Trump ricompatta la Cina dietro l'orgoglio nazionale

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Di Alberto De Filippis
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La strategia di Trump: errore o lungimiranza?

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"La Cina ha 5000 anni di storia. Questa guerra commerciale con l'America di Donald Trump non è altro che un piccolo contrattempo". È questo il tenore dei commenti cinesi alle decisioni del presidente statunitense di imporre dazi su circa 200 miliardi di dollari di beni provenienti dal paese asiatico. Se c'è stato un risultato che Trump ha ottenuto è quello di avere risvegliato la retorica nazionalista cinese. Senza dimenticare che le aste dei bot americani sono andate deserte proprio perché Pechino, che detiene una buona fetta del debito statunitense, ha deciso di non partecipare. 

Quella del presidente sembra piuttosto una mossa di avvicinamento alle elezioni presidenziali del prossimo anno in cui Trump potrebbe vedersela con una serie di outsider e aver contro quella parte di repubblicani che non lo hanno mai digerito.

"Ogni volta che s'impongono dazi le borse scendono", ha detto un analista, "Anche in Cina la borsa perde e questo dimostra che gli investitori ritengono che le tariffe siano negative per entrambi i paesi".

Una frase di buon senso che però dimentica il potere economico detenuto da Pechino e il rischio che Pechino possa far valere il proprio peso anche in mercati dove gli Stati Uniti sono concorrenti. Trump ha minacciato ulteriori 300 miliardi di dollari di dazi. La Cina ha solo minacciato, per ora, vere rappresaglie, ma se si dovesse arrivare allo scontro nessuno sa cosa accadrebbe davvero all'economia mondiale.

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