L'Egitto cinque anni dopo: anniversario e delusioni

La polizia in mattinata presidiava piazza Tahrir, al Cairo, nel timore di disordini in occasione del quinto anniversario della rivoluzione.
È da qui che partì tutto, quando decine di migliaia di giovani, richiamati dal tam-tam dei social network, iniziarono a riunirsi pacificamente, fino alla repressione e agli spintoni sempre più energici che portarono alla caduta di Hosni Mubarak.
Oggi il Paese è di nuovo guidato da un uomo uscito dai ranghi dell’esercito, il Maresciallo Abdel Fatah al Sissi, che ha assunto la presidenza dopo la cacciata del governo guidato dai Fratelli Musulmani:
“L’Egitto oggi non è quello di ieri, stiamo costruendo insieme uno Stato civile e moderno fondato sui valori della democrazia e della libertà”, ha detto in un discorso televisivo alla vigilia dell’anniversario.
“Le esperienze democratiche non maturano dal giorno alla notte”, ha aggiunto al Sissi nello stesso discorso.
I delusi in effetti non sono pochi:
“La rivoluzione del 25 gennaio è stata un sogno meraviglioso che abbiamo purtroppo perso. Speravamo in un Egitto migliore”, dice un passante nella piazza rimasta vuota, in mattinata.
E poi c‘è la crisi economica, forse più grave di prima: “Lavoravo ad Assuan, prima della rivoluzione il turismo andava benissimo. Dopo è cambiato tutto, non c’era più lavoro, ho dovuto venire al Cairo per cercarlo”, dice un pescatore.
Nei due anniversari precedenti (il terzo e il quarto) le manifestazioni organizzate dai Fratelli Musulmani finirono in scontri, che avevano causato decine di vittime. Diciassette i morti lo scorso anno.