Lunedì la Casa Bianca avrebbe dovuto firmare il rinnovo della deroga grazie alla quale la sede diplomatica resta a Tel-Aviv. Ma Trump aveva promesso lo spostamento a Gerusalemme che verrebbe così riconosciuta unilateralmente capitale di Israele. Sarebbe la pietra tombale sul processo di pace.
Mancare di mantenere la propria promessa elettorale oppure soffiare sulle braci ardenti del conflitto israelo-palestinese.
Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha scelto di rinviare la cruciale decisione sulla possibilità di trasferire da Tel-Aviv a Gerusalemme l'ambasciata statunitense, una promessa fatta ad inizio mandato. Si tratta di una spada di Damocle che pende sulle tensioni tra Israele ed Autorità Palestinese da oltre 20 anni, da quando nel 1995 il Congresso Usa approvò la legge che prevede lo spostamento, equivalente ad un riconoscimento unilaterale di Gerusalemme come capitale d'Israele.
Negli ultimi giorni è aumentata sulla Casa Bianca la pressione internazionale (non soltanto da parte dei palestinesi e da tutti i Paesi alleati ma anche da parte della Francia) affinché, come accade da due decenni, venga firmato il rinnovo della deroga che permette di mantenere a Tel-Aviv la rappresentanza diplomatica statunitense. Un rinvio semi-permanente che avviene nella convinzione ampiamente condivisa in seno alla comunità internationale che lo status di Gerusalemme possa essere deciso soltanto grazie ad un accordo tra le parti sulla possibile soluzione a due Stati. La Casa Bianca si pronuncerà nei prossimi giorni.