Brexit, i laburisti lanciano la campagna per restare nell'Unione. Conservatori divisi

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Di Alfredo Ranavolo
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Corbyn: "il legame col resto del Continente deve restare". L'ex sindaco di Londra Johnson: "uscire dall'Unione non vuol dire lasciare l'Europa".

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Meno di un mese e mezzo e le urne diranno se sarà “Brexit” oppure no. Se il Regno Unito continuerà a stare dentro l’Unione Europea, oppure si chiamerà fuori per volere dei suoi cittadini.

I laburisti, freschi della riconquista di Londra, lanciano lo sprint finale verso il referendum.

Il leader Jeremy Corbyn, lanciando la campagna ha detto: “dobbiamo lanciare un forte messaggio: che possiamo difendere strenuamente i diritti dei lavoratori, ma anche affrontare le enormi sfide globali dei flussi di rifugiati e proteggere la libertà di vivere, lavorare o ritirarsi in pensione all’estero dei britannici, mantenendo questo legame col resto del Continente”.

Dopo gli ondeggiamenti pre-elettorali dello scorso anno, anche il premier David Cameron è apertamente schierato per la permanenza nell’Unione Europea. Ha evocato, in caso di vittoria dei contrari, lo spettro della guerra.

Ma tra i conservatori non tutti la pensano così. Dalle colonne del Sun, che mostrano un Cameron burattino della Merkel, l’ex ministro del Lavoro, Iain Duncan Smith, (ha lasciato l’esecutivo a marzo, ufficialmente per questioni relative al welfare, ma secondo indiscrezioni proprio per le differenti opinioni sul referendum) ha affermato che è stata la Germania a condurre davvero i negoziati in seguito ai quali Cameron ha preso la sua decisione contraria alla Brexit.

Per la quale si spende, invece, l’ormai ex sindaco di Londra Boris Johnson che rifiuta, però, l’etichetta di “antieuropeista”.

“Votare per lasciare l’Unione Europea non vuol dire votare per lasciare l’Europa. Di tutti i loro argomenti è quello che più mi fa infuriare. Io sono un figlio dell’Europa. Sono, come uso dire, un cosmopolita liberale. La mia famiglia è l’equivalente genetico di una forza di peacekeeping dell’Onu. Posso leggere romanzi in francese, credo che potrei farlo anche in spagnolo. Posso cantare l’Inno alla gioia in tedesco. E lo farò, se continueranno ad accusarmi di essere un Little Englander (definizione affibiata a coloro che vengono tacciati di non volere un importante ruolo internazionale per il Regno Unito”.

Forse i peggiori scenari evocati da Cameron sono eccessivi, ma un “effetto a catena” di un’eventuale vittoria degli “out” non è da escludere. Almeno stando a un sondaggio condotto da Ipsos Mori in diversi Paesi (europei e no). Il campione complessivo è di circa 11.000 persone, tra le 500 e le 1.000 quelle interpellate in Italia. Campione poco esaustivo, ma secondo il 60% del quale un referendum come quello britannico dovrebbe essere svolto anche da noi. E il 48% voterebbe per lasciare l’Unione.

Complessivamente, tra i vari Paesi europei nei quali è stato svolto il sondaggio, il 45% degli interpellati chiede una consultazione elettorale.

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