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Brexit: chi è e cosa vuole il fronte del sì

Brexit: chi è e cosa vuole il fronte del sì
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Di Euronews
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Il fronte favorevole alla Brexit vede nell’uscita dall’Unione europea la possibilità per il Regno Unito di dire addio alla regolamentazione europea, considerata un cappio al collo per uno sviluppo anc

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Il fronte favorevole alla Brexit vede nell’uscita dall’Unione europea la possibilità per il Regno Unito di dire addio alla regolamentazione europea, considerata un cappio al collo per uno sviluppo ancora più vantaggioso dell’economia e della finanza.

Tra gli esponenti favorevoli al divorzio europeo, l’ex sindaco di Londra, Boris Johnson, che si è distinto per una dura presa di posizione, rispetto al compagno di partito, nonché premier, David Cameron.

“Ci sono tanti soldi in gioco, ma mai quanti ne mandiamo noi a Brussels ogni giorno, circa 50 milioni”

Non si è nascosto dietro un “ma o un forse” neppure il minitro della Giustizia, Michael Gove:

“L’Unione europea ha perseguito progetti come la moneta unica e il trattato di Schengen che hanno indebolito il vecchio Continente. L’euro ha creato debolezza economica”. Nel 2015, il contributo britannico al bilancio europeo è stimato intorno a 7/8 miliardi di euro. Londra ha versato 13 miliardi e l’Europa ne ha restitituito circa 5.

Pochi per i fautori del no all’Europa che però sottovalutano o preferiscono ignorare il contributo più imponente dei cugini francesi per esempio.

A cavalcare invece la crisi migratoria, il partito euroscettico per eccellenza oltre Manica, l’Ukip di Nigel Farage.

“Controllare l’immigrazione come stato membro dell’Unione europea non è solo difficile ma impossibile. La ragione è semplici: questo è un passaporto britannico e le prime due parole sono? Unione europea”.

Il braccio di ferro tra i due fronti continua proprio sul tema immigrazione.
Argomento che si presta a cavalcare facilmente il malessere dei britannici addossando eventuali responsabilità a Bruxelles.

La Londra dei brexiters vorrebbe assomigliare all’australiana Sidney: questi infatti propongono una tessera a punti per il migrante che chiede di restare, e che dovrà dimostrare di conoscere la lingua e superare un test con punteggio finale.

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