Il Coronavirus a teatro: quanto perdono davvero attori, compagnie e teatri stabili

Il Coronavirus a teatro: quanto perdono davvero attori, compagnie e teatri stabili
Diritti d'autore ANDREAS SOLARO/AFP
Di Lillo Montalto MonellaDiego Malcangi
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Abbiamo chiesto ad un attore, ad una compagnia di giro e ad un teatro stabile qual è il vero impatto economico delle restrizioni dovute al Covid-19. "Ci vorranno due anni per riprendersi"

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Tra le cose ferme e quelle chiuse, il teatro è quello che avrebbe maggior bisogno del suo pubblico. In questi giorni sono circolati appelli, iniziative, riflessioni toccanti per non lasciarsi andare, per non perdere e lasciar perdere il proprio pubblico.

Sipario calato fino almeno al 3 aprile, nel momento clou della stagione. Interi festival cancellati, date impossibili da calendarizzare ora perché i cartelloni estivi e autunnali sono già stati fatti. Uno stop che renderà praticamente impossibile raggiungere i minimi di repliche, di numero di spettatori e di giornate lavorative.

L’intero settore chiede a Franceschini lo stato di crisi e c’è chi ha domandato uno speciale “reddito di quarantena” per far fronte all’emergenza.

Il danno economico sarà ancora maggiore per gli spazi e le realtà indipendenti non finanziate dal FUS (il fondo unico per lo spettacolo, dedicato per oltre metà esclusivamente all’opera lirica).

L'opinione pubblica non sa che se noi non lavoriamo non abbiamo diritto ad alcun risarcimento, il lavoro perso è lavoro perso, nulla lo fa più tornare. Siamo lavoratori a tutti gli effetti, con dei doveri e degli oneri, ma senza alcuna tutela
Mirko Artuso
Attore, regista e direttore artistico

Su Facebook sono apparsi appelli con hashtag ‪#‎lospettacolononsiferma: "60 secondi per una storia, una canzone, un monologo, un passo di danza per gridare: Esistiamo! Siamo lavoratori e questa situazione ci sta colpendo. Non lasciateci soli". Il Ministro Franceschini ha invitato a fare cultura anche online e in risposta stanno nascendo vere e proprie stagioni via web gratuite.

Per restare in contatto con il proprio pubblico, ad esempio, ci sono iniziative come quella dell'associazione CapoTrave/Kilowatt (che organizza il festival di Sansepolcro ed è fondatore di BeSpectactive) la quale ha lanciato una lettura collettiva, a puntate, di "C'era due volte il barone Lamberto", di Gianni Rodari. Due puntate per sera, una alle 19 e una cinque minuti dopo, 50 artisti alternati alla lettura.

Se ora è bloccata tutta l'Italia, Milano con i suoi teatri ha vissuto questa situazione in modo particolarmente intenso, e da subito. Il direttore del Teatro I Renzo Martinelli si domanda ⬆ se il teatro sarà ancora possibile, nella zona rossa intesa come Italia intera.

Abbiamo chiesto ad un attore, ad una compagnia di giro e ad un teatro stabile qual è il vero impatto economico delle restrizioni dovute al Covid-19.

Per tutti e tre, il danno non sta solamente nella cancellazione o nel rinvio degli spettacoli quanto, soprattutto, nella chiusura delle attività didattiche con le scuole e nell'impossibilità di iniziare a programmare il domani.

L'attore: se non avevi soldi da parte, sono guai

Giovanni (alias) è attore di prosa in Emilia Romagna. Lavora molto come freelance e collabora stabilmente con una compagnia. Svolge poi attività didattica, laboratori per giovani e adulti. La regolarità di introiti gli è garantita dal suo lavoro di insegnante e dai 4 laboratori settimanali che teneva prima della serrata. Laboratori considerati come “consulenze”, anche se “in realtà faccio lezioni; se dovesse arrivare l’ispettore del lavoro, devo dire che faccio consulenza per il saggio finale. Un cavillo perché non sono nelle condizioni di trattarmi meglio”.

Ogni anno “si viaggia tra i 10 e i 15mila euro di sopravvivenza”. Mille euro scarsi al mese dai quali gli attori più lungimiranti deducono i contributi: se li versano da soli perché sono in pochi i datori di lavoro che possono permettersi di farlo.

Con il coronavirus, tutto è stato rinviato. Le date si recuperano, si spera in autunno.

Attori come Giovanni non guadagnano uno stipendio ogni mese, “ma prendono “tutto in una botta, due o tre volte l’anno. Ogni progetto viene pagato in una volta sola. Magari arrivano 6mila euro a dicembre e 7mila a giugno, e con quei soldi ti gestisci tutto l’anno”.

E così, se le misure restrittive “ti hanno colpito quando, a fine febbraio, avevi il conto corrente a zero, allora sei nei guai. Se avevi ancora 3mila euro da parte, ti puoi gestire”.

