Opéra Bastille: 30 anni di teatro "giovane"

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Di Katharina Rabillon
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Per l'anniversario il teatro parigino mette in scena una produzione colossale: "Les Troyens" di Berlioz per la regia dello sperimentale Dmitri Tcherkianov.

L'Opéra Bastille di Parigi compie trent'anni. Commissionato per il bicentenario della Rivoluzione francese, il teatro oggi ha la peculiarità di attrarre un pubblico giovane. Il direttore Stéphane Lissner ne è orgoglioso: "L'Opéra Bastille è un teatro dell'oggi, un teatro moderno la cui missione principale è sempre stata di cercare di convincere un pubblico nuovo. È un teatro che si rivolge al pubblico più ampio possibile".

Un teatro che, la prima volta in cui si alzò il sipario, svelò un colossale capolavoro: "Les Troyens" di Hector Berlioz. Per celebrare l'anniversario, è stato chiamato il russo Dmitri Tcherniakov a presentare la sua visione in questa nuova produzione, messa in scena dal 25 gennaio al 12 febbraio. "Berlioz è un compositore molto visivo, molto colorato - dice Tcherniakov - . Sul palcoscenico racconta una storia in dettaglio, è un'enorme tavolozza di colori".

Al centro dell'epica saga in cinque atti, la caduta di Troia e le gesta di Enea, interpretato con passione dal tenore americano Brandon Jovanovich.

"L'opera si compone di due parti con temi diversi - spiega Tcherniakov -: 'La Prise de Troie' e 'Les Troyens à Carthage'. Ho cercato di rendere la storia più omogenea, con un punto in comune, un personaggio: Enea. È una storia su di lui e su quel che accade a lui. E abbiamo trovato molti lati diversi di questo personaggio, che non sono così chiari a prima vista".

Per Jovanovic, Enea "cerca di fare la cosa giusta, cerca di seguire quella che pensa sia la missione della sua vita, o quel che gli dei gli hanno detto di fare. Penso che tutti possiamo identificarci in questo, nel cercare di trovare la nostra strada nella vita, in quest'affannarsi, sotto molti aspetti".

Dmitri Tcherkianov è uno degli esponenti del mondo della lirica più sperimentali. A dimostrarlo, l'ambientazione della seconda parte dell'opera, che si svolge in una clinica per pazienti affetti da disturbo da stress post-traumatico. "L'ha interpretata in modo più emotivo, vede una lotta all'interno di questi personaggi", spiega Jovanovic. E il regista conferma: "Più la sfida è difficile, più m'intriga. Non m'interessa fare qualcosa che sia troppo facile da capire. Mi piace lavorare su storie stimolanti, che mi rendono più coraggioso e curioso".

Perché questa scelta? Risponde Lissner: "Un teatro d'opera, che mette in scena spettacoli dal vivo, deve essere aperta al dibattito, e per me è molto importante poter invitare registi che hanno una loro idea drammaturgica dell'opera e che a volte propongono soluzioni che possono destabilizzare e sorprendere il pubblico".

Risorse addizionali per questo articolo • Versione italiana e web: Selene Verri

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