Il nodo da sciogliere resta però la cittadinanza per questa minoranza musulmana
Un gruppo di lavoro per pianificare il rimpatrio dei Rohingya. È l’accordo a cui sono giunti questo lunedì le autorità di Myanmar e Bangladesh.
Sono più di mezzo milione i i rifugiati della minoranza musulmana in fuga dalla repressione dell’esercito birmano.
Una repressione che il Myanmar nega ribadendo che i propri soldati stanno semplicemente combattendo contro un gruppo di terroristi che attacca i civili e che ha ridotto in cenere più di 400 villaggi Rohingya nel nord dello Stato di Rakhine.
Non è la prima volta che il Myanmar trova un accordo sul rimpatrio dei rifugiati con i Paesi confinanti. Ma il problema di base, che rimane irrisolto, è lo status dei Rohingya: privi di cittadinanza, vengono classificati e trattati alla stregua di immigrati clandestini.
A fine agosto le Nazioni Unite avevano definito quella della minoranza musulmana la peggior crisi umanitaria del momento. Le condizioni in cui vivono queste persone in fuga sono drammatiche. I campi d’emergenza in Bangladesh sono al collasso e il rischio ora è che possa scoppiare un’epidemia di colera. Le organizzazioni non governative provano a fornire pasti, servizi igenici e assistenza sanitaria. Un lavoro complicato dalle scarse vie di comunicazione per raggiungere le zone dove i rifugiati hanno trovato riparo.
This is what home looks like for the half a million Rohingya who’ve fled to Bangladesh: https://t.co/YCGi7sm8p5pic.twitter.com/7hVIhNaAJm
— UN Refugee Agency (@Refugees) September 30, 2017