Il presidente ripreso all'ingresso in ufficio, mentre il strada si festeggia: il messaggio è evidente, "non ci avete scalfito"
Basar al-Assad entra nel suo ufficio come se nulla fosse accaduto: come se nella notte appena trascorsa oltre cento missili non fossero stati sparati su obiettivi strategici della sua difesa, nella più grande offensiva finora lanciata dal Pentagono contro il regime Siriano.
Non è chiaro se le immagini - divulgate dallo staff presidenziale - siano realmente state girate nella mattinata successiva agli attacchi: è chiarissimo invece il messaggio che il regime vuole veicolare, mostrando a nemici e alleati di non essere nemmeno scalfito dagli strike americani.
Secondo Damasco, soltanto uno dei tre obiettivi colpiti dei raid - un centro di ricerca nei sobborghi della capitale - sarebbe stato realmente danneggiato, mentre i sistemi della difesa aera siriana avrebbero intercettato e abbattutto almeno un terzo dei missili.
Affermazioni seccamente smentite dal generale McKenzie, che in conferemza stampa al Pentagono ha parlato di 105 colpi andati a segno, mostrando le immagini satellitari dei tre siti distrutti tra Damasco e Homs.
Nel frattempo, civili e militari continuano a sventolare bandiere siriane e iraniane dalle automobili che sfrecciano per il centro di Damasco diffondendo musica Dabke, un genere folkloristico che sempre più spesso in Siria e medioriente è usato per veicolare messaggi di propaganda