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Ad Auschwitz parlano i sopravvissuti "nostro passato non sia il futuro dei figli"

Ad Auschwitz parlano i sopravvissuti "nostro passato non sia il futuro dei figli"
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Di Salvatore Falco
Pubblicato il
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Auschwitz reclama il valore della memoria. 70 anni fa, l’armata rossa liberava il campo di sterminio. Quel giorno, il mondo scoprì la follia della

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Auschwitz reclama il valore della memoria. 70 anni fa, l’armata rossa liberava il campo di sterminio.

Quel giorno, il mondo scoprì la follia della ‘soluzione finale’ del regime nazista che significò lo sterminio di oltre 1.100.000 persone: il 90% ebrei.

Protagonisti del 70esimo anniversario della liberazione sono stati i sopravvissuti, oltre 300, molti quasi centenari.

Sono state le parole di Halina Birenbaum, 85 anni, nata a Varsavia, di Kazimierz Albin, 93 anni, nato a Cracovia, e di Roman Kent, 86 anni, nato a Lodz, a ricordare al mondo la follia del nazismo.

“Nulla in te aveva qualcosa di remotamente umano. Tu sei lì e non si puoi essere in nessuna altra parte al mondo, a morire, inciampando nel fango, coperta di escrementi e sangue – ha ricordato Halina – Ero lì ad Auschwitz, e sono rimasta intrappolata lì per 2 anni. Estranea a me stessa e improvvisamente all’inferno”.

“Dal primo giorno è iniziata un’incessante lotta per la sopravvivenza biologica. Una lotta per sottrarre alla morte il numero massimo di esseri e per preservare la dignità umana – ha aggiunto Kazimierz – il destino misericordioso ha fatto in modo che io potessi essere oggi qui, in piedi davanti al monumento alle vittime del nazismo. Onoriamole con un momento di silenzio”.

“Le grida strazianti dei bambini strappati alle braccia della madri in modo così brutale dai torturatori risuoneranno nelle mie orecchie finché non morirò – ha concluso Rooman – Noi sopravvissuti condividiamo un obiettivo comune con la generazione di oggi. Noi sopravvissuti non vogliamo che il nostro passato sia il futuro dei nostri figli”.

“Auschwitz è parte dell’identità della Germania”, ha detto il presidente tedesco Joachim Gauck. Assente invece il presidente russo, Vladimir Putin, ai ferri corti con l’Occidente sulla crisi ucraina.

Il 27 gennaio 1945, poche migliaia di prigionieri ridotti a scheletri riconquistarono la libertà. I nazisti in fuga avevano costretto 60 mila detenuti a un marcia della morte verso il confine tedesco.

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