Giovanni è uscito da una delle scuole di teatro più prestigiose d’Italia ma il mestiere, ci racconta, “è crudelmente darwiniano: a 10 anni dal diploma, solo metà di noi lavora ancora nel settore. Gli altri hanno cambiato mestiere”.

Paradossalmente, “più sei bravo, più in questo periodo soffri perché vuol dire che fai meno laboratori e vivi solo di spettacoli”. Il virus, conclude, ha “trasformato molti di noi attori in esattori: chiusi in casa, facciamo recupero crediti con chi paga in ritardo o stenta a pagarti, strappando un rimborso spese con i denti”.

Per accedere a indennità di malattie o disoccupazione Naspi è necessario dimostrare un versamento minimo di giornate di contributi Inps, ma gli intermittenti spesso non hanno fortuna in tal senso o non riescono a vedersi pagati i contributi. Non solo: se la scrittura non è stata portata a termine, scrive Il Mattino, i precari ricevono un licenziamento per giustificato motivo e perdono giorni utili per l'indennità.

La compagnia di giro: perse più di 30 date nel momento clou

Rossella Rapisarda ha una sua compagnia di teatro, gli Eccentrici Dadarò, e vive esclusivamente di tournée. Milano è stata la prima zona ad essere bloccata e dal 23 febbraio tutti i teatri sono chiusi. “Come tutte le compagnie che vivono solo di repliche, abbiamo avuto un tracollo”. Ad oggi “abbiamo perso più di 30 date, e tutto è successo nel momento della stagione più impegnativo, da gennaio a marzo, quando si gira di più in assoluto”.

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Anche le stagioni del teatro ragazzi sono state fermate. Ad oggi, racconta Rossella ad Euronews, il danno economico della compagnia - sostenuta finanziariamente anche dalla Regione - si aggira sui 30mila euro (su un giro d’affari annuale di circa 250mila euro). Finora, il costo complessivo del personale non in attività è di oltre 8mila euro.

Quattro persone impiegate nel reparto artistico, quattro in ufficio e una decina di altri attori, musicisti e tecnici che gravitano intorno alla compagnia. I soci hanno uno stipendio base di 1.200 euro, tutti identico. Ogni entrata è messa in comune, come una cooperativa.

Per ogni spettacolo, ogni attore riceve circa 100€ più contributi e benefit di tournée (il minimo sindacale è di 56€). Ciascuno di loro ha avuto un danno economico di “almeno 3mila euro”; ma al di là della cifra, aggiunge Rossella, “mesi lavoro, programmazione, gestione, pianificazione e prove sono andati persi".

"Tutto è bloccato. Ora bisogna calendarizzare di nuovo e recuperare l’anno prossimo, col rischio che le date dell’anno prossimo slittino a quello successivo, a cascata. Oltre la perdita di fatturato, anche la liquidità si sta fermando completamente. Nessuno paga nessuno, vale per tutti”.

Il teatro stabile: ci vorranno due anni per recuperare

Gaia Calimani, presidente di Manifatture Teatrali Milanesi - il quarto polo teatrale di Milano, una struttura medio-grande - indica che nel solo primo giorno di chiusura “abbiamo perso 55mila euro, cancellando una decina di titoli”.

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Il danno più grande è stato dovuto alla chiusura delle scuole e allo stop delle tournée quando tutti i biglietti erano stati venduti. “Ad oggi siamo intorno ai 200mila euro di danno su 3 milioni di fatturato”, aggiunge Calimani. “Oltre al teatro, abbiamo due scuole di recitazione. Il primo giorno di chiusura abbiamo lasciato senza lavoro, sospendendole, più di 55 persone. Tutti fermi in attesa di vedere che tipo di procedure attiverà il ministero per la salvaguardia del lavoro”.

Calimani indica come la misura che più si auspica al momento sia il sostegno all’occupazione. “Una sorta di cassa integrazione per diversi mesi, per rimettere in piedi tutto, almeno fino al prossimo autunno. La stagione è finita. Se anche a maggio si riapre, è finita. Cercheremo di farla slittare alla prossima”.

La realtà delle cose è che la maggior parte dei lavoratori di teatro (oltre l’80%) non può usufruire del sussidio di disoccupazione, come si legge in questa ricerca del 2017. Massimo Dapporto, Presidente di ApTI (Associazione per il Teatro Italiano) spera “che l’attuale emergenza costituisca l’occasione per dare finalmente vita a un welfare ordinario a difesa della categoria”.

Ma se c’è una cosa positiva, conclude Calimani, "è che questa sospensione totale farà venire voglia alle persone di tornare a fruire di cinema, musei, teatri e attività culturali. Sono fermamente convinta che la reazione sarà positiva, anche se il danno alle nostre aziende culturali non sarà mai cancellabile. Ci metteremo almeno due anni a rimetterci in sesto”.

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