Ha guidato il suo Paese con il pugno di ferro, più vicino al comunismo cinese che a quello di Mosca. Nel 1989, Nicolae Ceausescu, non immaginava
Ha guidato il suo Paese con il pugno di ferro, più vicino al comunismo cinese che a quello di Mosca. Nel 1989, Nicolae Ceausescu, non immaginava nemmeno che il suo regime fosse giunto al capolinea.
Alla fine degli anni ’80 la Romania è un Paese povero, mancano i beni di prima necessità. Mentre il suo popolo patisce la miseria, Ceausescu e sua moglie Elena vivono nel lusso, completamente staccati dalla realtà. È la molla che fa scattare la sanguinosa rivoluzione del 1989.
Il 16 dicembre, gli abitanti di Timisoara si rivoltano contro l’arresto del pastore Lazlo Toekes, difensore dei diritti della minoranza ungherese.
Cinque giorni più tardi, una manifestazione operaia contesta il regime davanti alla sede del Partito comunista di Bucarest.
L’ondata rivoluzionaria che investe il Paese, presto travolge i coniugi Ceausescu che finiscono agli arresti.
Sono consegnati all’esercito, processati sommariamente e condannati a morte il 25 dicembre del 1989.
Gli imputati Nicolae e Elena sono giudicati colpevoli di genocidio e di appropriazione indebita.
La loro condanna è la fucilazione. La Romania sarà l’unico regime socialista a vivere una rivoluzione violenta.
“Sono stati condannati a morte e i loro beni sono stati confiscati – è il messaggio letto sulla tv di Stato il 25 dicembre del 1989 – La sentenza è definitiva ed è stata eseguita”.
La fine di Nicolae Ceausescu, che costruì la sua dittatura sul culto della personalità, è stato il primo evento ad essere trasmesso integralmente in televisione in Romania.