L'Iraq nel caos per lo scontro inter-sciita

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Di ANSA e Euronews
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Iraq: assalto al governo di Baghdad dopo le dimissioni del vincitore delle ultime elezioni il leader sciita Moqtada al Sadr

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L' Iraq è sempre più dilaniato dalla contesa inter-sciita tra il leader Moqtada al Sadr, vincitore alle ultime elezioni, e i partiti armati filo-iraniani, sconfitti alle urne ma da anni parte del sistema egemonico iracheno. Alcune fonti accusano membri delle milizie jihadiste sciite filo-iraniane, ostili proprio ai sadristi, che hanno strappato e dato alle fiamme i simboli dell'influenza iraniana in Iraq scatenando lo scontro di piazza. Peraltro i manifestanti fedeli a Muqtada al-Sadr si sono precipitati nei sontuosi saloni e nelle sale marmoree dei palazzi del governo in segno di rivolta.

La difficile mediazione statunitense

John Kirby, portavoce del dipartimento della difesa degli Stati Uniti ha chiesto che  "(...) la sicurezza, la stabilità e la sovranità dell'Iraq non siano messe a repentaglio ed ha esortato al dialogo, non al confronto armato". "Soprattutto - ha detto - esortiamo le persone coinvolte a mantenere la calma, ad astenersi dalle violenze e a perseguire vie pacifiche di conciliazione".

Morti e feriti a Baghdad

Il bilancio provvisorio delle violenze sale col passare delle ore: 15 sono le persone uccise negli scontri e decine sono i feriti da colpi di arma da fuoco esplosi da non meglio precisati uomini armati. L'esercito aveva prima annunciato l'imposizione del coprifuoco a Baghdad e poi, in serata di lunedì, ha esteso la misura a tutto il Paese ma le violenze sono proseguite, con scontri nelle strade di miliziani delle fazioni rivali. Molte fonti puntano il dito contro le forze di sicurezza governative, intervenute con gas lacrimogeni e "proiettili sparati ad altezza uomo" per disperdere la folla.

Chi è Sadr

Sadr, che vanta discendenze dirette dal profeta Maometto, è rampollo ormai maturo di una delle casate sciite più influenti di tutto il Medio Oriente, con ramificazioni dall'Iran al Libano. Bollato a lungo come leader populista e radicale, l'ex capo delle milizie anti-americane nell'Iraq post-Saddam ha nel corso degli anni preso sempre più le distanze dal vicino Iran e rafforzato la base di consenso: traducendo la popolarità in una serie di successi elettorali, fino alla vittoria registrata alle consultazioni di ottobre scorso (73 seggi sui 329 totali).

In un Medio Oriente in cui i governi non vengono quasi mai guidati da chi vince le elezioni bensì da oligarchie pronte a dividersi la torta del potere attraverso l'alchimia dell'unità nazionale, Sadr ha per mesi insistito, invano, nel voler ricoprire un ruolo di spicco sia nella scelta del premier (uno sciita) sia nella nomina del capo di Stato (un curdo), cariche entrambe vacanti. Dentro e fuori l'Iraq, dominato dalla spartizione di influenza iraniana e statunitense, nessuno ha sostenuto la formula di Sadr, che ha fatto più volte ricorso alla sua arma migliore: la mobilitazione dei suoi seguaci.

Di fronte all'ennesimo stallo, Sadr ha prima ritirato tutti i suoi deputati e ha poi chiesto lo scioglimento del parlamento, mosse rivelatesi inefficaci. Ha così invitato, sabato scorso, tutti i leader politici, lui compreso, a ritirarsi da ogni carica politica. Fino all'ultimo annuncio che ha fatto precipitare gli eventi.

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