Gli attori internazionali sullo scacchiere libico

Gli attori internazionali sullo scacchiere libico
Di Cecilia Cacciotto
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Pacificare la Libia è l'obiettivo della Comunità internazionale, che non riesce però a parlare con una voce sola. Una moltitudine di interessi nazionali si scontra lungo il cammino. A pagare il prezzo più alto il Paese africano

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Con gli Accordi di Skhirat, firmati dalle parti in conflitto in Libia nella cittadina marocchina nel dicembre del 2015, la Comunità internazionale riconosce il governo libico guidato da Fayez al Sarraj, che avrebbe dovuto instradare il Paese verso la stabilizzazione. A tre anni dagli accordi, scaduti peraltro nel dicembre scorso, la situzione è in stato di stallo, complici interessi internazionali divergenti.

Basti pensare a Italia e Francia, i due Paesi europei maggiormenti interessati alle sorti libiche per motivi politici e economici, per quanto d'accordo in linea di principio su molte questioni, in pratica percorrono strade parallele e comunque lontane.

Sarraj, premier legittimo e riconosciuto internazionalmente

L'Italia, che ha legami storici lontani con il Paese, dal 2015 sostiene il premier internazionalmente riconosciuto al-Sarraj.

Sulla scorta di interessi economici da tutelare, (l'italiana Eni produce in Libia 400 mila barili di petrolio al giorno e ha appena stretto nuovi accordi con la società inglese Bp e con la compagnia petrolifera libica National oil corporation (Noc) per rilevare il 42,5% dei giacimenti del gruppo inglese e rilanciare le attività di esplorazione e sviluppo), a preoccupare Roma è il fatto di avere alle porte un Paese che possa esportare il terrorismo fondamentalista.

L'Italia sa inoltre che la pacificazione del Paese è prioritaria per controllare il flusso migratorio

Chi sostiene Haftar

Appoggiare senza tentennamenti Sarraj è stata una scelta obbligata per l'Italia, che cerca adesso di riallacciare il dialogo con l'uomo forte della Cirenaica, il general Khalifa Haftar, che invece ha il pieno sostegno francese.

Emmanuel Macron ha cercato disperatamente di prendere le redini del processo di pacificazione, ottenendo un accordo di principio tra Sarraj e Haftar, lo scorso maggio, per andare a elezioni entro la fine dell'anno. Fiato e energia sprecati. E comunque dietro tanto affanno ci sono interessi economici: i giacimenti petroliferi sotto il controllo di Total nel bacino di Sirte.

Putin non ha mai incontrato Haftar ma lo appoggia

La Russia di Putin resta un altro protagonista chiave da non sottovalutare.

La sua comparsa sulla scena libica risale a tre anni fa; la Russia sostiene il generale Haftar, che si formò e addestrò con armi e uomini dell'ex Unione Sovietica. La Russia è presente in Libia con Gasprom, ma i suoi interessi nel Paese nord africano rientrano in un'agenda geopolitica e strategica molto più complessa.

Tra i Paesi arabi, in questo contesto, è bene ricordare l'Egitto che ha tutto l'interesse a sostenere il generale Haftar, l'uomo che pare al momento il solo in grado di creare una zona cuscinetto tra i due paesi, blindando il confine contro la penetrazione terroristica.

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