I registi visionari che ci regalano l'opera in una veste moderna

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Di Andrea Buring
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Dal Faust alla Traviata, classicismo e modernità si fondono grazie all'immaginazione e alla creatività di alcuni registi visionari

Sono innovativi, sono precursori dei tempi, sono visionari. E sono capaci di farci emozionare e divertire. Perché, per dirla con le parole della regista americana Lydia Steier, "una bella voce non può bastare. Attorno deve esserci un teatro meraviglioso". L'opera rivista in chiave moderna è questo: è, secondo il regista tedesco Tobias Kratzer, "sedersi ed essere proiettati in un mondo che si può impossessare di noi. Nel quale la musica accede direttamente al sistema nervoso".

Immaginazione, creatività e contemporaneità: l'opera secondo i nuovi registi teatrali

Uno sforzo di immaginazione e di creatività. Di ancoraggio alla contemporaneità e di coerenza: "Non creo un'opera se non ne vedo una declinazione nel mondo in cui viviamo", afferma Simon Stone, svizzero-australiano che ha diretto opere, pièce teatrali e anche film (per una pellicola pubblicata su Netflix ha ricevuto una nomination ai BAFTA nel 2021).

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Il regista Simon StoneEuronews

Ma questi registi visionari in che modo riescono a sollecitare le proprie immaginazioni? Quali tecniche e quali strumenti utilizzano per farlo, e poi per realizzare le loro creazioni artistiche? Dal Faust a Salomè, passando per Mosè e Faraone e per la Traviata, numerose opere hanno potuto indossare vesti moderne grazie allo straordinario intuito e alle capacità di chi le ha sapute ripensare, ancorandole a fatti di cronaca, allo sguardo degli spettatori di oggi, alla nostra visione del mondo.

Questa nuova generazione di registi teatrali sa come aggiungere contemporaneità a capolavori classici, come nel caso del racconto di Faust, messo in scena da Tobias Kratzer all'Opéra Bastille di Parigi: "Si tratta - spiega il regista - di un'opera grandiosa e per me era chiara la volontà di renderla uno spettacolo. Nella nostra concezione, questo grande viaggio che Faust e Mefisto compiono attraverso Parigi deve essere condito da moltissime immagini".

Una veste moderna per il Faust

"Penso che Tobias abbia capito molto, molto bene che oggi si può offrire una veste moderna del Faust. Si può declinare il tema, il soggetto con i mezzi che abbiamo a disposizione oggi... E il risultato è davvero ottimo: diamo l’impressione al pubblico che questa storia sia ambientata ai giorni nostri", osserva Alexander Neef, direttore generale dell'Opéra national de Paris. 

Non a caso, Kratzer ha vinto premi prestigiosi e ha diretto in numerosi teatri d'opera internazionali. La rivista "Opernwelt" lo ha nominato "Regista dell'anno" nel 2020. Il segreto del suo successo? Un solo ingrediente: lo stesso team, Dal videoartista Manuel Braun allo scenografo e costumista Rainer Sellmaier. "Ogni volta diventa più interessante - confessa Kratzer - perché ci incoraggiamo a vicenda a continuare a sviluppare contesti completamente nuovi, ma anche nuovi approcci alle opere".

"Nel caso di Mosè e Faraone - prosegue il regista tedesco - non ci è stato subito chiaro se si trattasse di una lettura politica o se potesse rappresentare un grande discorso sulla fede. Ma a un certo punto arriva il momento della verità, quando devi decidere un approccio. E a quel punto devi mantenerlo in modo molto, molto coerente".

L'opera di Rossini e la crisi dei rifugiati

Così, per l'opera di Rossini sull'esodo di Mosè dall'Egitto si è scelto un parallelo con la crisi dei rifugiati: "Da un lato, dal palcoscenico, c'è un campo profughi con rovine, polvere e case abbandonate - illustraRainer Sellmaier, scenografo e costumista -. Dall'altro lato, invece, c'è l'ufficio aperto di una ONG che rappresenta la civiltà occidentale". Come in altre produzioni di Kratzer, un video proiettato risulta centrale. Illustra l'Esodo, ma è stato girato a Marsiglia.

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Il regista Tobias KratzerEuronews

"Per me - racconta Manuel Braun, videoartista - si è trattato anche della prima collaborazione con operatori subacquei. Avevamo due sommozzatori che hanno filmato sott'acqua e si è trattato di una fase molto elaborata, nonché di un’autentica avventura. E sì, abbiamo cercato di cogliere il momento in cui il mare, il mare aperto in due, si richiude e gli egiziani annegano".

