Ungheria, centrale nucleare vicino a una faglia sismica: è sicura?

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Preoccupazioni per il sito dove sorge la centrale nucleare di Paks in Ungheria. Un recente studio dell'Università di Vienna rivela la possibile esistenza di una faglia sismica attiva

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L'allarme arriva dall'Austria, paese confinante. Secondo uno studio commissionato dal ministero dell'ambiente austriaco, la centrale nucleare di Paks in Ungheria sorge in prossimità di una possibile faglia sismica. L'espansione degli impianti, prevista dal governo ungherese, non soddisferebbe dunque gli standard internazionali di sicurezza.

Secondo Kurt Decker, coautore dello studio dell'Università di Vienna, "i dati non escludono, tra le altre cose, il pericolo potenziale di guasti. C'è poi la propensione a pensare che tali faglie siano proprio vicino al sito".

Decker, insieme a Esther Hintersberger, è l'autore del report commissionato dall'Agenzia per l'ambiente austriaca. La ricerca sostiene che i dati paleosismlogici confermerebbero l'esistenza di faglie attive nelle vicinanze del sito di Paks II. "Il sito di Paks II dovrebbe quindi essere ritenuto inadatto per la costruzione di una centrale nucleare", si legge nello studio.

Nonostante la possibile presenza di faglie, che potrebbero causare uno spostamento permanente del terreno in caso di terremoto, l'Agenzia ungherese per l'energia atomica (Haea) ha concesso la licenza per la costruzione di due nuovi reattori di fabbricazione russa.

Il geofisico ungherese Tamás János Bodoky parla di mancate valutazioni: "Sono state effettuate le misurazioni, ma non sono state valutate. Non le hanno interpretate, quindi non ci sono risultati affidabili. E, senza risultati, è impossibile escludere o provare qualcosa".

Bodoky sostiene che la probabilità di un evento avverso è molto bassa, ma non deve essere minimizzata, e sono necessari ulteriori esami. In ogni caso, il governo ungherese sostiene che l'Agenzia per l'energia nucleare rilascerà un permesso per l'espansione a settembre. 

Il progetto prevede un investimento da 12 miliardi e mezzo di euro, sostenuto da un prestito di 10 miliardi da Mosca.

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