Da porto sovietico a oasi creativa: la metamorfosi di Karosta

Da porto sovietico a oasi creativa: la metamorfosi di Karosta
Diritti d'autore  Marco Carlone
Di Simone Benazzo, Martina Napolitano e Elizabete Vizgunova
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L’ex-base militare sovietica lettone, dopo anni di degrado e delinquenza, oggi accoglie una nutrita comunità di artisti

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Con le sue spiagge suggestive aperte sul Mar Baltico e l’architettura storica che mescola epoca zarista e decenni di occupazione sovietica, la città lettone di Karosta è oggi un centro frequentato e abitato da diverse personalità artistiche della giovane repubblica baltica.

Tuttavia, non è sempre stato così. Anzi, gli anni ‘90 hanno visto la cittadina spopolarsi e guadagnare soprattutto una cattiva fama.

Il passato

Karosta, letteralmente “porto bellico” in lingua lettone, nacque come base navale zarista alla fine del 19esimo secolo. Il suo nome originario era Porto Alessandro III, in onore dello zar che regnò tra 1881 e 1894 e che volle inizialmente costruire su queste coste una residenza estiva..

La città mantenne la propria funzione militare anche durante l’occupazione nazista nella seconda guerra mondiale.

Quando l’Armata Rossa invase il territorio, i sovietici modernizzarono l’area e la resero una delle tante “città chiuse” sparse all’interno dell’URSS. Per accedervi erano necessari permessi particolari, difficili da ottenere.

Nei decenni di occupazione sovietica Karosta arrivò ad ospitare fino a 20000 persone, principalmente militari e relative famiglie.

Marco Carlone

Dopo il collasso dell’Unione Sovietica, la città vicina, Liepāja (terzo centro urbano per numero di abitanti in Lettonia), assorbì Karosta, che costituisce oggi una sua periferia.

L’armata sovietica lasciò ufficialmente Karosta solo nel 1994. Del mezzo secolo di presenza sovietica rimasero l’architettura brutalista dei blocchi abitativi e l’icona di Vladimir Lenin incastonata sulla facciata della cattedrale ortodossa di San Nicola, che nel frattempo era stata sconsacrata e riadattata prima a cinema e poi a palestra.

Non solo: la vecchia base militare si guadagnò in fretta la reputazione di distretto degradato e pericoloso, piagato da contrabbando, alcolismo e delinquenza.

Gli abitanti di Liepāja evitavano Karosta soprattutto dopo il tramonto, quando il quartiere diveniva una vera e propria città fantasma, un destino comune a diverse realtà urbane dopo la fine dell’era socialista.

Per anni gli imponenti e fatiscenti edifici in mattoncini rossi, come il monumentale maneggio, rimasero gli ultimi rappresentanti delle vestigia dell’impero zarista che li eresse un secolo prima.

La rinascita

Nel nuovo millennio, la Lettonia, ottenuta anche la membership UE nel 2004, ha vissuto una repentina e significativa metamorfosi. Risultato dei fondi europei è stato anche la rinascita di Karosta. Per la prima volta questa “città nella città” si è aperta al mondo esterno.

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Nel 2013 venne lanciato un bando per riprogettare il paesaggio urbano di Karosta e del suo porto.

La principale attrattiva turistica è al momento la prigione, un must per gli amanti del turismo dell’orrore. Qui è infatti possibile rivivere l’esperienza dei prigionieri delle carceri sovietiche, subendo maltrattamenti e violenza verbale per due ore, perpetrata da finti secondini vestiti in uniformi d’epoca.

Fuori dalla prigione esiste tuttavia un’altra Karosta, che ha preso le distanze dal proprio passato.

Una comunità creativa

A Karosta è emersa una comunità di scrittori, pittori e attivisti che prende ispirazione proprio dalla storia complessa del tessuto urbano e che cerca di trasformare questo quartiere difficile in un distretto artistico e creativo.

Pioniere in questo senso è stato nel 2000 il K@2 Artists Center; da allora sono molti i progetti e le personalità che hanno scelto Karosta come oasi creative. Tra loro, la scrittrice e poetessa Andra Manfelde, una figura pop nell’underground letterario lettone che da oltre vent’anni abita a Karosta.

Marco Carlone
La poetessa e scrittrice Andra ManfeldeMarco Carlone

Dopo essersi convertita al cristianesimo ortodosso nel suo percorso di uscita dalla tossicodipendenza all’inizio degli anni ‘90, esperienza narrata nel suo primo bestseller "Adata" (spesso paragonato a "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino" della tedesca Christiane F.), Andra scoprì Karosta durante un suo personale pellegrinaggio religioso tra le cattedrali della costa lettone.

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“A prima vista mi parve un luogo surreale: tutti questi edifici sembravano usciti da una esplosione nucleare. Erano gli anni ‘90, anni folli. E questo posto mi rimase impresso nell’anima”, ricorda la scrittrice. “Questo luogo è come una non-città. Si dichiara città, ma non lo è. Non è nemmeno campagna, non appartiene al 20esimo secolo”:

Andra ora considera Karosta casa sua e afferma di ricevere ispirazione “ogni giorno” dagli abitanti e dal paesaggio urbano.

Autrice di 11 libri, l’autrice spiega che l’atmosfera tranquilla di Karosta aiuta il suo flusso creativo, sebbene abbia visto il distretto cambiare durante la sua permanenza.

“Negli anni ‘90 era completamente diverso. Non era possibile camminare in tutta sicurezza. Le sparatorie erano più che comuni”, afferma.

Mentre l’ex base militare si trasformava in porto di pace e tranquillità, Andra ritiene che gli abitanti non siano oggi troppo diversi da quelli del passato.

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