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“Se non noi, chi?”: la commissaria UE non vede alternative al patto per il Mediterraneo

“Se non noi, chi?”: la commissaria UE non vede alternative al patto per il Mediterraneo
Diritti d'autore  Euronews
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Di Stefan Grobe
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La commissaria europea Dubravka Šuica ha respinto le critiche secondo cui il nuovo patto per il Mediterraneo sarebbe un’iniziativa destinata al fallimento fin dalla nascita, a causa delle divergenze di interessi tra l’Unione europea e gli Stati arabi del Sud.

“Se non ci siamo noi, chi ci sarà?” ha affermato in un’intervista esclusiva a Euronews.

“Sappiamo bene che c’è la Cina, c’è la Russia, ci sono Paesi che hanno interessi in questa parte del mondo, ma l’Europa vuole essere presente”, ha aggiunto. “Siamo i maggiori finanziatori di questi Paesi [del Mediterraneo meridionale]. Non vogliamo solo finanziare, ma anche avere un ruolo attivo”, ha dichiarato la politica croata.

Da quando Bruxelles ha presentato l’iniziativa alcune settimane fa, i critici hanno sollevato timori sul fatto che il nuovo patto possa ripetere le carenze delle precedenti politiche euromediterranee, che spesso non hanno mantenuto le promesse e hanno avuto un impatto limitato.

“Questa volta vogliamo un vero partenariato”, ha affermato Šuica, sottolineando che la Commissione europea ha consultato non solo i governi, ma anche laboratori di idee, il mondo accademico e la società civile.

Bruxelles vuole aiutare i Paesi vicini meridionali a sviluppare le loro economie e a creare nuovi posti di lavoro. “Creando nuovi posti di lavoro, affrontiamo in qualche modo le cause profonde della migrazione”, ha affermato Šuica.

“Non significa creare una fuga di cervelli là. Significa favorire la circolazione dei talenti e dare l’opportunità, a chi possiede competenze ed è istruito, di venire qui ma, allo stesso tempo, di rimanere nel proprio Paese e contribuire al suo sviluppo”.

Un’altra opportunità per una più stretta collaborazione è la politica energetica, secondo Šuica.

“Vogliamo decarbonizzare la regione da questo lato”, ha aggiunto. “Ma se non applichiamo gli stessi standard nella parte meridionale del Mediterraneo, allora il mare e la regione mediterranea continueranno a essere inquinati”.

Lavorando insieme, “creiamo una situazione vantaggiosa per tutti: creiamo nuovi posti di lavoro, sviluppiamo questi Paesi, decarbonizziamo la regione. Insomma, c’è tutto”.

Un posto nel Consiglio di pace di Trump a Gaza

Šuica si è espressa anche sul processo in corso volto a stabilizzare il Medio Oriente e sostenere la ricostruzione della Striscia di Gaza.

In questo contesto, ha rivendicato un posto nel controverso “Consiglio di pace” proposto dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump nel suo piano in 20 punti per il territorio.

“Non siamo solo i maggiori donatori, ma anche i maggiori finanziatori”, ha affermato Šuica, il cui portafoglio comprende il sostegno dell’UE ai territori palestinesi, durante The Europe Conversation di Euronews. “Siamo i loro vicini più prossimi. Quindi penso che dovremmo avere un posto in quel consiglio”.

Alla domanda se l’Unione avesse già ricevuto un invito da parte di Trump a entrare nel consiglio, la commissaria Šuica ha risposto: “Vedremo”.

Si prevede che la questione verrà discussa quando i ministri degli Esteri dell’UE si riuniranno a Bruxelles per i colloqui di giovedì 20 novembre.

Quello stesso giorno, la commissaria Šuica e il primo ministro palestinese Mohammad Mustafa copresiedranno un gruppo di donatori per la Palestina nell’ambito degli sforzi volti alla transizione verso il futuro post-bellico di Gaza. Si prevede la partecipazione di ben 60 delegazioni internazionali, tra cui quelle provenienti dall’Europa e dal Medio Oriente.

Šuica ha dichiarato che il gruppo si concentrerà su ciò che l’UE può fare per “rafforzare” l’Autorità palestinese (AP), l’organo di governo guidato da Fatah che amministra parti della Cisgiordania occupata.

L’UE è il principale donatore di aiuti ai palestinesi, ma gran parte dei suoi stanziamenti all’AP è subordinata ai progressi dell’organo di governo palestinese nelle riforme economiche e di governance essenziali.

Crescono tuttavia le preoccupazioni che Israele stia spingendo i territori palestinesi sull’orlo del collasso fiscale, trattenendo le entrate fiscali dovute all’AP, una pratica che gli esperti delle Nazioni Unite hanno definito “morsa finanziaria”.

“È necessario che liberino le entrate fiscali destinate al popolo palestinese, cosa che per ora non avviene”, ha affermato Šuica a Euronews.

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