivendo con tutto il cuore”. Preparati a farti incantare da un LP che dimostra che a volte il meno è davvero di più. DM
14) The Last Dinner Party – From The Pyre
Se non ti hanno convinto con il debutto del 2024, ‘Prelude to Ecstasy’, The Last Dinner Party si assicurano che il loro secondo atto porti tutti a venerare il loro altare. Il titolo del secondo album si riferisce a un simbolo di distruzione e rinascita e, anche se la pira del titolo non indica un cambio di rotta radicale per il quintetto britannico, conferma che il loro battesimo del fuoco non è stata una meteora. Ugualmente teatrale ma più ricco sonoramente del predecessore, la band ha affinato il pop rock barocco e perfezionato l’arte del crescendo grandioso. ‘This Is The Killer Speaking’ — una murder ballad sul ghosting — e ‘The Scythe’, con il suo ritornello euforico, colpiscono subito. Ma in ‘From The Pyre’ non c’è zavorra. Dieci brani su amore, perdita e il bere la polvere di un inferno. Energizzanti e riccamente cinematografici. Un chiaro segnale che The Last Dinner Party sono qui per restare. DM
13) Cate Le Bon – Michelangelo Dying
“Forse un giorno striscerò di nuovo a casa, battuta, sconfitta. Ma non finché potrò creare storie dal mio cuore spezzato, bellezza dal dolore.” Non sappiamo se Cate Le Bon legga avidamente Sylvia Plath, ma le sue parole sembrano perfette per il settimo album, composto dopo una rottura. In ‘Michelangelo Dying’, la musicista gallese forgia bellezza dal dolore, mettendo alla prova il suo pop d’avanguardia e toccando ferite ancora aperte. O “un’amputazione che non vuoi davvero, ma sai che ti salverà”, come l’ha descritta al Guardian. Un’immagine che ritorna in ‘Pieces Of My Heart’, quando Le Bon canta: “This is how you break a leg / You let the shadow lead the shape”. Avrebbe potuto essere un classico album di fine relazione, pieno di autocommiserazione. Le Bon evita i cliché e porta l’ascoltatore alla consapevolezza che l’amore non va da nessuna parte quando muore. Resta, lascia una cicatrice. E, si spera, il caos emotivo conduce alla catarsi che suona sublime come ‘About Time’ e ‘Heaven Is No Feeling’. E forse, col tempo, il dopo del dolore sembrerà misteriosamente elevante come ‘Michelangelo Dying’. DM
12) FKA twigs – EUSEXUA
'EUSEXUA', terzo album di FKA twigs, segna una svolta significativa per la cantautrice britannica. Un viaggio vertiginoso, sensuale ed estatico tra piste da ballo, camere da letto e paesaggi onirici. In 11 tracce, fonde con maestria sperimentazione elettronica, sensibilità pop, trame alla Aphex Twin e ritmi da club in un disco che celebra intimità, desiderio senza filtri e femminilità. Brani come ‘Perfect Stranger’ e ‘Girl Feels Good’ sono euforici e giocosi. ‘Keep It, Hold It’ e la chiusura ‘Wanderlust’ offrono riflessione silenziosa, a prova che twigs eccelle negli estremi di suono ed emozione. Parte viaggio introspettivo, parte rave estatico, ‘EUSEXUA’ è tra le uscite più ambiziose e entusiasmanti dell’anno. TF
11) Lausse The Cat - The Mocking Stars
Sette anni dopo l’esordio estremamente creativo ‘The Girl, the Cat & the Tree’, il rapper e produttore franco-britannico anonimo torna, attesissimo ma inaspettato, con ‘The Mocking Stars’. Riprende da dove aveva lasciato. Lausse invita il suo seguito paziente e quasi di culto nel mondo del suo protagonista felino esistenziale, che vaga in un universo surreale in rovina alla ricerca di senso. Se il debutto sembrava una fiaba di formazione capricciosa, qui il gatto parte per un’odissea psichedelica e cosmica: trip tra stelle, lune e soli; danze con Cappellai Matti a caotici tea party; e cadute in paesaggi onirici ispirati ad Alice nel Paese delle Meraviglie. Poi, lentamente, il ritorno sulla Terra. Strumentali venati di jazz, ritmi bossa nova, ottoni scintillanti e batterie hip-hop UK girano sotto la sua voce sommessa, fornendo insieme giocosità teatrale e malinconia mentre affronta depressione, alienazione, fuga e amori fugaci. Uno dei progetti più immaginativi e concettualmente interessanti dell’anno. TF
10) Little Simz – Lotus
