I timori per le telecamere intelligenti di Belgrado arrivano fino a Bruxelles

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Di Julian GOMEZ
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Le 1.200 telecamere intelligenti a installate a Belgrado servono solo a proteggere i cittadini potrebbero essere utilizzate anche per sorvegliarli? La polemica è arrivata fino alle istituzioni Ue

Le 1.200 telecamere intelligenti a installate a Belgrado servono solo a proteggere i cittadini potrebbero essere utilizzate anche per sorvegliarli? La polemica è arrivata fino a Bruxelles.

Un sistema intrusivo in una città relativamente sicura

In una strada trafficata di Belgrado incontriamo un esperto di sicurezza informatica che si è dato una missione. Andrej Petrovski di Share Foundation, ingegnere specializzato in informatica forense, sta segnalando con adesivi le telecamere che hanno, dice, il potenziale per effettuare il riconoscimento facciale: "Queste telecamere sono in grado di riconoscere volti, oggetti, targhe, eccetera. In pratica possono identificare ogni transazione umana che accada nei dintorni. Tutti questi dati possono essere poi archiviati in una banca dati gestita dal Ministero dell'interno e dalla polizia, che possono quindi analizzarli e confrontarli con altri dati e informazioni di cui potrebbero disporre".

Gli attivisti per i diritti digitali affermano di aver localizzato almeno 1.200 telecamere intelligenti, tutte fornite dal colosso cinese Huawei. Le autorità negano con veemenza di utilizzare software di riconoscimento facciale e sostengono che le telecamere si limitano a controllare il traffico e a combattere il crimine in maniera convenzionale.

Parole che non convincono gli attivisti, i quali hanno disegnato uno schema di quella che sostengono essere la piattaforma di sorveglianza. Per Petrovski "Belgrado è una città relativamente sicura. Noi esperti non riteniamo che ci siano basi ragionevoli per implementare un sistema così intrusivo in una città come Belgrado".

Le loro fonti, prosegue, derivano direttamente dalle autorità: "Il Ministero dell'interno - spiega - ha prodotto due valutazioni d'impatto sulla protezione dei dati, che sono documenti prescritti dalla legge sulla protezione dei dati in Serbia, e le ha presentate al Commissario per la protezione dei dati, l'autorità serba per la privacy. Il Commissario ha respinto entrambe le valutazioni d'impatto perché non erano complete. Ma c'erano comunque parecchie informazioni che abbiamo potuto usare".

Secondo gli attivisti, il fatto stesso che il governo abbia consultato il Commissario per la protezione dei dati personali ne dimostra l'intenzione di fare uso della sorveglianza biometrica.

Mancanza di trasparenza

Cinque anni fa il ministero dell'interno e Huawei hanno siglato un contratto con l'obiettivo di incrementare la sicurezza stradale. Se ne ignora il costo totale, dicono gli attivisti, ma si stima che sia dell'ordine di decine di milioni di euro.

Abbiamo contattato più volte la presidenza della repubblica, l'ufficio del primo ministro, il ministero dell'interno e la polizia. Nessuno ha accettato di parlare con noi. Ha invece accettato di incontrarci il Commissario per la protezione dei dati personali. Milan Marinović dice che il governo gli ha assicurato di non utilizzare software di riconoscimento facciale, poiché le leggi non consentono l'elaborazione di dati biometrici. Ma ha ammesso che c'è una mancanza di trasparenza: "Si sa poco, il che solleva sospetti nei cittadini. E questo non dovrebbe avvenire. Penso che il governo o il ministero dell'interno non abbiano motivo di proteggere le informazioni sui loro piani, a che punto siano quei piani in questo momento e in che modo siano eseguiti attraverso i progetti del governo 'Safe City' e 'Safe Society'".

Quali sono le principali domande e lamentele che il Commissario per la protezione dei dati personali riceve dai cittadini di Belgrado? "Si parla sempre di più di riconoscimento facciale e trattamento dei dati personali - ammette Marinović -. Ai cittadini mancano le informazioni, quindi vengono da noi in cerca di risposte. Sono preoccupati per la quantità di telecamere che stanno venendo installate. Vogliono conoscere il numero di spazi pubblici dove sono state installate le telecamere. E vogliono sapere se i loro dati personali vengano elaborati in questo momento oppure no".

Le inquietudini di Bruxelles

La questione è arrivata fino alle istituzioni europee, essendo la Serbia paese candidato all'adesione. Le attuali norme europee sulla protezione dei dati vietano il trattamento dei dati biometrici al solo scopo di identificazione personale, tranne in condizioni molto specifiche, ci ha spiegato la portavoce dell'Unione europea per l'allargamento Ana Pisonero: "In quanto paese candidato, la Serbia si è impegnata ad allineare la sua legislazione all'acquis dell'Unione europea presente e futuro, anche in materia di protezione dei dati personali. La Serbia ha adottato a tal fine nel 2018 una nuova legge sulla protezione dei dati personali. Monitoriamo la questione anche nel nostro dialogo politico con le autorità serbe, Ci hanno informato che la Serbia ha sospeso il trattamento dei dati personali biometrici fino a quando la legislazione pertinente non sarà modificata e allineata alla legge sulla protezione dei dati personali".

I pericoli della sorveglianza intelligente

Allora gli abitanti di Belgrado si devono preoccupare? Per sensibilizzare il pubblico, Vladimir Radunović e gli altri esperti di cybersicurezza dell'osservatorio Digital Watch hanno dotato una vecchia macchina da caffè di telecamere, sensori, microfoni e un semplice software in grado di immagazzinare facilmente ogni tipo di dati. La tecnologia ha reso la sorveglianza in tempo reale onnipresente, poco costosa e, dicono, pericolosa: "Se ci sono telecamere in tutta la città - spiega Radunović - e io mi sto spostando, e qualcuno dice: sistema, fammi sapere quando Vlada si trova qui o lì, fammi sapere quando lo vedi, e in questo modo mi seguono in tempo reale mentre mi sposto - e questo è possibile con il riconoscimento facciale -, be', questo è pericoloso. Posso dire: non sono un criminale, non m'interessa, come dicono molti: non ho niente da nascondere su dove vado e cosa faccio. Ma non è così, abbiamo bisogno di privacy, anche se non abbiamo fatto nulla di sbagliato, giusto?"

Oltre alla privacy, quali sono i potenziali pericoli della sorveglianza intelligente per i diritti umani? L'avvocata specializzata in protezione dei dati personali Nevena Ružić lavora per Open Society Foundaton Serbia, un'organizzazione a difesa delle libertà civili finanziata da George Soros. Risponde: "Parliamo di libertà di movimento, libertà di espressione, libertà di riunione. Parliamo anche di libertà di praticare la propria religione. Quindi parliamo di molte libertà e diritti previsti dalla nostra costituzione ma anche dalla Convenzione europea dei diritti umani. E dobbiamo mettere sulla bilancia le misure proposte, come per esempio il riconoscimento facciale in tutta la città con l'obiettivo di combattere le criminalità, così, senza nessuna specificazione, senza nessuna limitazione, con questi diritti e queste libertà".

Telecamere intelligenti e un quadro giuridico inesistente per il loro utilizzo. Attivisti sospettosi. Un governo che respinge le accuse senza però rispondere alle domande. Il rischio di sorveglianza biometrica a Belgrado è sotto... stretta sorveglianza.

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