Turismo sotterraneo in Libia: le case millenarie scavate dai berberi

Casa tribale libica
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Di Giulia Avataneo
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Vi piacerebbe passare una notte in una casa scavata a mano nella roccia? È un'esperienza che si può fare in Libia e su cui la popolazione locale punta per il rilancio del turismo.

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A Gharyan, una città arroccata sulle montagne della Libia nord-occidentale, alcune decine di abitazioni tribali hanno resistito al passare dei milenni e alla modernità. I proprietari ora sognano di trasformarli in un'attrazione turistica.

Scolpite nella roccia con attrezzi rudimentali, queste abitazioni scavate anche duemila anni fa, chiamate "damous" si fondono con i pendii rocciosi del luogo, e attraversano le frontiere - un tempo inesistenti - con la Tunisia. La loro costruzione richiede una profonda conoscenza del territorio, come spiega Al-Arbi Belhaj, discendente del costruttore di una casa sotterranea a Gharyan.

"I miei avi hanno costruito questo cortile sotterraneo tre secoli e mezzo fa, scavando con la sola forza delle braccia e portando via le macerie con cesti intrecciati di foglie di dattero. In genere viene scelto un luogo in pendenza, semicircolare, in cui si ricavano tre o quattro stanze. L'altra metà del cerchio viene completata con un muretto. Per metà quindi è una casa esistente in natura, per metà è costruita."

Costruzioni millenarie

Miti d'inverno e fresche d'estate, erano progettate per tutti gli usi della società dell'epoca e allo stesso tempo per passare inosservate, resistendo alle invasioni. Erano visitate dai turisti prima della caduta del regime di Gheddafi. Poi è diventato più complicato, per l'insicurezza del Paese. Ma si possono ancora vedere pagando un biglietto.

Già nel 1936, l'Italia, l'ex potenza coloniale in Libia, cercò di valorizzarle pubblicando la prima guida turistica di queste costruzioni primitive, ormai abbandonate dai proprietari che si erano trasferiti in case più funzionali.

Alcune abitazioni hanno più di 2.300 anni, ma rimangono poche tracce di quelle più antiche. Abitato fino al 1990, il damous della famiglia Belhaj è diventato un'attrazione turistica dopo il restauro. I visitatori possono passeggiare da una stanza all'altra pagando un prezzo simbolico. "L'ingresso costa l'equivalente di un dollaro per i libici, due dollari per gli stranieri", spiega Belhaj.

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