Stella vicina sorpresa in una violenta eruzione: potrebbe cambiare ciò che sappiamo sul potenziale di vita nell’universo.
Per la prima volta, gli astronomi hanno osservato una stella vicina scagliare nello spazio un enorme getto di materiale carico, un’esplosione così potente da poter strappare l’atmosfera ai pianeti vicini.
L’esplosione, nota come espulsione di massa coronale (CME), è stata rilevata con l’osservatorio spaziale XMM-Newton dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e il radiotelescopio Low-Frequency Array (LOFAR), secondo un nuovo studio di ricercatori provenienti da tutta Europa.
L’osservazione, pubblicata sulla rivista Nature, offre agli scienziati un nuovo modo per studiare come le stelle modellano i mondi che orbitano attorno a loro.
Durante una CME, enormi quantità di plasma vengono espulse dall’atmosfera esterna di una stella, inondando lo spazio circostante.
Queste eruzioni alimentano quello che gli scienziati chiamano “meteo spaziale”, come le tempeste solari che possono generare aurore sulla Terra ed erodere le atmosfere dei pianeti vicini.
Eruzioni di questo tipo sono comuni sul Sole, ma finora non erano state osservate direttamente su un’altra stella.
Gli astronomi cercavano da decenni di individuare una CME su un’altra stella, perché esplosioni di questo tipo possono determinare la possibilità che un pianeta resti abitabile.
“Questo lavoro apre una nuova frontiera osservativa per studiare e comprendere le eruzioni e il meteo spaziale attorno ad altre stelle”, ha dichiarato Henrik Eklund, ricercatore presso lo European Space Research and Technology Centre (ESTEC) nei Paesi Bassi, in una dichiarazione.
“Non siamo più limitati a estrapolare la nostra comprensione delle CME del Sole alle altre stelle”, ha aggiunto Eklund.
Il team di ricerca afferma che la scoperta suggerisce che le stelle più piccole potrebbero generare un meteo spaziale ancora più intenso rispetto al Sole. Una simile attività violenta potrebbe essere cruciale nel determinare se pianeti potenzialmente abitabili riescano a trattenere l’atmosfera e restare in grado di sostenere la vita.
La prima osservazione confermata di un’eruzione stellare oltre il nostro Sistema Solare era abbastanza potente da strappare l’atmosfera a qualsiasi pianeta sul suo cammino, viaggiando a circa 2.400 chilometri al secondo. Una velocità che sul Sole si osserva in circa una CME su 20.
Secondo lo studio, il getto era abbastanza rapido e denso da rimuovere completamente l’atmosfera di qualsiasi pianeta con orbita ravvicinata.
Segnale radio potente
L’eruzione proveniva da una nana rossa, un tipo di stella molto più fioca, fredda e piccola del Sole, con circa metà della sua massa.
Secondo i ricercatori, la stella ruota circa 20 volte più velocemente e ha un campo magnetico circa 300 volte più forte. La maggior parte dei pianeti scoperti nella nostra galassia orbita attorno a stelle di questo tipo.
Quando un’eruzione stellare si propaga nello spazio, crea un’onda d’urto che emette un impulso di onde radio. Il team ha rilevato proprio un segnale breve e intenso da una stella a circa 40 anni luce di distanza, relativamente vicina su scala cosmica.
Gli scienziati erano certi che il segnale fosse causato da una CME.
“Un segnale radio di questo tipo semplicemente non esisterebbe se il materiale non avesse abbandonato del tutto la bolla di potente magnetismo della stella”, ha detto Joe Callingham, uno degli autori dello studio e radioastronomo presso il Netherlands Institute for Radio Astronomy (ASTRON).
Il segnale radio è stato individuato con il radiotelescopio Low-Frequency Array (LOFAR), che dispone di stazioni della rete di antenne in otto Paesi europei, e grazie a nuovi metodi di elaborazione dei dati sviluppati dai ricercatori dell’Osservatorio di Parigi.
Per confermare l’interpretazione, il team ha utilizzato anche il telescopio XMM-Newton dell’ESA per studiare in raggi X temperatura, luminosità e rotazione della stella.
“Avevamo bisogno della sensibilità e delle frequenze di LOFAR per rilevare le onde radio”, ha detto David Konijn, coautore dello studio e ricercatore presso ASTRON.
Senza XMM-Newton, sarebbe stato difficile dimostrare i risultati, ha detto.
“Nessuno dei due telescopi, da solo, sarebbe bastato: servivano entrambi”, ha aggiunto Konijn.
Il telescopio osserva l’universo dal 1999. Secondo l’ESA, continua a svolgere un ruolo chiave nello studio di eventi ad alta energia.
Cosa significano i risultati
Gli scienziati sostengono che la scoperta è importante per la ricerca di mondi abitabili attorno ad altre stelle.
Il potenziale di un pianeta di sostenere la vita dipende in parte dalla distanza dalla sua stella, cioè dall’essere nella cosiddetta “zona abitabile” in cui l’acqua liquida può esistere in superficie.
Ma non basta.
Se una stella è particolarmente attiva e lancia spesso eruzioni potenti, i pianeti vicini possono perdere del tutto l’atmosfera, diventando rocce aride anche se si trovano nella zona giusta di temperatura.
La scoperta arricchisce anche la conoscenza del meteo spaziale, mostrando che gli stessi processi violenti che plasmano il nostro Sistema Solare sono attivi in tutta la galassia e possono influenzare altri pianeti.