Almeno otto allarmi bomba sono scattati negli ultimi dieci giorni sui voli di Air Serbia diretti in Russia in seguito a segnalazioni anonime.
Almeno otto allarmi bomba sono scattati negli ultimi dieci giorni sui voli di Air Serbia diretti in Russia in seguito a segnalazioni anonime. Belgrado è l'unica capitale a proporre ancora voli verso Mosca e San Pietroburgo, e il cui spazio aereo è ancora aperto ai velivoli russi.
Nessun ordigno esplosivo è mai stato trovato a bordo. Si tratterebbe dunque di tentativi di sabotaggio per impedire alla compagnia nazionale serba di operare i voli diretti in Russia, il cui numero è raddoppiato da quando il resto d'Europa ha chiuso i propri cieli. Fare tappa in Serbia è in effetti uno dei modi più semplici per passare dall'Europa alla Russia dopo la chiusura dello spazio aereo.
Una procedura lunga e costosa
La procedura infatti è lunga e genera costi notevoli per la compagnia, che deve richiamare il velivolo all'aeroporto di partenza, parcheggiarlo a distanza dagli altri terminal e infine ispezionarlo con l'aiuto di robot e unità cinofile. Le modalità di ricezione del falso allarme anonimo sono diverse. Nel recente caso del 17 marzo, per esempio, in tarda serata è giunta una mail ai responsabili dell'aeroporto Nikola Tesla della capitale serba con la segnalazione di una presunta bomba a bordo di un velivolo diretto a Mosca. I controlli di polizia e antiterrorismo non hanno tuttavia riscontrato la presenza di alcun ordigno.
Da qualche giorno Air Serbia ha ridotto il numero di voli, tornando agli 8 servizi settimanali esistenti prima dello scoppio del conflitto. I prezzi dei biglietti sono schizzati a più di 600 euro e potrebbero aumentare ancora.