Come si è evoluto il ruolo dell'Interpol nella lotta al crimine organizzato?

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Di Sergio Cantone
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Da quando il crimine organizzato è diventato globale si è infiltrato sempre di più nella politica e nell'economia mondiali: una nuova sfida per le organizzazioni internazionali e le forze dell'ordine. Ne abbiamo parlato con il Segretario Generale dell'Interpol, Jürgen Stock

Da quando il crimine organizzato è diventato globale si è infiltrato sempre di più nella politica e nell'economia mondiali. Si prospettano quindi nuove sfide per le organizzazioni internazionali e le forze dell'ordine. Ne abbiamo parlato con il Segretario Generale dell'Interpol, Jürgen Stock.

Come funziona la cooperazione tra le forze di polizia e lo scambio di informazioni dall'inizio della guerra in Ucraina?

Il mandato dell'Interpol, nonostante le circostanze politiche e le difficoltà, è quello di facilitare almeno un livello minimo, o il miglior livello possibile, di cooperazione internazionale di polizia. Quindi, se si tratta di un conflitto politico, dobbiamo ovviamente evitare che i nostri strumenti e servizi vengano abusati per scopi politici. Stiamo prendendo questo ruolo molto seriamente. Allo stesso tempo cerchiamo di tenere aperti i canali della cooperazione internazionale di polizia perché i criminali provano ad approfittare di ogni crisi. In particolare, per quanto riguarda il conflitto tra Russia e Ucraina, siamo molto preoccupati per le armi che vengono consegnate e che in seguito potrebbero finire in altri teatri di guerra nel mondo. Lo abbiamo visto nei Balcani, ci sono molti esempi. I criminali cercano di sfruttare le vittime di questo conflitto che cercano di lasciare il Paese in cerca di un rifugio per donne e bambini.

Potete contare sulla piena collaborazione, ad esempio, della polizia e dei servizi di sicurezza russi, per quanto riguarda l'accesso ai database, e la piena cooperazione in termini di fornitura di nomi o addirittura di prove di queste attività criminali?

L'Interpol fornisce una piattaforma per la cooperazione internazionale. Quello che vediamo, per quanto riguarda questo conflitto, è che c'è ancora un po' di traffico in corso, un po' di scambio di informazioni per quanto riguarda quelli che chiamiamo reati comuni. Quindi non reati di matrice politica. In quel caso l'Interpol deve stare alla larga, perché non siamo un'organizzazione politica.

Sì, lo dice l'articolo tre dello statuto.

L'articolo tre è di estrema importanza. Lo statuto dice che dobbiamo applicare rigorosamente questa regola. Ci concentriamo sui reati comuni di criminali che cercano di sfruttare questa crisi. Lavoriamo duro per mettere in contatto tutti i Paesi della regione.

Anche perché le organizzazioni criminali erano già attive ben prima della guerra. Lei ha già citato la 'Ndrangheta, per esempio, che aveva reti molto sviluppate sia in Ucraina che in Russia. Ed è molto difficile pensare che ora, a causa della guerra, questa rete sia stata eliminata.

Lei ha ragione. Dobbiamo comprendere la flessibilità del crimine organizzato transnazionale. Sono sempre alla ricerca di nuove opportunità per fare soldi. Lo abbiamo visto durante la pandemia: c'è stata una sorta di pandemia parallela di crimini informatici. I criminali si sono spostati molto rapidamente verso le nuove vulnerabilità. Nel mondo di oggi le vulnerabilità, purtroppo numerose ovunque, sono considerate opportunità dai criminali. I nostri database vengono consultati in continuazione, più di 280 volte al secondo. Non è possibile cogliere la complessità del crimine odierno se non si utilizza una piattaforma centralizzata in cui raccogliere tutte le informazioni. La nostra ambizione è quella di restituire informazioni arricchite, aiutare a collegare i punti.

Potete fare affidamento sui vostri colleghi russi?