In ‘Lotus’, sesto album, Little Simz trasforma tumulto legale e fratture personali in carburante creativo. Dopo una rottura amara con lo storico partner creativo Inflo, amico d’infanzia — che ha portato a una causa per un presunto prestito non restituito — si unisce al produttore Miles Clinton James per creare un disco che scivola con facilità tra umori e generi. C’è l’apertura venefica ‘Thief’, mirata senza mezzi termini a Inflo; lo swagger afro-funk di ‘Lion’; la bossa nova ariosa di ‘Only’. Le ospitate di Sampha, Wretch 32, Yussef Dayes e Michael Kiwanuka arricchiscono il suono senza mai rubare la scena. Per tutto il tempo, Simz resta saldamente al comando, con barre incisive e flow autorevoli per raccontare perseveranza, tradimento ed empowerment. Un album dichiarazione d’intenti. Controllato, feroce, e prova che Simz gioca in un’altra categoria. TF
9) Pulp – More
Tutti erano in delirio per la reunion degli Oasis, ma il vero ritorno anni ’90 è arrivato grazie ai riluttanti alfieri del Britpop. Pubblicato in tempo per il 30° anniversario del loro album più celebrato, ‘Different Class’ del 1995, i Pulp sono tornati dopo 24 anni di assenza. L’attesa è valsa. ‘More’ non reinventa la ruota e non convertirà necessariamente chi non è già fan di Jarvis Cocker e della sua allegra comitiva. Ma questo splendido album merita di essere custodito. Con archi lussureggianti e temi su invecchiamento e autoinganno, esplorati con arguzia e humour, Pulp consegnano un LP che è tutto ciò che si vorrebbe da un album dei Pulp. Di più: supera le aspettative. Dimostra che, pur essendo ormai cresciuti, restano in una classe a parte. Speriamo di non dover attendere un altro quarto di secolo per avere… More. DM
8) Jane Remover – Revengeseekerz
A soli 22 anni, Jane Remover si è già ritagliato uno spazio come producer, songwriter, polistrumentista e rapper, con un talento nel saltare tra i generi. Ascoltando l’uscita del 2025, i lavori precedenti ‘Frailty’ (2021) e ‘Census Designated’ (2023) sembrano di tutt’altra mano. In ‘Revengeseekerz’, Remover ti trascina a capofitto in una miscela abrasiva di rap, emo, digicore ed EDM, innestata con suoni glitch da videogiochi — e potenti hook hyperpop. È tanto da gestire e spesso suona come il caos. Ma funziona. Quello che dovrebbe provocare il colpo di frusta, qui si ricompone in una colonna sonora coerente, audace e irresistibile per una notte davvero folle. In breve: spacca. Forte. DM
7) Bad Bunny – DeBÍ TiRAR MáS FOToS
Dopo il successo travolgente di ‘Un Verano Sin Ti’, ‘DeBÍ TiRAR MáS FOToS’ è il progetto più ambizioso di Bad Bunny. Un omaggio ampio e vibrante alla sua eredità musicale portoricana e alla diaspora più ampia. Pur restando ancorato al reggaetón moderno che ha reso il 31enne una superstar globale, l’album spinge ben oltre le aspettative, intrecciando fiati salsa, melodie bolero e le stratificazioni ritmiche della plena tradizionale. La fusione è al massimo in ‘BAILE INoLVIDABLE’, che apre con synth moderni e levigati prima di esplodere in una salsa dal vivo in pieno. ‘DtMF’, in coda, incarna lo spirito del disco: contagioso, celebrativo, incredibilmente divertente. È un album da suonare ad alto volume. Non sorprende che Bad Bunny abbia regnato come l’artista più ascoltato del 2025. TF
6) Geese - Getting Killed
In ‘Getting Killed’, gli eccentrici Geese di New York prendono la spinta del breakthrough solista sottovoce del frontman Cameron Winter, ‘Heavy Metal’, e la trasformano nel loro esperimento più audace. L’album oscilla dall’esplosiva apertura ‘Trinidad’ a jam guidate dal groove, piene di stoccate di fiati, cori loopati e riff seghettati. Il tutto cucito dai mormorii criptici di Winter e da punchline surreali. La band suona insieme più sciolta e più affilata che mai, costruendo pezzi che sembrano culmini prolungati più che strutture tradizionali. Caotico, intelligente, spudoratamente strano e sorprendentemente toccante. ‘Getting Killed’ consacra i Geese come una delle poche band rock che spingono sé stessi — e gli ascoltatori — verso territori davvero nuovi. TF
5) Wednesday – Bleeds
