Libertà di stampa e rischio propaganda: un equilibrio difficile

Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha rilasciato di recente un 'intervista al programma Zona Bianca di Rete4
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha rilasciato di recente un 'intervista al programma Zona Bianca di Rete4 Diritti d'autore AP Photo
Di Vincenzo Genovese
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Una recente intervista del ministro degli Esteri russo ha acceso il dibattito in Italia, mentre la Commissione europea chiede di “contestualizzare“ i giornalisti invitati nei programmi televisivi. Ma anche la decisione di bandire RT e Sputnik rimane controversa

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 Una controversa intervista del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha incendiato un dibattito già molto acceso in Italia, che riguarda la difficoltà di conciliare libertà d'espressione e tutela del pubblico dal rischio di propaganda. La stessa questione che si dibatte quando in trasmissioni televisive italiane appaiono giornalisti russi, accusati di essere utilizzati dal governo di Mosca per veicolare la propria narrativa.

Giornalisti da “contestualizzare”

A questo proposito è intervenuta pure la Commissione europea, che per bocca di un suo portavoce ha invitato le trasmissioni televisive a “contestualizzare” gli ospiti che invitano, per facilitare al pubblico la comprensione delle loro parole.

In particolare, il problema sarebbe rappresentato da coloro che lavorano per testate russe con provati legami con il Cremlino, come la televisione RT o il sito Sputnik, che dall'inizio di marzo sono stati banditi dal territorio dei 27 Stati membri.

“La libertà d'espressione non può essere invocata per aggirare le sanzioni“, le parole del portavoce Johannes Bahrke, che pone la questione dell'aggiramento del divieto, visto che i giornalisti dei media banditi riescono comunque a far sentire la propria voce nelle case degli europei.

Una decisione controversa

La stessa decisione di sospendere le trasmissioni di questi, pur discutibili, mezzi di informazione rimane controversa. Il Consiglio dell'Unione europea, su input politico della Commissione, ha sospeso le attività di radiodiffusione nell'UE “fino a quando non si porrà termine all'aggressione nei confronti dell'Ucraina e finché la Federazione russa e i suoi organi di informazione non cesseranno di condurre azioni di disinformazione e manipolazione delle informazioni nei confronti dell'Ue e dei suoi Stati membri“.

Una scelta motivata dal fatto che Sputnik e RT (in precedenza nota come Russia Today) sono sotto il controllo permanente, diretto o indiretto, delle autorità della Federazione russa e sono considerate essenziali per sostenere l'aggressione militare nei confronti dell'Ucraina e per la destabilizzazione dei Paesi vicini. Quella dell'Unione europea sarebbe quindi una contromossa rispetto alla “sistematica campagna internazionale di disinformazione, manipolazione delle informazioni e distorsione dei fatti“.

Rischio censura politica

Combattere la disinformazione con la censura è però un errore, secondo un appello lanciato dalla Federazione europea dei giornalisti all'indomani del divieto di trasmissione. Secondo la federazione questo potrebbe creare un pericoloso precedente che rischia di minare la libertà di espressione e di stampa, visto che a estromettere le due testate dal mercato europeo sono stati i politici.

”Questa decisione è stata presa e messa in atto concretamente dai governi nazionali”, spiega a Euronews Ricardo Gutiérrez, il segretario generale della Federazione. 

”I principi delle leggi sui media in Europa non danno ai governi il diritto di mettere fuori legge i mezzi di informazione, compresi quelli responsabili di propaganda. Nelle democrazie liberali il compito di autorizzare o vietare le trasmissioni spetta ad orgnismi regolatori indipendenti”.

In questo caso, però, soltanto sei Paesi hanno seguito la procedura corretta, afferma Gutiérrez. In tutti gli altri casi, compresa l'Italia, è stato il governo ad agire, minando a suo parere l'indipendenza che l'informazione deve avere dal potere politico. 

A suo parere, le due testate potrebbero vincere una causa legale contro le istituzioni europee, che potrebbe essere presentata non solo presso la Corte di Giustizia dell'Unione europea (cosa che la branca francese di RT ha peraltro già fatto), ma anche presso la Corte europea dei diritti dell'Uomo di Strasburgo, che non è un'istituzione comunitaria e si occupa anche di casi di violazione della libertà di espressione.

Gutiérrez trova inoltre ”scioccante” l'invito a contestualizzare gli ospiti da parte della Commissione, da cui, dice, ”non accetta lezioni di giornalismo”. Anche perché i colleghi sono sempre più vittime di un conflitto mediatico.

“Non solo la Russia, ma anche i Paesi europei stanno usando i giornalisti e i media come armi. Da giornalisti dobbiamo rifutarci di prendere parte a questa guerra d'informazione“.

L ' intervista integrale a Ricardo Gutiérrez, segreatario generale della Federazione europea dei giornalisti

Un'operazione eccezionale

Il quadro legale dell'operazione viene spiegato a Euronews da Alberto Alemanno, professore di diritto europeo all'École des hautes études commerciales di Parigi. 

“In tempi normali l' Unione europea non ha le competenze per imporre sugli Stati membri sanzioni che riguardano i mezzi di informazione, né di farlo nei confronti di media che hanno la propria sede in Paesi terzi“, dice il professore. Evidentemente, tuttavia, questi non sono tempi normali.

“In questa specifica circostanza, l'Unione europea si appoggia al quadro legale della sua polica estera comune di sicurezza, che le consente di agire all'unanimità per ridurre o interrompere, in tutto o in parte, ogni tipo di relazione economica con un Paese terzo“.

L ' intervista integrale ad Alberto Alemanno, professore di diritto europeo all'École des hautes études commerciales di Parigi

In pratica la decisione è resa possibile dal fatto la manipolazione sistematica delle informazioni possa costituire un serio pericolo all'ordine pubblico nel territorio dell'Unione. Una valutazione basata sul fatto che la guerra d'informazione incida sulla sicurezza europea. 

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Le restrizioni saranno in vigore finché gli Stati stessi non decideranno di sospenderle e anche questo potrebbe costituire un precedente problematico, in cui la “pericolosità” di un mezzo di informazione viene decisa dal potere politico.

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