L'importante è non mettere il timbro su nessuna informazione proveniente dai nostri Paesi membri. Questo vale per tutti i Paesi membri: a partire dal 2016 qui al Segretariato ho creato un enorme apparato per controllare ogni informazione. Per esempio, la richiesta di pubblicare una red notice, lo strumento di grande successo che aiuta ogni anno ad arrestare migliaia di criminali in tutto il mondo. Vogliamo essere certci che questo e altri strumenti non vengano abusati o usati impropriamente per scopi politici o militari.

Ci sono crimini perpetrati dalla criminalità organizzata che sono intrinsecamente legati ad aspetti militari, per esempio il traffico di armi. Come affrontate questo problema?

Il 5% delle informazioni richiede un processo di esame approfondito. E anche in questo caso ho sviluppato un processo complesso, se ne occupa un nutrito team di esperti. Se abbiamo seri dubbi che una richiesta non sia in linea con il nostro statuto, la rifiutiamo.

Ci sono casi di violazione dei diritti umani, abusi sui minori, traffico di esseri umani: molti di questi crimini rientrano in quelli che sono considerati crimini di guerra. Come vi comportate in questo caso?

È una considerazione da fare caso per caso. Ogni caso va valutato da diverse angolazioni. È necessario raccogliere informazioni da varie fonti, non solo dal Paese richiedente, ma anche da altri Paesi che potrebbero avere informazioni su una persona, ad esempio se questa ha ottenuto lo status di protezione o di rifugiato. In quel caso non intraprendiamo alcuna azione e rifiutiamo qualsiasi richiesta, comprese quelle per una red notice.

L'intelligenza artificiale è fortemente legata al mondo virtuale di Internet: è un mondo extra-giuridico in cui vengono commessi molti crimini. Quindi cosa chiedete agli Stati, ai leader mondiali o alle istituzioni internazionali?

Prima di tutto, devono comprendere la complessità e la minaccia che questo tipo di crimini rappresentano per la sicurezza nazionale. Per quanto riguarda l'intelligenza artificiale stiamo contribuendo, ad esempio, con un prodotto che abbiamo distribuito molto recentemente: è un kit di strumenti per le forze dell'ordine nazionali per un uso responsabile dell'intelligenza artificiale. Non possiamo dire ai nostri Paesi membri cosa devono fare, ma vogliamo almeno fornire una guida per l'utilizzo di questi strumenti, che devono essere usati. Altrimenti, non potremo gestire i big data e questa grande quantità di informazioni. Tutto questo aiuta l'Interpol. Grazie al nostro database sullo sfruttamento sessuale dei minori online abbiamo salvato più di 30.000 vittime di abusi sessuali. Ogni foto, ogni immagine, è una scena del crimine.

Non crede che ci sia una carenza alla base perché la lobby di Internet negli Stati Uniti ha una forte presa sul governo federale?

Non si tratta solo di un Paese in particolare. È una minaccia globale, perché ha una dimensione globale.

Ma la maggior parte di queste aziende sono statunitensi.

Certo, ma è da tanto tempo, credo dieci o quindici anni, che discutiamo delle le norme di sicurezza necessarie. Ai legislatori abbiamo detto che la situazione è molto seria. Si tratta di questioni che riguardano la sicurezza nazionale in tutto il mondo. Non spetta all'Interpol decidere che tipo di conseguenze politiche trarre, ma immaginate se l'Interpol non esistesse: a 100 anni dalla sua creazione non avremmo una piattaforma in cui i Paesi membri possono condividere informazioni nonostante le turbolenze politiche, anche se non esistono legami diplomatici o se i Paesi sono in conflitto. Ed è l'Interpol a dire ai Paesi membri fino a che punto un gruppo criminale transnazionale ha esteso i suoi tentacoli in diversi continenti. Questa è la vera dimensione del crimine organizzato oggi. Non si tratta solo di attraversare confini internazionali o continenti. È un'azienda globale.

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