Era stata innalzata abusivamente da un gruppo di estrema destra per infastidire i migranti nell'isola del famoso campo di Moria. Abbattuta ad ottobre, nella notte degli attivisti l'hanno reinnalzata sventolando la bandiera greca. Sono stati arrestati, andranno a processo.
Sono state rilasciate le 36 persone arrestate domenica 3 marzo dopo aver innalzato nuovamente una controversa croce gigante vicino alla spiaggia di Mitilene, a Lesbo, isola divenuta tristemente celebre per il sovraffollato campo profughi di Moria.
I fermati, 35 greci e un albanese, saranno processati in una data ancora da stabilirsi. Sono accusati di occupazione abusiva di suolo pubblico e disobbedienza, in quanto il luogo in cui è stata innalzata la croce è parte del sito archeologico di Mitilene.
"Sembra che abbiamo disturbato molte persone. L'accusa che ci muovono è ridicola. Se abbattono [la croce], la reinnalzeremo. Devono capire che questa è la nostra terra, questa è la nostra religione e questo è il suo simbolo", ha detto uno degli arrestati. Il gruppetto, che l'ha "rimessa in piedi" nella notte, portava con sé una grande bandiera greca.
La croce ha diviso l'opinione pubblica sull'isola, riportano media greci. La controversia sulla croce non è nuova. Lo scorso agosto, il simbolo era stata eretto da ingoti nello stesso punto, ad Apeli. Poco più in là, richiedenti asilo venivano cacciati dalla spiaggia perché "non erano vestiti adeguatamente" e "non avevano passaporti". Un movimento civico chiese alle autorità che la croce venisse rimossa: l'operazione fu definita divisoria, "non idonea ad un simbolo di cristianesimo, amore e sacrificio".
Due mesi dopo, in ottobre, la croce è stata abbattuta, sempre da ignoti, e la polemica si è così trascinata. Perfino il Ministro degli Interni italiano Matteo Salvini si è pronunciato sulla vicenda, in questo modo.
Come ha spiegato la presidente del gruppo Siniparxi, contrario all'erezione della croce, a David Puente, oggi giornalista di Open, "l’installazione fu opera di estremisti di destra contrari della presenza dei migranti nella spiaggia di Apeli, i quali speravano che il simbolo cristiano li turbasse e li allontanasse impedendone la balneazione".
Il gruppo denunciò allora l'uso strumentale del simbolo religioso, ma anche che l'installazione della croce era priva di autorizzazioni e contraria ai regolamenti edilizi greci.