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Banca del Giappone alza i tassi d’interesse: incombe una crisi globale delle obbligazioni?

ARCHIVIO. Il governatore della Banca del Giappone, Kazuo Ueda, parla alla conferenza stampa del G7 dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali.
Foto d'archivio. Al G7 su finanze e banche centrali, il governatore della Banca del Giappone, Kazuo Ueda, parla alla conferenza stampa della presidenza. Diritti d'autore  2023/AP
Diritti d'autore 2023/AP
Di Piero Cingari
Pubblicato il
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Banca del Giappone alza i tassi ai massimi da 30 anni. Stretta in arrivo. Timori per rendimenti obbligazionari in aumento e rientro di capitali degli investitori giapponesi.

La storica svolta della Banca del Giappone lontano dalla politica monetaria ultra-espansiva è ormai in corso. E i primi segnali di tensione emergono sui mercati obbligazionari globali.

Nella riunione di dicembre, la BoJ ha alzato il tasso di riferimento a breve di 25 punti base, portandolo allo 0,75%, il livello più alto dal 1995.

La mossa era attesa. Il tono, però, ha sorpreso.

Il governatore Kazuo Ueda ha adottato un’impostazione più restrittiva, sottolineando che l’era dei tassi estremamente bassi in Giappone sta finendo e che le ricadute potrebbero andare ben oltre Tokyo.

Svolta restrittiva della Banca del Giappone

Nella sua nota di politica monetaria, la BoJ ha evidenziato che "i tassi di interesse reali dovrebbero restare significativamente negativi" e che condizioni finanziarie accomodanti continueranno a sostenere l’attività economica.

Al tempo stesso, ha ribadito che, se lo scenario di crescita e inflazione delineato nell’Outlook Report di ottobre dovesse concretizzarsi, la Banca "continuerà ad aumentare il tasso di politica monetaria e ad adeguare il grado di accomodamento".

Ueda ha rafforzato il messaggio in conferenza stampa, avvertendo che ritardare gli aggiustamenti potrebbe alla fine richiedere rialzi più marcati. Ha aggiunto che i precedenti aumenti non hanno ancora esercitato un effetto di irrigidimento significativo e ha sottolineato che i tassi sono ancora lontani dal limite inferiore della stima del tasso neutrale della Banca.

Il messaggio, nel complesso, è stato chiaro: la BoJ è in piena fase di rialzo.

Una mossa storica: il parere degli analisti

"La BoJ ha effettuato un rialzo in chiave restrittiva", ha detto Dariusz Kowalczyk, analista di BBVA, sottolineando l’impegno a proseguire la normalizzazione.

"So che è solo lo 0,75%, ma è piuttosto storico", ha dichiarato Bart Wakabayashi, direttore di filiale di State Street a Tokyo. "Non vedevamo questo livello da tre decenni, quindi è una mossa significativa".

Akira Otani, capo economista per il Giappone di Goldman Sachs, ha avvertito che questo non è il punto di arrivo della BoJ sui tassi e che la decisione rafforza un orientamento ai rialzi graduale ma persistente.

Perché conta ben oltre il Giappone?

La risposta sta nel ruolo di primo piano del Paese nei mercati obbligazionari globali.

Il Giappone rimane il maggiore creditore netto al mondo, con una posizione patrimoniale netta sull’estero di circa 3,66 trilioni di dollari (3,12 trilioni di euro) a settembre 2025.

Per anni, i tassi ai minimi hanno incentivato l’uscita di capitali. Gli investitori istituzionali giapponesi, tra cui fondi pensione e assicurazioni, hanno riversato trilioni nei mercati obbligazionari esteri, soprattutto nei Titoli del Tesoro USA e nel debito sovrano europeo.

Ma con l’aumento, anche marginale, dei rendimenti domestici, quell’incentivo diminuisce. Il risultato può essere una riduzione degli acquisti di bond esteri, il cosiddetto "rimpatrio" dei capitali giapponesi.

Quando i rendimenti interni sono bassi, gli investitori istituzionali giapponesi tendono a cercare rendimenti migliori all’estero, spesso nei Titoli del Tesoro USA, nei titoli di Stato europei o nel debito dei mercati emergenti.

Con l’aumento dei rendimenti giapponesi, quell’incentivo si indebolisce. Anche variazioni modeste nei rendimenti relativi possono modificare, ai margini, l’allocazione dei portafogli, aumentando il rischio di rimpatrio dei capitali verso gli asset giapponesi.

La dinamica è già visibile nel restringimento dei differenziali di rendimento.

Il divario tra i Treasury decennali USA e i titoli di Stato giapponesi si è ridotto a 2,12 punti percentuali, il minimo da marzo 2022.

Anche lo spread tra i Bund decennali e i JGB è sceso a 0,85 punti percentuali, il livello più basso da oltre tre anni.

Con la compressione degli spread, gli investitori giapponesi potrebbero iniziare a riportare capitali in patria, lasciando ai mercati obbligazionari globali il compito di colmare il vuoto.

Segnali di tensione sui rendimenti globali

I mercati obbligazionari hanno già iniziato a reagire. Il rendimento del trentennale tedesco è salito al 3,51% nel venerdì successivo alla decisione della BoJ, il massimo da luglio 2011.

Un movimento del genere nella maggiore economia europea, spesso considerata l’ancora fiscale del mondo, è un campanello d’allarme.

Il rischio non si limita all’Europa. Rendimenti giapponesi in aumento minacciano di sconvolgere i flussi d’investimento globali, soprattutto con la chiusura del carry trade sullo yen.

Con i tassi ultra-bassi in Giappone a fornire finanziamenti a basso costo, gli investitori hanno a lungo usato lo yen per puntare su asset esteri a rendimento più elevato. Questa strategia, efficace per decenni, ora è sotto pressione.

Man mano che i tassi giapponesi salgono, il vantaggio di indebitarsi in yen diventa meno appetibile per gli investitori globali.

Il risultato potrebbe essere un’ondata di riduzione della leva finanziaria nei mercati globali del credito e delle azioni, con un aumento disordinato dei rendimenti.

Pur con un ritmo dei rialzi probabilmente graduale, la direzione è chiara. La BoJ non è più la banca centrale più accomodante tra le economie avanzate.

Per gli investitori, il messaggio è semplice e sempre più difficile da ignorare: il Giappone conta di nuovo.

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