L'arrivo di JD.com come azionista di Fnac Darty non è solo una mossa di capitale: ha riacceso i timori di Bercy sul crescente potere della Cina in Europa, tra rischi per i dati, sovranità culturale e strategia di influenza a lungo termine
Un nuovo nome sta avanzando nel panorama dell’e-commerce europeo: JD.com. Dopo Shein, Temu e Alibaba, anche il gigante cinese fondato da Richard Liu nel 1998 sta ora diventando un attore di primo piano in Francia.
Il motivo non è solo il lancio della piattaforma JoyBuy, ma soprattutto l’interesse verso Fnac-Darty, simbolo culturale e tecnologico francese, destinato a sollevare un acceso dibattito politico.
JD.com, oggi terzo colosso dell’e-commerce cinese con vendite vicine ai 160 miliardi di dollari, ha avviato un’operazione che potrebbe cambiare gli equilibri del retail europeo. In Germania è infatti in corso la finalizzazione dell’acquisizione di Ceconomy, il gruppo tedesco che controlla MediaMarkt e Saturn e che detiene circa il 22 per cento di Fnac-Darty. Se il dossier dovesse chiudersi positivamente, il gruppo cinese diventerebbe automaticamente uno dei principali azionisti del rivenditore francese.
La mossa ha messo in allerta il ministero dell’Economia a Parigi, che negli ultimi anni ha rafforzato la vigilanza sugli investimenti stranieri, in particolare quelli provenienti dalla Cina. Bercy non guarda solo all’aspetto industriale: Fnac-Darty è considerata una realtà strategica, sia per il suo ruolo nella diffusione di contenuti culturali sia per la quantità di dati sensibili che gestisce.
Le informazioni sui comportamenti d’acquisto e le abitudini digitali di milioni di clienti rappresentano un patrimonio prezioso. La preoccupazione nasce dalla legge cinese sull’intelligence nazionale, che obbliga le aziende del Paese a collaborare con i servizi di sicurezza e, potenzialmente, a condividere dati considerati utili alle loro attività.
JD.com ha cercato di rassicurare il governo francese durante gli incontri avvenuti nelle ultime settimane, promettendo di rispettare pienamente il quadro normativo francese e di non voler aumentare ulteriormente la partecipazione in Fnac-Darty.
Ma la decisione finale potrebbe dipendere da un altro protagonista: il miliardario ceco Daniel Křetínský, principale azionista del gruppo con il 28 per cento del capitale. È lui l’arbitro della partita. Potrebbe rafforzare la propria quota per mantenere la catena in mani europee, oppure scegliere di cedere parte delle sue azioni approfittando dell’interesse cinese.
La vicenda solleva un interrogativo più ampio sul futuro dell’Europa e sulla sua capacità di proteggere settori considerati strategici. Il rischio non è solo economico, ma culturale e geopolitico: fino a che punto il continente è disposto a lasciare spazio ai colossi cinesi nelle sue infrastrutture commerciali e digitali? Il dossier Fnac-Darty è diventato, di fatto, un banco di prova.