Il testo adottato dall'Unione europea prevede di regolamentare gli investimenti stranieri, soprattutto della Cina, nelle infrastrutture strategiche europee come i porti. Dietro agli investimenti commerciali di Pechino si celerebbero strategie politiche e militari
Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sullo sviluppo di una strategia marittima europea.
Gli eurodeputati si rivolgono alla crescente influenza della Cina su alcune infrastrutture critiche europee, tra cui i porti.
In particolare, chiedono di "porre dei limiti agli investimenti stranieri".
l centro delle preoccupazioni c'è la strategia di fusione tra militare e civile della Cina, "un programma concepito e attuato dallo Stato, che prevede di utilizzare tutte le leve del potere statale e commerciale per rafforzare e sostenere il Partito Comunista Cinese (Pcc)".
Ogni attività civile è in qualche modo legata ai più ampi interessi strategici e militari della Cina", spiega l'eurodeputato (Rinnovare l'Europa)e relatore del testo Klemen Groselj.
L'eurodeputato ritiene che sia necessario un meccanismo di valutazione del rischio per gli investimenti cinesi in infrastrutture essenziali, senza chiedere un completo cambiamento di rotta. "Gli investimenti cinesi sono benvenuti", afferma.
La Cina attracca al porto del Pireo
A pochi chilometri da Atene, gru e carriponte sono impegnati nel porto del Pireo.
Situato in posizione strategica nel sud-est dell'Unione Europea, è una porta d'accesso per le merci provenienti dal Canale di Suez.
Nel 2022 sono transitati quasi cinque milioni di container, il che lo rende il porto principale della Grecia e il quinto terminal più grande del Mediterraneo. Al culmine della crisi del debito, Atene ha deciso di privatizzare il porto.
"Inizialmente, l'autorità portuale aveva dato in concessione alla cinese Cosco la gestione di due dei tre terminal. In seguito, anche l'intera autorità portuale è stata venduta e Cosco ha acquisito il 67% delle azioni", spiega Stratos Papadimitriou.
L'aumento dei flussi di container, da due milioni all'anno prima della privatizzazione a cinque milioni, è un "chiaro vantaggio" di questa operazione secondo il professore.
Stratos Papadimitriou sottolinea anche l'aumento degli investimenti che ha permesso al porto del Pireo di trasformarsi in un "hub portuale dell'Europa sudorientale".
I porti europei nel mirino della Cina
L'acquisto del porto del Pireo da parte della Cosco è tutt'altro che un caso isolato.
Uno studio condotto per il Parlamento europeo elenca 24 acquisizioni cinesi di infrastrutture marittime europee tra il 2004 e il 2021. Gli investimenti cinesi nelle infrastrutture europee, in particolare nei porti, sono aumentati dopo la crisi dell'euro.
Queste acquisizioni vengono effettuate principalmente da tre giganti cinesi: Cosco, China Merchants e Hutchison Port Holdings.
China Merchants Port (Cmp), ad esempio, possiede quote dei porti di Anversa (Belgio), Fos e Le Havre (Francia).
Dal canto suo, Cosco è azionista di maggioranza dei porti di Zeebrugge (Belgio) e Valencia (Spagna) e possiede quote del porto di Vado Ligure (Italia) e Rotterdam (Paesi Bassi).
"La Cina aveva bisogno di esportare la sua sovrapproduzione. L'accesso al mercato unico europeo era quindi particolarmente importante", spiega l'analista dell'Istituto Agarda, Francesca Ghiretti.
Rischi di dipendenza
"L'Europa dipende fortemente dalla Cina. Gran parte del commercio tra Europa e Cina è trasportato da compagnie di navigazione statali cinesi come la Cosco", spiega Ghiretti.
Tuttavia, la portata dell'influenza cinese su un porto dipende da tre fattori: se l'investitore è un'impresa statale cinese; se l'investimento è finalizzato allo sviluppo dell'infrastruttura e non solo all'acquisizione; se l'azionista è di minoranza o di maggioranza", spiega l'analista.
Un altro elemento strategico è in gioco: l'integrazione verticale. "Le aziende di proprietà statale come Cosco tendono a essere completamente integrate nella loro catena di fornitura con altre aziende cinesi. Così creano una sorta di ambiente chiuso in cui hanno fornitori cinesi", spiega l'analista. Questo crea "un terreno fertile per la proliferazione di altre aziende cinesi", aggiunge.
Investimenti che fanno rumore
La ricercatrice evidenzia anche il rischio di coercizione economica: la Cina potrebbe esercitare pressioni sull'Ue minacciando di applicare misure che incidono sul commercio attraverso il controllo di alcuni porti.
Nel 2021, la Cina ha ridotto le sue relazioni diplomatiche con la Lituania in seguito all'apertura di un "ufficio di rappresentanza di Taiwan" a Vilnius.
Il rapporto individua anche potenziali rischi per la sicurezza e la cyber-sicurezza dell'UE, "legati, ad esempio, alla vicinanza di alcuni porti in cui le aziende statali cinesi stanno investendo a basi militari Nato o europee", spiega Ghiretti. Infine, questi investimenti potrebbero comportare rischi di sabotaggio e spionaggio, sottolinea il rapporto.