I siriani sono chiamati al voto per le presidenziali, definite "farsa" dall'Occidente, che ufficializzeranno la riconferma del presidente uscente
Nelle aree controllate dal Governo del Paese dilaniato dalla guerra, i siriani sono andati al voto per le presidenziali che consegneranno nelle mani del presidente Assad il quarto settennato consecutivo.
Si tratta della seconda elezione dall'inizio del conflitto, etichettata come una farsa dall'opposizione e dai Paesi occidentali, compresi gli Stati Uniti.
L'amministrazione Biden ha affermato che non riconoscerà il risultato delle elezioni siriane a meno che il voto non sia libero, equo, supervisionato dalle Nazioni Unite e rappresenti tutta la società siriana.
"La mobilitazione che abbiamo visto nelle ultime settimane - dice Assad - è stata una risposta chiara alle critiche occidentali e dice loro: le vostre opinioni hanno valore zero, e voi valete dieci volte di meno".
Altri due candidati sono virtualmente in lizza, pur essendo figure poco note - Abdullah Salloum Abdullah e Mahmoud Ahmad Marie - ma la concorrenza ad Assad è vista come puramente simbolica.
Il controverso voto arriva mentre l'economia siriana è in caduta libera per gli eventi bellici, che hanno causato la morte di oltre 388.000 persone e sfollato metà della popolazione.
"Il voto mira a dire al mondo che lo Stato siriano, il Governo funziona ancora come una macchina, nonostante dieci anni di guerra civile - dice Ali Alavi, docente presso l'Università di Londra - le amnistie che lo Stato ha dichiarato per il ritorno dei profughi ed alcune manovre economiche non servono a dire che la Siria funziona ancora, il nord-ovest è ancora sotto il controllo dell'Esercito turco e il Paese sta affrontando molte altre questioni".
Assad è al potere dal 2000, quando è subentrato a suo padre Hafez, il quale aveva a sua volta governato per 30 anni.
Nonostante la guerra, che sembrava minacciare il suo Governo, Assad è rimasto in sella, sostenuto da Iran e Russia.
L'acuirsi della spaccatura tra Siria ed Occidente potrebbe costringere il regime di Assad a volgere ulteriormente lo sguardo verso gli Stati sostenitori e la Cina.