Argentina, in migliaia in piazza a Buenos Aires protestano contro le riforme di Milei

Scontri tra manifestanti e la polizia a Buenos Aires
Scontri tra manifestanti e la polizia a Buenos Aires Diritti d'autore Gustavo Garello/Copyright 2023 The AP. All rights reserved
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Di Ilaria CicinelliEuronews
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Il decreto introdotto in Argentina dal neopresidente Milei prevede privatizzazione delle principali aziende statali e l'abolizione di numerosi sussidi da cui molti argentini dipendono. Stretta anche sulle manifestazioni, i sindacati denunciano: "Provvedimento incostituzionale"

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Mercoledì migliaia di persone hanno manifestato per la terza volta in otto giorni a Buenos Aires contro un decreto di deregolamentazione massiccia dell'economia da parte del nuovo presidente ultraliberista Javier Milei. Non sono mancati scontri con la polizia e arresti.

Il presidente ha dato così il via alla sua "rivoluzione liberale" presentando al parlamento, una serie di progetti di legge o emendamenti che riguardano diversi ambiti della sfera pubblica e privata, dalla tassazione alle questioni elettorali e al controllo delle manifestazioni.

Un decreto basato sulla Costituzione del 1853

La scorsa settimana, dieci giorni dopo il suo insediamento, Milei ha pubblicato un "Dnu", Decreto di necessità e urgenza, che mira a modificare o abrogare più di 300 regolamenti. Il provvedimento in questione prevede di abolire il controllo degli affitti e l'intervento dello Stato per proteggere i prezzi dei prodotti essenziali. Questo mina le garanzie dei lavoratori e dà il via alle privatizzazioni.

Il pacchetto di oltre 600 articoli presentato mercoledì, chiamato solennemente "Legge delle basi e dei punti di partenza per la libertà degli argentini", mira, secondo la presidenza, "a ripristinare l'ordine economico e sociale basato sulla dottrina liberale incarnata nella Costituzione del 1853", in "difesa della vita, della libertà e della proprietà degli argentini".

I dubbi sulla costituzionalità: la protesta dei sindacati

Fuori dal Palazzo di Giustizia, i manifestanti insieme ai sindacati, tra cui la grande Confederazione Generale del Lavoro (Cgt), hanno sostenuto il ricorso legale che contesta l'incostituzionalità del "mega decreto" del 20 dicembre.

La manifestazione si è dispersa pacificamente dopo mezzogiorno, ma tra alcuni gruppi e la polizia ci sono stati momenti di tensione e spintoni. Secondo i media, sette persone sono state arrestate per ribellione.

La protesta dei sindacati a Buenos Aires
La protesta dei sindacati a Buenos AiresRodrigo Abd/Copyright 2023 The AP. All rights reserved

Il decreto entrerà in vigore venerdì, in attesa della sua convalida da parte del parlamento, che non dovrebbe esaminarlo immediatamente. L'Assemblea nazionale ha il potere di abrogare questo "decreto d'emergenza" con una maggioranza assoluta in entrambe le camere, che nessun partito politico detiene. Il partito di Milei, Libertad Avanza, è solo la terza forza, anche se può contare sull'appoggio del blocco di centro-destra, il secondo più grande.

Cosa cambia tra privatizzazioni e austerità

Il provvedimento intende cambiare il sistema elettorale abolendo le elezioni primarie obbligatorie, che secondo l'esecutivo sono costose per il contribuente oltre ad aumentare le sanzioni penali per ostacolare le manifestazioni. Si propone anche di modificare le pensioni, con un metodo di calcolo automatico definito "economicamente sostenibile".

Il testo specifica inoltre le 41 aziende pubbliche - tra cui il gigante petrolifero Ypf, la compagnia aerea Aerolineas Argentinas e la compagnia ferroviaria Ferrocarriles Argentinos - che lo Stato vuole privatizzare.

La svalutazione del peso argentino di oltre il 50% e l'imminente riduzione dei sussidi per i trasporti e l'energia a gennaio incideranno sulla vita quotidiana di milioni di argentini.
Per il governo l'obiettivo è quello di ridurre drasticamente il cronico deficit di bilancio dell'Argentina, impantanato in un'inflazione del 160% su base annua.

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