Breve conversazione con Toquinho, a margine del suo concerto vicino a Pordenone, per il festival Vocalia. Parla della sua epoca, ma guarda anche con ottimismo al futuro. C'è un fermento, qualcosa sta ripartendo...
Una vita tra Brasile e Italia, una vita tutta da raccontare, dalla collaborazione con Morricone, Ornella Vanoni e tanti altri, ma anche la vita del suo Brasile, quel fiorire di talenti e d'idee che ha caratterizzato la sua epoca. A Maniago, Pordenone, nel recente festival Vocalia, c'era anche lui: Toquinho, oltre a Tosca e gli Extraliscio. S'è raccontato al pubblico, ha suonato i suoi cinquant'anni di carriera, poi ci ha raccontato del suo Brasile rispetto a quello di oggi: era un'altra epoca, dice. Ci sono talenti anche oggi, ci sono grandi star, ma in ordine sparso. Allora era un movimento: nella musica, nell'architettura, andava tutto di pari passo.
Un'idea, una a caso: fare il Ministro, magari della cultura come aveva fatto il suo collega Gilberto Gil con Lula presidente, che è di nuovo lì - chiunque vinca, avremo davanti un grande passato, aveva detto Toquinho prima del voto, e... no, un ministero non lo acceterebbe, ma non per polemica: dice che è un lavoro troppo stressante, dev'essere un'enorme pressione - riflette - e poi se fai il ministro devi smettere di fare il tuo lavoro. E questo no, Toquinho non è pronto ad accettarlo.
Niente ministero, allora. Ma qualche consiglio forse sì: cosa serve, cosa si può fare per la cultura? E lui, almeno sui fondi pubblici destinati al settore, è ottimista.
Non ci resta che approfittare della presenza di un personaggio del genere per suggere un po' del suo ottimismo anche sulla situazione in Europa: ce la descrive così, con un pizzico di sana follia. Dice che dopo due anni e mezzo di pandemia, con tutti più o meno fermi, con la guerra in corso, ovviamente si soffre, ma è anche un punto di ripartenza. Dice di avere l'impressione che si stia creando quel fermento, ora. Quell'energia.