La rabbia contro gli Stati Uniti: un fenomeno non solo arabo

La rabbia contro gli Stati Uniti: un fenomeno non solo arabo
Di Euronews
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La bandiera degli Stati Uniti presa di mira. L’ondata di anti-americanismo causata dal film su Maometto
si è diffusa rapidamente in tutti i Paesi musulmani, dal Mediterraneo all’Asia. La violenza degli attacchi contro le ambasciate statunitensi fa nascere
interrogativi sulla politica del presidente Obama nei confronti della primavera araba e soprattutto del conflitto israelo-palestinese. Durante la cerimonia in onore dell’ambasciatore americano ucciso in Libia assieme ad altri tre statunitensi, il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton si è espresso così:
“I popoli d’Egitto, della Libia, dello Yemen e della Tunisia non hanno barattato la tirannia di un dittatore per quella della folla”.

Nel 2011 i tunisini furono i primi a reclamare la democrazia e a sbarazzarsi del regime dittatoriale di Ben Ali. Da allora però è stata soprattutto la voce degli islamici a farsi sentire.
Esperto di Medioriente ed ex consigliere di cinque segretari di Stato americani, Aaron David Miller ipotizza quel che accadrà in futuro: “Il contesto
generale rimarrà così: un crescente sentimento anti americano, gli islamisti, sia estremisti che centristi, che hanno preso in mano l’agenda di questi Paesi e i governi che non hanno alcuna certezza su come agire di fronte a queste sfide. Siamo in un momento molto difficile che proseguirà per diversi anni”.

L’elezione di Barack Obama aveva creato speranze enormi. Prima fra tutte quella di sanare le ferite causate nei Paesi arabi dalla guerra in Iraq. Al Cairo, nel 2009, il presidente aveva fatto un discorso che lasciava immaginare un cambiamento nella politica estera della Casa Bianca: “La partnership tra l’America e l’Islam – aveva detto -dev’essere basata su quello che l’Islam è, non su quello che non è. E considero parte della mia responsabilità, come presidente degli Stati Uniti, lottare contro gli stereotipi negativi sull’Islam ovunque essi si manifestino”.

Secondo Michael O’Hanlon, direttore delle ricerche presso Brookings Institution, in soli tre anni la stima e la fiducia che il mondo arabo aveva per Obama sembrano essersi volatilizzate: “Il mondo islamico non è più affascinato da Obama. I suoi livelli di popolarità sono paragonabili a quelli di George W.Bush. E molte delle tattiche che sono state usate non hanno ottenuto i risultati sperati”.

Il processo di pace israelo-palestinese da almeno due anni sembra essere a un punto morto. Una situazione che di certo non aiuta a migliorare le relazioni fra Stati Uniti e il mondo arabo-musulmano in cui il sentimento anti-americano cova da decenni.

Sophie Desjardin, euronews:
“Tutto è cominciato da ‘L’innocenza dei musulmani’, un film caricaturale in cui viene deriso il profeta Maometto. E il mondo arabo si è incendiato. Abbiamo in collegamento da Parigi Malek Chebel. Buongiorno. Lei è antropologo, specialista di islam e del mondo arabo. Dicevo che tutto è partito da un film ma ormai su tutta la stampa internazionale si parla di manifestazioni anti-occidentali. Reazioni violente contro il film o contro l’occidente? “

Malek Chebel:
“Il sentimento anti-occidentale esiste in effetti, non posso negarlo. E in più ha origini antiche: risale, come sapete, alle crociate e va fino alle manipolazioni, seppure modeste e non sempre visibili, di un certo numero di gruppuscoli in America e in Europa che si battono per abolire l’Islam, in modo indistinto. Evidentemente questo sentimento esiste, senza contare che, per quel che riguarda l’America in particolare, la presenza degli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq, così come in Pakistan e in Medioriente, alimenta questo malessere e questo disamore di tutta la regione araba per l’America. Poi, terzo punto, direi che il discorso di Barack Obama al Cairo, che non è stato seguito da fatti (ed è il minimo che si possa dire) ha esacerbato la diffidenza che arabi e musulmani
nutrono nei confronti degli Stati Uniti”.

euronews:
“Quindi essenzialmente si tratta di un sentimento anti-americano?”

Malek Chebel:
“Io credo che sia soprattutto anti-americano. Evidentemente l’occidente, che è l’alleato naturale degli americani, paga un prezzo, ma un prezzo direi collaterale. Ritengo che gli arabi non abbiano nulla contro la Francia, l’Italia, la Spagna o la Grecia. Credo che in sostanza abbiano il dente avvelenato contro gli Stati Uniti”.

euronews:
“Tra Paesi come l’Egitto o la Libia che hanno conosciuto la primavera araba e altri, come il Pakistan o la Malesia, la situazione è molto diversa. Anche se vengono bruciate le stesse bandiere e gli slogan sono gli stessi . Qual è il denominatore comune tra questi Paesi?”

Malek Chebel:
“Inizialmente si poteva pensare che il comune denominatore fosse la rivoluzione araba,
quindi che fossero interessati solo Paesi come Tunisia, Libia, Egitto e Yemen. Pensavamo che i Paesi asiatici, quindi musulmani ma non arabi, non fossero interessati dalla vicenda. Ma ci sono stati predicatori sciiti, in Libano ad esempio, che hanno rivolto un appello a manifestare. Di colpo, ora, si assiste al mutamento da una problematica inizialmente araba, perché il profeta è arabo e perché il mondo arabo ne è rimasto colpito, a una questione musulmana. E l’Asia si è messa in moto. L’avevo detto fin dal principio che uno degli elementi chiave sarebbero stati Pakistan e Afghanistan. Ed eccola là, la folla. Di colpo il tutto prende dimensioni musulmane, quandi mondiali. E da lì possono succedere molte cose”.

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