Dopo ‘Rat Saw God’ — uno dei nostri album preferiti del 2023 — i Wednesday del North Carolina sono tornati con un altro collage di indie rock scuzz su amore, scelte adolescenziali stupide e la visione di The Human Centipede dopo un concerto dei Phish. Ed è la cosa migliore che abbiano mai pubblicato. Come in ‘Rat Saw God’, la band sforna un mix dinamico di hook country e grunge rumoroso direttamente dagli anni ’90. E, come lì, sono la scrittura e il racconto tragicomico a far volare il progetto. Che si tratti di mettere alla berlina la “broke dick sincerity” nell’apertura ‘Reality TV Argument Bleeds’; arrivare alla conclusione che “even the best champagne still tastes like elderberry wine” nel singolo ‘Elderberry Wine’; o chiedersi come “your teeth stayed so nice / when the only thing you drink is Pepsi” nella chiusura ‘Gary’s II’, gli scorci evocativi della cantautrice Karly Hartzman sembrano vissuti e ti terranno incollato. DM
4) Viagra Boys – Viagr Aboys
Dal debutto del 2018, gli svedesi Viagra Boys si sono imposti come i cronisti dell’assurdo che ci servono per raccontare la disillusione del XXI secolo. Canalizzano The Stooges, Dead Kennedys e DEVO, e hanno preso in giro in modo impeccabile l’andamento dell’“enshittification” della società: dalla mascolinità tossica alla retorica dell’estrema destra, fino alle teorie del complotto alimentate dai social. Non deviano dal loro piano di volo satirico per il quarto album, ‘Viagr Aboys’, ma si spostano dagli inferni socio-politici alle follie quotidiane. Dai riferimenti a Matthew Perry (‘Man Made of Meat’) agli spaventi di salute (‘Pyramid of Health’), passando per crostini trovati sotto i futon (‘Uno II’) e l’arte perduta di rovinare le feste con pillole di storia (‘You N33d Me’), i testi sono surreali, da ridere a voce alta e a tratti sorprendentemente commoventi — soprattutto nell’understatement romantico della chiusura ‘River King’. Sul piano sonoro, è più rifinito rispetto ai lavori precedenti, ma l’energia grezza resta intatta. Inoltre, Sebastian Murphy e la sua banda hanno centrato qualcosa di speciale: hanno distillato tutto ciò che li rende un ascolto delirante e lo hanno iniettato direttamente in vena. Grazie per la dose, signori. DM
3) Annahstasia – Tether
Era il nostro numero 3 a metà 2025 ed è rimasto lì, a prova che ‘Tether’ di Annahstasia è il miglior album d’esordio dell’anno, senza se e senza ma. Non è stato facile. La cantautrice americana ha dovuto lottare a lungo per far uscire ‘Tether’. I discografici volevano spingerla lontano dal folk-soul intimo che desiderava e indirizzarla verso strade più mainstream e commerciali. Quanto si sbagliavano nel dubitarne e nel tenerla in sospeso. Il primo disco, attesissimo, è una raccolta subito magnetica di brani di rara bellezza, sostenuta da eleganti strumentali e da un vibrato color mogano meraviglioso — tra Tracy Chapman e Nina Simone. “Can you be a believer”, canta nella chiusura ‘Believer’, “In all my possible possibility?”. Da parte nostra, è un sì convinto. DM
2) Kelela – In The Blue Light
‘In the Blue Light’ cattura Kelela mentre si allontana dal suo universo R&B futurista e entra nella penombra a lume di candela del Blue Note Jazz Club di New York, dove reimmagina il suo catalogo con un calore blues. Il set mescola brani rielaborati della cantante americana con tributi a Joni Mitchell e Betty Carter, il tutto intrecciato con il brusio del pubblico, battute sul palco e teneri aneddoti che ti portano dentro la sala. La tavolozza spogliata — arpa, tastiere, batteria, basso vellutato — lascia che la sua voce celestiale prenda il centro della scena, rivelando nuove sfumature emotive in ‘Waitin’’, ‘Take Me Apart’ e una reinvenzione mozzafiato di ‘Better’. Tutto serve a creare un’atmosfera così intima da farti sentire seduto al suo tavolo. Un album pienamente degno delle primissime posizioni dell’anno. TF
1) Rosalia – LUX
Se c’è una cosa di cui non si può accusare Rosalía, è di vivacchiare. Il debutto del 2017, ‘Los Ángeles’, ha portato il flamenco nel XXI secolo. ‘El Mal Querer’ del 2018 ha unito suoni andalusi con pop e hip-hop. ‘Motomami’ del 2022 ha spinto i confini con una miscela sensuale di reggaeton, chitarre folk e beat da ballo. Con il quarto album, la 33enne artista spagnola compie la mossa più audace: la svolta verso il classico.