Durante le prove, c'è una difficoltà in più: occorre sincronizzare il filmato scelto con il ritmo dettato dal direttore d'orchestra. "Penso che Tobias sia favoloso - dichiara la regista Steier -. È in grado di governare idee geniali e folli in un modo che a me risulta impossibile. C'è questo stile chiamato "Grand Opéra" che rappresenta la trasposizione di queste follie in cinque atti. E nessuno è in grado di realizzarle come lui".

La scena con 350 persone perfettamente coordinate

Anche Lydia Steier è una regista brillante e anche lei ha vinto premi. È una progressista, una femminista, e non ha paura di provocare. Soprattutto, è una delle poche registe donne in Europa: "In quanto donna, in questo settore devi comportarti in modo diverso dagli uomini. Devi essere consapevole della differenza nella percezione dettata dal tuo genere. Per esempio, un uomo che fa i capricci e scappa dalla stanza è considerato un perfezionista. Una donna che lo fa è una persona isterica. Stesso comportamento, stessa situazione. E così, col tempo, ho imparato che bisogna tenere conto anche di questo aspetto".

All'inizio, l'artista americana di origini austriache voleva diventare una cantante. Ma presto ha cambiato idea. Oggi è famosa per le sue scenografie intense: "Abbiamo spesso a che fare con realizzazioni enormi, come, ad esempio, ne La donna senz’ombra, nella quale ci sono 350 persone che lavorano insieme, in modo perfettamente coordinato, per creare un risultato in grado di commuovere nel profondo".

Lydia Steier: progressismo e simbologia freudiana in un turbine di movimento

La donna senz’ombra è un'opera impegnativa, ricca di una simbologia figlia dell’interpretazione dei sogni di Freud: "Tutti i miei collaboratori - precisa la regista - sanno che devono essere presenti elementi di rotazione. Devono esserci cose come le scale, che adoro. Deve esserci la possibilità di cambiamenti e movimenti rapidi. Le transizioni e il movimento degli elementi rappresentano gli elementi costitutivi dell’intera scena e della narrazione. E, in questo caso, non è possibile realizzare tutte ciò che deve accadere sul palco senza poterlo maneggiare. Non può esistere un allestimento tradizionale: occorre riflettere sul tempo, sulle pressioni politiche di un dato momento".

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La regista Lydia SteierEuronews

Musical cinematografici e Broadway: così è cresciuta Lydia Steier. Ispirazioni moderne che danno forma alle sue opere: "L'idea è di sedurre il pubblico, di farlo divertire ed emozionarlo con un linguaggio visivo. E poi dire agli spettatori, girando un po' il coltello nella piaga: 'Non vi ci rivedete?'. Tutto questo è come se parlasse di noi. Ogni opera che dirigo deve parlare di noi". "Lydia - spiega Stone - ha un'attenzione straordinaria per la performance e la narrazione. Si ha la sensazione di poter individuare molto chiaramente quale sia il tipo di narrazione dell'opera, ma si ha anche la sensazione che siano poi gli interpreti a metterla a fuoco”.

Stone, l'enfant terrible che chiede al cast di improvvisare e partecipare alla creazione

L'australiano Simon Stone è un altro regista teatrale pluripremiato. Prima di trasferirsi in Europa, era stato definito l'enfant terrible del teatro nel suo Paese. La sua caratteristica peculiare: chiedere al cast di improvvisare e partecipare al processo di creazione: "Se vuoi realizzare qualcosa di nuovo, devi lavorare in un modo che ti è sconosciuto. Ma noi artisti non ci mettiamo abbastanza alla prova, credo, per porci in situazioni nelle quali non siamo a nostro agio. Io mi muovo costantemente a cavallo tra varie forme d'arte e devo costantemente rincorrere".

Così possiamo dimostrare che l'opera è ancora oggi indispensabile come forma d'arte
Simon Stone
Regista

Stone esprime le sue capacità come scrittore, attore o - appunto - dirigendo opere teatrali, liriche. E persino film. Il suo è un approccio realistico e intimo che si sposa particolarmente bene con la produzione contemporanea di "Innocence", un'opera in scena alla Royal Operahouse, nella quale riecheggia il massacro in un liceo a Colombine, negli Stati Uniti. 

"Occorre ascoltare la musica e poi mettere assieme le immagini pensando: 'Che film potrei fare con questa colonna sonora?'. Si deve celebrare la musica per quello che è, e se non la si apprezza, si dovrebbe rinunciare a fare l'opera. L'unico modo per continuare a mettere in scena le opere è dimostrare che hanno una rilevanza per il mondo in cui viviamo. Questo è, credo, il modo più semplice per far sì che il pubblico capisca che l'opera è ancora oggi indispensabile come forma d'arte".

Soggetti moderni e classici, dunque, che si fondono e che ci aiutano a capire il mondo di oggi, assieme a scenografie d’impatto. Altrimenti detto, l'opera nel Ventunesimo secolo.

Journalist • Andrea Barolini

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