Cucinare (e mangiare) con i rifugiati, per vincere i pregiudizi. Con l'emergenza ucraina alle porte, un'associazione lancia un nuovo concetto: valorizzare il potere aggregatore della cucina, per avvicinare esiliati e residenti delle città che li accolgono. La fondatrice: "Così evolve la società"
**La ricetta: residenti e rifugiati intorno a un tavolo per scoprirsi e fare amicizia **
Preparare - e poi mangiare - con i rifugiati, per vincere i pregiudizi e far evolvere lo sguardo della società. Arrivati da Togo e Congo Brazzaville, André e Raymonde si sono integrati in Francia, anche grazie a questa iniziativa. “Qui siamo tutti mischiati. Noi rifugiati e la popolazione locale, gli abitanti di Lione -, ci dice lui, mentre taglia della frutta, accanto a una pensionata che abita nel quartiere -. Fino a pochi minuti fa non conoscevo nessuno. Poi, ci siamo tutti messi a preparare insieme e così si comincia a fare amicizia". In Francia da due mesi appena e ancora in un centro d'accoglienza, Raymonde gli fa eco con le lacrime agli occhi: “Veniamo per condividere la nostra passione della cucina, le ricette dei nostri paesi. E poi finiamo per stringere dei legami - racconta -. È davvero un'esperienza unica, quella che che stiamo vivendo".
La fondatrice: "Il potere aggregatore della cucina a servizio dell'integrazione"
All'origine dell'iniziativa: "Le Recho", un progetto tutto al femminile, creato dall'attrice e cuoca Vanessa Krycève insieme ad altre 11 donne. “Che si tratti di ucraini o di afgani, accogliamo tutti a braccia aperte - ci spiega -. Il nostro concetto consiste nel valorizzare il potere aggregatore della cucina, per creare delle occasioni di incontro fra persone che altrimenti non si frequenterebbero. Siamo quindi nati con l'obiettivo per costruire dei legami tra i rifugiati e i residenti delle città che li accolgono, attraverso degli atelier di cucina prima e delle tavolate in cui si mangia tutti insieme poi".
"In questa iniziativa, le premesse di un nuovo mondo. Agli antipodi di Wall Street, per far trionfare la vita"
22.000 i pasti preparati dall'associazione "Le Recho" insieme ai rifugiati, dalla sua creazione nel 2016. Un concetto, che sembra seduire anche i residenti, arrivati da tutta la città nell'orto associativo che ospita la tappa lionese dell'iniziativa. Tra loro anche Bénédicte Pasieczink, residente del quartiere e consigliera municipale nel 7° arrondissement della città di Lione. "Occasioni come questa non possono che permettere di conoscersi meglio e di andare oltre i pregiudizi", ci dice. Poco distante, al termine di una lunga tavolata, un signore più anziano mangia soddisfatto insieme a una coppia di coeteani. "Manifestazioni di questo genere - ci dice -, incarnano le premesse di un nuovo mondo. Siamo agli antipodi di Wall Street e del capitalismo. E a guadagnarci è la vita".
**A Parigi anche un ristorante per trasformare i rifugiati in chef **
Passati a Lione a inizio marzo, atelier e pasti per l'integrazione organizzati da "Le Recho", torneranno a giugno a Strasburgo, in occasione della settimana dei rifugiati. In una ex caserma della gendarmeria, riconvertita in luogo d'incontro e solidarietà, l'associazione gestisce a Parigi anche un ristorante per l'inserimento professionale. Rifugiati ed esiliati vi possono cioè apprendere l'arte della cucina, per avviarsi ai mestieri della ristorazione e fare un passo in più verso l'integrazione.