Può sembrare un gioco di prestigio, ma il risultato lascia senza parole. Sostenuto dalla London Symphonic Orchestra e da nomi come Björk, Yves Tumor e persino Guy-Manuel de Homem-Christo dei Daft Punk, l’album è un’opera barocca sperimentale, spinta da archi in volo, beat elettronici e dal soprano cristallino di Rosalía.
Organizzato in quattro movimenti, ‘LUX’ vede Rosalía cantare in 13 lingue diverse: il catalano e lo spagnolo (nelle splendide ‘Divinize’ e ‘La Perla’), il tedesco (‘Berghain’), l’arabo (‘La Yugular’), l’ucraino (‘De Madruga’) e il latino (‘Porcelana’). Lo fa per esplorare temi senza confini: amore, sesso, spiritualità e femminile divino. Si immerge nelle storie di sante e mistiche da tutto il mondo e le usa come ispirazione di ogni brano.
L’effetto è una connessione quasi divina. Non serve capire ogni parola per coglierne la risonanza emotiva. Le 18 tracce trascendono la lingua e vivono in un limbo sonoro dove immagini religiose e slanci wagneriani convivono con storie che vedono la cantante assegnare una “medaglia d’oro nell’essere uno stronzo”, richiamare gli uomini che vogliono donne compiacenti, versarsi un meritato bicchiere di Sauvignon Blanc e regalare il cuore così spesso da dimenticare che un tempo era suo (nell’highlight ‘Relíquia’).
Sembra tanto da assorbire in un solo ascolto. Lo è. Ma è un’esperienza esaltante che diventa sempre migliore con il replay. Se scegli di arrenderti a questa fusione epica di sacro e profano, scoprirai che onora ciò che ti chiede.
Quanto a dichiarazioni artistiche ambiziose, ‘LUX’ sembra il ‘Vespertine’ di Rosalía. Complimento non da poco, dato che è il capolavoro di Björk. Pochi album si avvicinano a quella sinfonia eterea, che non solo travolge le convenzioni del pop contemporaneo, ma sfida i picchi rapidi tipici di un consumo musicale affamato di attenzione e guidato dagli algoritmi. Rosalía lo ha detto al New York Times: “più siamo nell’era della dopamina, più io voglio essere l’opposto”. ‘LUX’ è quell’opposto. Chiede la tua attenzione totale. La pretende e la ripaga. DM
È tutto.
Ci siamo persi il tuo album preferito dell’anno?
Forse è nelle nostre Menzioni d’Onore: Nourished By Time — ‘The Passionate Ones’; Swans — ‘Birthing’; Blood Orange — ‘Essex Honey’; Sudan Archives — ‘The BPM’; aya — ‘Hexed!’; Wet Leg — ‘Moisturizer’; Natalia La Fourcade — ‘Cancionera’; CMAT — ‘Euro-Country’; PinkPantheress — ‘Fancy That’; Oklou — ‘choke enough’.
O magari è nel nostro bilancio di metà anno, la lista Best Albums of 2025... So Far.
Se no, fateci sapere. Vi ascoltiamo e, si spera, rimediaremo. Altrimenti vi suggeriremo, con rispetto, che vi sbagliate.
Restate su Euronews Culture per altri Best Of 2025, inclusa la nostra prossima classifica dei migliori film del 2025.