Sembra un paradosso, ma la Cina dichiara guerra (commerciale) ai suoi stessi colossi cinesi. Nel mirino soprattutto Alibaba, potenza mondiale dell'eCommerce, accusata di posizioni monopolistiche. Guerra solo commerciale o anche di potere politico?
Guerra commerciale "in famiglia".
La Cina contro i suoi stessi colossi cinesi.
Il mondo degli affari della Cina è in fermento: Alibaba, simbolo del successo del paese nell'economia digitale, è sotto i riflettori del governo di Pechino per "sospette pratiche monopolistiche".
L'annuncio dell'apertura di un'indagine da parte dell'Amministrazione statale cinese per la regolamentazione del mercato, contro il gruppo fondato da Jack Ma (56 anni), ha fatto precipitare le azioni di Alibaba, perdendo l'8,13% alla fine della mattinata alla Borsa di Hong Kong.
"La volontà di ostacolare l'impero di Jack Ma"
"C'è chiaramente un'escalation di sforzi coordinati per ostacolare l'impero di Jack Ma, che simboleggia le nuove entità economiche cinesi, troppo grandi per fallire", ha osservato l'analista Dong Ximiao, dell'Institute of Internet Finance di Zhongguancun, la "Silicon Valley" di Pechino.
Le autorità hanno fornito pochi dettagli su ciò di cui Alibaba è accusata, a parte il riferimento ad un "accordo di negoziazione esclusiva", che consiste nella richiesta ai venditori di offrire esclusivamente i loro prodotti sulle sue piattaforme.
Una pratica oggetto di reclamo nel 2017 da parte della rivale JD.com, ma che Alibaba aveva negato: sul caso, nessun giudizio era stato raggiunto.
Il gigante cinese dell'eCommerce ha "promesso di collaborare attivamente con le autorità di regolamentazione nelle indagini".
Nel mirino anche un'altra azienda di Alibaba, ANT Group, leader mondiale nei pagamenti online con il marchio Alipay,
Pechino: atteggiamento più duro verso i colossi hi-tech
ANT, che gestisce Alipay, ha rimosso l'offerta di alcuni prodotti di deposito bancario dalla sua piattaforma, abbassando i limiti di credito per i clienti più giovani, dopo che le autorità avevano inasprito le regole sui servizi finanziari on-line.
Nel mezzo della nuova serie di norme "a tutela della stabilità finanziaria", la Borsa di Shanghai aveva sospeso l'IPO ("Initial Public Offering": offerta pubblica iniziale) dei record, che prevedeva a inizio novembre un'operazione da 35 miliardi di dollari da condividere con il listino di Hong Kong, perché ANT Group "non sarebbe riuscita a soddisfare le condizioni di emissione e di quotazione o i requisiti di divulgazione delle informazioni".
In più, avevano avuto peso "i recenti cambi nell'ambiente normativo fintech".
All'inizio del mese, a conferma di un atteggiamento più duro di Pechino verso i suoi colossi hi-tech, l'Antitrust cinese ha comminato una multa di 500mila yuan ad Alibaba e Tencent, altro gigante tecnologico che controlla - tra l'altro - la app di messaggistica e pagamenti digitali WeChat, per non aver richiesto l'approvazione preventiva per le acquisizioni passate.
L'incontro preliminare all'indagine amministrativa su Alibaba si terrà nei prossimi giorni, che in Cina non sono festivi.
L'incontro avverrà con i funzionari della Banca Centrale, della China Banking and Insurance Regulatory Commission, della China Securities Regulatory Commission e dell'Amministrazione statale dei cambi.
"La Cina rimane favorevole alle piattaforme Internet"
"L'indagine su Alibaba non indica che la Cina abbia cambiato il suo atteggiamento favorevole e incoraggiante verso le piattaforme Internet", ha scritto in un editoriale "Il Quotidiano del Popolo", la "voce" del Partito comunista cinese.
L'indagine, viceversa, "contribuirà a garantire la salute dello sviluppo del settore Internet", continua il giornale filo-governativo.
Il gioco di potere della leadership cinese ai suoi colossi hi-tech procede a passo spedito.
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