Dove eravamo rimasti? Dalla Libia agli scioperi per il clima, le storie oscurate dal coronavirus
Coronavirus, Covid-19, Sars-CoV-2, distanziamento sociale, tasso di letalità, quarantena... Da più di un mese ormai non si parla d'altro. Da quando, il 21 febbraio, è stato annunciato il primo caso a Codogno il virus arrivato dalla Cina occupa stabilmente le prime pagine dei giornali e monopolizza il palinsesto delle reti televisive. Del resto si tratta di un evento inedito in tempi moderni: la pandemia ha di fatto congelato le vite di milioni di persone, costringendo i governi di vari paesi europei a imporre misure straordinarie che limitano sensibilmente le libertà dei cittadini. Una situazione inedita per le generazioni cresciute nell'Europa del secondo dopo guerra.
Il coronavirus ha di fatto creato uno spartiacque in questo 2020: c'è un prima e un dopo. Dopo, le notizie e gli argomenti di cui si discuteva fino a quel momento sono diventati contorno. Abbiamo scelto tre storie oscurate dal coronavirus ma di cui abbiamo parlato in profondità su Euronews, almeno fino al 21 febbraio. Cosa è successo dopo?
La situazione in Libia
Martedì è stato confermato ufficialmente il primo caso di Covid-19 nel paese. Si tratta di un anziano di 73 anni che una settimana fa circa è tornato in Libia dall'Arabia Saudita passando per la Tunisia. Fino a quel momento la Libia era stato l'unico paese della regione a non aver registrato casi. Un dato insolito, visto che il paese è circondato da focolai di Covid-19, e che aveva suscitato più di un dubbio nella comunità internazionale.
Prima dell'annuncio nessuna delle due parti coinvolte nel conflitto - il Governo di accordo nazionale (Gna) del premier Fayez al Sarraj e l'Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar - era sembrata disposta a rispettare la fragile tregua umanitaria raggiunta nel fine settimana precedente su pressioni internazionali.
L'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha lanciato l'allarme sui rischi connessi alla diffusione del virus in un paese frammentato dalla guerra, alle prese con flussi migratori illegali e con un sistema sanitario allo sfascio.
Entrambe le fazioni in guerra possono contare sull'ausilio di mercenari siriani - il Gna su quelli inviati dal presidente turco Recep Tayyp Erdogan, Haftar su quelli mandati dal presidente siriano Bashar al Assad - che potrebbero aver avuto contatti con l’Iran, principale focolaio di Covid-19 in Medio Oriente con oltre 2mila vittime e quasi 30mila contagiati.
I migranti al confine tra Turchia e Grecia
Stando ad alcuni media locali dopo lo scoppio della pandemia in Europa il numero di migranti ammassati al confine greco-turco, in particolare nella zona di Edirne, sarebbe diminuito sensibilmente (c'è chi parla di circa 2mila persone). In tanti avrebbero preferito tornare nei villaggi della Turchia in cui vivevano prima che Erdogan, a inizio marzo, annuciasse che la Turchia - impegnata sul fronte siriano in una sanguinosa guerra contro le forze di Assad ad Idlib - non avrebbe fatto più niente per impedire l'ingresso dei migranti in Europa. Una mossa considerata da molti analisti come una sorta di ricatto a Bruxelles.
In pochi giorni più di 30mila persone (stando a fonti greche, la Turchia aveva parlato di oltre 120mila migranti) si erano ammassate al confine, venendo respinte con lacrimogeni e idranti dalle forze greche in tenuta antisommossa. Lunedì l'Onu ha pubblicato un rapporto in cui Felipe González Morales, inviato speciale per i diritti dei migranti, ha espresso preccupazione per "le denunce di respingimenti di richiedenti asilo e migranti", atti che "costituiscono una violazione del divieto di espulsioni collettive e del principio di non respingimento".
La situazione è esplosiva anche nelle Isole dell'Egeo - Lesbo, Samo, Chio, Kos e Lero - dove vivono quasi 40mila migranti, nonostante le strutture siano attrezzate per ospitarne poco più di 6mila.
Il campo di Moira, a Lesbo, ne ospita quasi ventimila a fronte di una capienza di circa 2800. A metà mese il governo greco ha deciso di imporre la quarantena nei centri che ospitano i migranti. Una misura ritenuta insufficiente dalle organizzazioni per i diritti umani che hanno chiesto ad Atene di preparare un piano d'emergenza da attuare non appena sarà riscontrato il primo caso di positività nei centri, dove vivono anche molti anziani e malati cronici, le persone più esposte al virus.
Gli scioperi per il clima
È notizia di ieri che anche la giovane attivista svedese potrebbe essere stata contagiata dal virus. Ad annunciarlo è stata lei stessa su Instagram.
"Nelle ultime due settimane - si legge nel suo post - sono stata in isolamento. Circa dieci giorni fa ho cominciato a sentire alcuni sintomi, esattamente nello stesso momento di mio padre, che ha viaggiato con me da Bruxelles. Mi sentivo stanca, avevo i brividi, mal di gola e tossivo. Mio padre ha avuto gli stessi sintomi, ma molto più intensi e con la febbre. In Svezia non si è sottoposti al test del Covid-19 a meno che non si abbia bisogno di cure mediche urgenti. A tutti i malati viene detto di restare a casa e di isolarsi. Quindi non ho fatto il test, ma è estremamente probabile che l'abbia avuto, dati i sintomi e le circostanze".
Thunberg ha chiuso il suo messaggio con un appello a seguire i consigli degli esperti e delle autorità locali: "State a casa per rallentare la diffusione del virus".
La protesta degli attivisti che assieme a Greta avevano dato vita a Fridays for Future, portando in piazza ogni venerdì migliaia di persone, si è quindi spostata online, all'insegna dell'hashtag #DigitalStrike. La sezione italiana del movimento ha lanciato diverse iniziative sui suoi canali social, tra cui il #CamerettaTour, in cui ogni giorno alle 19 un ospite parla dei temi legati al clima in diretta su Instagram e Youtube. All'iniziativa, oltre a scienziati ed esperti, hanno partecipato anche personaggi del mondo dello spettacolo.