Cambiare sesso, ma solo all'anagrafe, per pensionarsi prima. Si potrebbe in Italia?

Cambiare sesso, ma solo all'anagrafe, per pensionarsi prima. Si potrebbe in Italia?
Di Diego Malcangi
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Un argentino ha sfruttato una falla legislativa per andare in pensione prima. Non si può imporre che il cambiamento di sesso avvenga con un'operazione, e allora si è dichiarato donna all'anagrafe. Sarebbe possibile in Italia?

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Sergio diventa Sergia per andare prima in pensione. La vicenda del lavoratore argentino che ha cambiato sesso solo all'anagrafe, e per questo è riuscito a pensionarsi cinque anni prima, non fa che confermare che quando si concedono dei diritti è bene valutare la possibilità che qualcuno ne abusi.

Una norma fatta in fase pre-elettorale, per esempio, rischia di avere tali e tanti buchi da dover poi essere corretta ogni volta che si riscontra un problema, e anche quando si cerca di eliminare una discriminazione si finisce a volte per crearne altre, favorendo i furbi. Ma in fondo ai furbi guardiamo con simpatia, e allora perché no?

Perché non in Italia?

Potremmo fare tutti come Sergio/a, il lavoratore di Salta che, divorziato con figli, convivente con una donna, un giorno è andato all'anagrafe e si è dichiarato femmina ottenendo così il diritto di andare in pensione da donna, cioè cinque anni prima degli uomini?

Il nostro amico argentino ha sfruttato un buco nella norma sui transgender: cioè, non è davvero un buco nella norma, è così che il legislatore l'ha voluta. Perché non si può imporre che il cambiamento di sesso avvenga con un'operazione. E se questa non è necessaria, s'è detto Sergio, chi può impedirmi di dirmi donna? Di esserlo per l'amministrazione, e quindi anche per la pensione?   

In Italia potrebbe accadere la stessa cosa? Sì, ma insomma, dipende.

Due gli aspetti della questione: il primo è quello del cambiamento di sesso senza operazione, e il secondo è quello della successiva omosessualità (formale) se si resta in coppia come prima.

La legge non è precisa e la giurisprudenza ha cambiato orientamento: da qualche anno fioccano le sentenze che riconoscono il diritto a cambiare sesso senza operazione chirugica. Eccone alcune: 

E quindi alla prima domanda rispondiamo “si”, e anche alla seconda. 

Perché è vero che la legge 164 del 1982, che regolerebbe la materia, impone la cancellazione del matrimonio, ma è vero anche che la Corte Costituzionale (sentenza n.170, 10 giugno 2014) ha ritenuto illegittimi gli articoli di legge sulla materia, nel momento in cui cancellano il matrimonio (che richiede sessi diversi), ma non prevedono che si instauri, su richiesta di entrambi, un'altra forma di convivernza registrata e regolamentata. La Consulta ha quindi invocato l'intervento del legislatore, anticipato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 8097/2015: il giudice ha riconosciuto l'illegittimità del “divorzio imposto”, e ha concesso quindi ai coniugi di proseguire la convivenza nell'ambito dello stesso matrimonio legittimamente contratto prima del cambiamento di sesso.

E quindi, un Sergio italiano... ?

Abbiamo detto “sì” e “sì”, ma in realtà è piuttosto “no”: perché in Italia comunque si passa dal giudice, ed è il giudice a ordinare – eventualmente – all'anagrafe di registrare il cambiamento di sesso. E il giudice valuta “caso per caso”, cioè di solito autorizza dopo aver verificato che esista uno stato di disagio (disforia di genere, di solito) tale da giustificare il cambiamento di sesso, con o senza operazione.

Il che significa che un Sergio nostrano dovrebbe, quantomeno, preparare il colpo un po' di tempo prima, e riuscire a ingannare prima uno psicologo e poi un giudice.

Non è semplice. Ma non si sa mai.

Intanto, se volete provarci prima che l'età pensionistica delle donne sia assimilata a quella degli uomini, queste sono le norme che regolano la materia:

– L'art. 454 Codice Civile regola le rettificazioni all'anagrafe;

– La legge 164 del 1982 aggiunge alle modifiche all'anagrafe il caso di transessualità riconosciuta dal giudice, e regola la materia (operazione, estinzione matrimonio...);

– Il D.L. n. 150 del 2011, art. 31 ribadisce la cancellazione del matrimonio e le modalità del ricorso;

La legge n. 76 del 2016, quella sulle unioni civili.

Ecco, l'ultima norma citata dovrebbe rassicurarvi anche sulla pensione di reversibilità: già, perché se tra due coniugi uno cambia sesso... Che si fa? Se prevale la giurisprudenza creata dalla sentenza citata della Cassazione, il matrimonio perdura (ma c'è il rischio che venga contestato dall'Inps, in quanto la legge prevede matrimonio solo tra sessi diversi). 

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Altrimenti viene cancellato e potete sempre trasformarlo in unione civile, e la legge 76/2016 riconosce l'assegno di reversibilità alle coppie omosessuali. Se invece siete conviventi, come il nostro Sergio Argentino, non cambia nulla: non avreste comunque diritto.

Resta da vedere se è accettato il cumulo tra il periodo di convivenza matrimoniale e quello in unione civile: per valutare in caso di separazione l'eventuale assegno di mantenimento e quel che resta della reversibilità... Ma qui la cosa si fa davvero complicata.

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