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Gaza, esercito Israele spara in centri aiuti: oltre 30 palestinesi morti, tregua lontana con Hamas

Fumo dopo un bombardamento dell'esercito israeliano nella Striscia di Gaza, visto dal sud di Israele (1 giugno 2025)
Fumo dopo un bombardamento dell'esercito israeliano nella Striscia di Gaza, visto dal sud di Israele (1 giugno 2025) Diritti d'autore  AP Photo
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Di Euronews
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Militari israeliani hanno aperto il fuoco sui palestinesi in cerca di aiuti nei centri di distribuzione a Rafah e Netzarim, almeno 31 morti. La strage il giorno dopo l'ennesimo negoziato fallito tra Israele, Usa e Hamas per un cessate il fuoco

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L'esercito di Israele ha sparato contro palestinesi che cercavano di ricevere aiuti domenica nei centri di distribuzione della Gaza Humanitarian Foundation a Rafah e Netzarim, uccidendo almeno 31 persone e ferendone un centinaio.

Le autorità della Striscia, governata da Hamas, hanno condannato questo nuovo incidente con vittime ai centri di distribuzione, criticando il nuovo sistema di assistenza voluto da Israele con l'aiuto statunitense una "trappola mortale".

L'incidente avviene a poche ore dall'apparente fallimento del negoziato per un cessate il fuoco tra Israele e Hamas con la mediazione degli Stati Uniti.

Cosa ha chiesto Hamas nella controproposta per il cessate il fuoco

Hamas ha annunciato sabato di avere risposto alla proposta di cessate il fuoco degli Stati Uniti, affermando che nell'ambito della proposta saranno liberati 10 ostaggi in vita.

"Il movimento di resistenza islamica ha presentato oggi la sua risposta all'ultima proposta dell'emissario americano, Steve Witkoff alle parti. Nell'ambito di questo accordo, dieci prigionieri in vita dell'occupazione detenuti dall'occupazione saranno rilasciati, insieme a 18 corpi, in cambio del rilascio di un numero concordato di prigionieri palestinesi", si legge nel comunicato di Hamas.

Il movimento armato palestinese ha inserito però nella sua controproposta una serie di modifiche, per accettare i 60 giorni di tregua e lo scambio di prigionieri. Si tratta della richiesta di garanzie da parte dell'amministrazione Trump che la tregua diventi in realtà definitiva e chiuda la guerra e l'entrata senza limitazioni nella Striscia di aiuti sotto la supervisione dell'Onu.

Diversi media locali hanno incluso nelle richieste di Hamas anche una diversa tempistica per il rilascio degli ostaggi, per allungare i tempi e garantire di fare tacere le armi più a lungo.

Il canale egiziano Al-Rad ha riportato sabato che il gruppo vorrebbe rilasciare quattro ostaggi vivi il primo giorno di una tregua di 60 giorni, due ostaggi vivi il trentesimo giorno e altri quattro l'ultimo giorno dell'accordo. I corpi degli ostaggi morti sarebbero restituiti in due tornate: il trentesimo e il cinquantesimo giorno.

Un funzionario del governo israeliano ha detto di ritenere questa risposta a tutti gli effetti come un rifiuto dell'accordo, ha riportato il Times of Israel.

Lo stesso inviato Usa per il Medioriente, Steve Witkoff, ha giudicato inaccettabili le richieste di Hamas. La sua proposta conteneva il rilascio di 10 ostaggi vivi e di 18 corpi in cambio di 1100 prigionieri palestinesi, anche con lunghe condanne, oltre alla tregua e a negoziati per renderla permanente.

Un alto dirigente di Hamas, Bassem Naim, ha detto ad Al Jazeera che le condizioni presentate inizialmente a Witkoff non sono poi entrare nella proposta presentata alle parti che è risultata un testo "completamente nuovo", secondo Naim.

Altri morti nei bombardamenti sulla Striscia e assalti agli aiuti

Sabato un drone delle Forze di difesa di Israele (Idf) ha ucciso sei persone in un campo di sfollati nella città di Qarara, vicino a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, ha riferito l'agenzia di stampa palestinese Wafa, secondo cui quattro delle persone uccise appartenevano alla stessa famiglia.

L'Idf ha confermato di avere colpito decine di obiettivi nella Striscia di Gaza nelle ultime 24 ore e di avere "eliminato terroristi, smantellato armi, infrastrutture terroristiche e siti infrastrutturali sotterranei".

Il ministero della Salute di Gaza ha dichiarato che nell'ultimo giorno sono stati trasportati negli ospedali 60 cadaveri e altri 284 palestinesi feriti, solo nel sud della Striscia.

Nel frattempo, 77 camion appartenenti al Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite, e contenenti prevalentemente sacchi di farina sono stati saccheggiati da civili di Gaza sull'autostrada Salah ad-Din nell'area di Khan Yunis, secondo quanto riferito dall'agenzia Onu.

L'incidente segue altri di questo genere negli ultimi giorni.

Un portavoce della Gaza Humanitarian Foundation, il nuovo ente incaricato dell'assistenza dei palestinesi al posto delle agenzie della Nazioni Unite e delle ong internazionali che vi hanno lavorato per anni, ha minimizzato la crisi degli aiuti.

Il portavoce ha detto che gli appaltatori che gestiscono il sito hanno permesso ai palestinesi di prendere le scatole da soli, aiutando nel contempo chi era nel bisogno, e che la speranza è di passare presto a un processo più ordinato quando la disperazione a Gaza si sarà placata.

L'Emilia Romagna e Bologna interrompono i rapporti con Israele

Dopo una crescente opposizione all'operato di Israele da parte della comunità internazionale, si muovono anche gli enti locali.

Prima Barcellona, sabato anche l'Emilia Romagna e la città di Bologna hanno deciso di prendere dei provvedimenti di fronte alla situazione disperata di Gaza.

La decisione della regione è stata assunta "a fronte delle gravissime violenze in atto nella Striscia di Gaza, che continuano a colpire duramente la popolazione civile, come dimostrano anche i drammatici eventi degli ultimi giorni a Rafah", ha scritto il governatore Michele De Pascale in una lettera inviata alla Giunta e a tutti i direttori generali e dirigenti della Regione, "e in considerazione del procedimento avviato dalla Corte Penale Internazionale nei confronti del Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, per crimini di guerra e crimini contro l'umanità".

In un post pubblicato sui social, il sindaco di Bologna Matteo Lepore ha chiesto "alle strutture del Comune di Bologna" di "interrompere ogni forma di relazione istituzionale" col governo isrealiano, fino al ripristino del diritto internazionale.

"Ciascuno di noi - ha scritto Lepore - è chiamato a fare quanto è nelle proprie possibilità, nel pieno rispetto delle leggi e delle competenze costituzionali, per contribuire a fermare le violenze in corso".

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