Ghuta: gli Stati Uniti minacciano l'intervento

"Se la comunità internazionale è impotente, si è tenuti ad agire da soli"
Al 23° giorno, Washington dice basta. Spazientiti dai sabotaggi alla tregua nella Ghuta orientale e dall'impotenza dell'ONU dinanzi alla sanguinosa offensiva lanciata da Damasco a metà febbraio, gli Stati Uniti presentano una nuova risoluzione per un cessate il fuoco immediato di 30 giorni, ma minacciano anche di intervenire da soli in Siria.
"Gli Stati Uniti restano pronti ad agire, se necessario - ha detto l'ambasciatrice di Washington all'ONU, Nikki Haley -. Non è la strada che preferiamo, ma è una strada che abbiamo dimostrato di saper imboccare. E che siamo pronti a imboccare di nuovo". "Quando la comunità internazionale dimostra la sua sostanziale incapacità ad agire - ha aggiunto -, ci sono situazioni in cui gli Stati sono tenuti a intervenire in maniera autonoma".
Il riferimento di Haley alla "strada già imboccata" è al bombardamento di una base aerea del governo siriano, condotto lo scorso anno dagli Stati Uniti, in seguito a una serie di attacchi chimici imputati a Damasco.
"Per il bene della gente in Siria e l'integrità del Consiglio di Sicurezza ONU dobbiamo agire e rispondere - ha detto Haley, citata su Twitter dal Dipartimento di Stato Usa -. Il cessate il fuoco è fallito. La situazione dei civili nella Ghuta orientale è terribile e gli Stati Uniti stanno agendo. Abbiamo redatto una nuova risoluzione per un cessate il fuoco che non lascia margini per essere elusa".
Guterres bacchetta Mosca e Damasco (senza nominarle): "Si rispettino gli impegni presi"
La risoluzione del 24 febbraio con cui il Consiglio di Sicurezza ordinava la tregua nella Ghuta orientale è rimasta di fatto lettera morta. Tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite, Parigi ha apertamente invitato Mosca a "fermare il bagno di sangue", mentre il Segretario generale ONU Guterres, senza nominarla, ha più generichiamato richiamato "tutti i paesi" al rispetto degli impegni presi. "Non c'è stata alcuna cessazione delle ostilità - ha detto lunedì Guterres -. Le violenze continuano nella Ghuta orientale e ben oltre, compreso ad Afrin, in parti di Idlib, a Damasco e nei sobborghi della Capitale".
Bagno di sangue a Ghuta: i morti sono oltre 1100 in un un mese
Interpretazione di Mosca e Damasco è che il cessate il fuoco ordinato dalla risoluzione adottata a febbraio non si applichi alle offensive contro gli esponenti di quelli che entrambe considerano "gruppi terroristi". Le vittime nella Ghuta orientale contate dalle associazioni umanitarie sono ormai oltre 1.100 dal 18 febbraio, data di avvio dei bombardamenti, lanciati dal governo siriano per riprendere l'enclave ribelle alle porte di Damasco.