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La controversa decisione di alcuni Stati europei sulle mine anti-uomo

Un riservista militare estone posiziona una mina antiuomo durante un addestramento
Un riservista militare estone posiziona una mina antiuomo durante un addestramento Diritti d'autore  AP Photo
Diritti d'autore AP Photo
Di Vincenzo Genovese
Pubblicato il Ultimo aggiornamento
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Cinque Paesi dell'Unione vogliono abbandonare la Convenzione di Ottawa che vieta l'uso e la produzione di mine, una scelta non condannata dalle istituzioni europee e che suscita aspre polemiche

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La guerra in Ucraina ha indotto alcuni Paesi dell'Unione europea a rivalutare il divieto di produzione e utilizzo di mine antiuomo, cosa che apre le porte a una possibile reintroduzione in Europa di questi ordigni, dopo decenni di stop imposti dalla Convenzione sulla messa al bando delle mine antiuomo. Gli Stati in questione sono Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania e Polonia, i cui governi hanno annunciato l'intenzione di ritirarsi dal trattato, che vieta anche lo stoccaggio e il trasferimento delle mine.

La Convenzione di Ottawa non è stata ratificata, tra gli altri, da Russia, Cina, Israele e Stati Uniti

Il documento - noto anche come Convenzione di Ottawa - è stato concordato nel 1997 ed è entrato in vigore due anni dopo, grazie alla ratifica di 164 Stati, compresi tutti i Paesi membri dell'Ue e la maggior parte dei Paesi africani, asiatici e americani. Tra i 33 Stati che invece non hanno ratificato il trattato figurano Cina, India, Iran, Israele, Corea del Nord, Russia, Corea del Sud e Stati Uniti, oltre a diversi Paesi arabi.

I Paesi che non hanno ratificato la Convenzione di Ottawa
I Paesi che non hanno ratificato la Convenzione di Ottawa Euronews

Secondo il rapporto Landmine Monitor 2024, pubblicato dalla International Campaign to Ban Landmines - Cluster Munition Coalition (ICBL-CMC), nel 2024 le mine antiuomo continuano però ad essere ampiamente utilizzate in tutto il mondo. In alcuni casi sono stati gli eserciti nazionali o le forze governative a farne uso, come nel caso del Myanmar, che le ha impiegate almeno dal 1999, mentre la Russia non ha rinunciato all'impiego nell'ambito dell'invasione dell'Ucraina, che oggi risulta essere il Paese più minato al mondo.

Paesi nei quali si è fatto uso di mine antiuomo nel 2024
Paesi nei quali si è fatto uso di mine antiuomo nel 2024 Euronews

Le mine antiuomo sono spesso utilizzate anche da gruppi armati non regolari. Secondo lo stesso rapporto, nel 2024 ciò è avvenuto in Colombia, India, Myanmar, Pakistan, nella Striscia di Gaza e probabilmente anche in Benin, Burkina Faso, Camerun, Repubblica Democratica del Congo, Mali, Niger e Nigeria. Il risultato è che almeno 58 Paesi nel mondo sono attualmente costretti a fronteggiare la presenza di mine antiuomo.

"L'80 per cento delle vittime è costituito da civili"

"Sappiamo che oltre l'80 per cento delle vittime delle mine antiuomo è costituito da civili, soprattutto bambini", ha dichiarato a Euronews Gilles Carbonnier, vicepresidente del Comitato Internazionale della Croce Rossa. A suo parere tali ordigni sono "armi del passato", proprio poiché uccidono e mutilano principalmente i civili e hanno una scarsa efficacia militare.

"In primo luogo - prosegue Carbonnier - spesso danneggiano gli stessi eserciti, i propri soldati o le forze amiche. In secondo luogo, la bonifica è estremamente costosa e richiede molto tempo", ha quindi aggiunto, sottolineando che la Croazia non ha ancora bonificato le ultime mine rimaste dalle guerre jugoslave di 35 anni fa.

Secondo il Landmine Monitor 2024, le mine antiuomo hanno causato 833 vittime nel 2023, il numero annuale più alto registrato dal 2011. Ma oltre alle vittime, lasciano dietro di sé una lunghissima scia di feriti e mutilati, secondo l'europarlamentare del Partito democratico Cecilia Strada, ex presidente dell'organizzazione non governativa Emergency, fondata dal padre Gino nel 1994: "Ho visto la prima persona ferita da una mina quando avevo nove anni. Poi ne ho contate centinaia", ha dichiarato a Euronews, ricordando le sue esperienze passate in Afghanistan, Pakistan, Sierra Leone e Cambogia.

La ragione per la quale i civili sono le vittime principali è che le mine rimangono sul terreno anche molto tempo dopo la fine dei conflitti. "In Afghanistan, ho visto bambini calpestare le mine piazzate dai russi che avevano lasciato il Paese 15 anni prima", racconta Strada. Nella sua esperienza, le donne e i bambini sono i più colpiti. "Cosa succede in un'economia di guerra o in un'economia postbellica? Gli uomini sono al fronte, o sono feriti, e quindi non possono più contribuire a garantire i bisogni. Così le donne e i bambini pascolano le pecore, prendono l'acqua dai fiumi, coltivano la terra e vanno a raccogliere i metalli. Vietare le mine antiuomo è una scelta abbastanza ovvia. Ma ora, in Europa, stiamo scendendo su una china pericolosa".

I piani dei Paesi che vogliono uscire dalla convenzione

I ministri della Difesa di Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia hanno annunciato la loro volontà con una dichiarazione congiunta giustificandola con l'esistenza di una "situazione di sicurezza fondamentalmente deteriorata" nella regione baltica. Contattato da Euronews, il ministero della Difesa estone ha precisato che "attualmente non ci sono piani per sviluppare, stoccare o utilizzare mine antiuomo". Tuttavia, con questa decisione, i Paesi firmatari vogliono inviare un chiaro messaggio, come scrivono nella dichiarazione: "I nostri Paesi sono pronti e possono usare ogni misura necessaria per difendere il nostro territorio e la nostra libertà".

Anche il ministro della Difesa finlandese ha spiegato la decisione in modo analogo: "Il ritiro dalla Convenzione di Ottawa ci darà la possibilità di prepararci ai cambiamenti del contesto di sicurezza in modo più versatile".

Il governo lettone è stato ancora più esplicito nella sua risposta a Euronews: "La guerra in Ucraina ha dimostrato che le mine antiuomo non guidate, in combinazione con altre mine e sistemi d'arma, aumentano la letalità delle forze di difesa ritardando o fermando i movimenti militari di massa russi".

Il Parlamento della Lettonia prenderà la decisione finale sull'eventuale ritiro del Paese dalla Convenzione di Ottawa e attualmente il governo di Riga non prevede di produrre o trasferire mine antiuomo all'Ucraina. Al contrario, non si esclude l'uso: "A nostro avviso, le mine antiuomo possono essere utilizzate per disperdere le forze nemiche o incanalarle e indirizzarle, per negare al nemico un terreno che non può essere sufficientemente difeso", si legge nella dichiarazione resa a Euronews.

La posizione delle istituzioni dell'Unione europea

Le istituzioni dell'Unione europea non criticano questi piani, nonostante la posizione sull'argomento sia, in teoria, molto chiara: "Qualsiasi uso di mine antiuomo ovunque, in qualsiasi momento e da parte di qualsiasi attore rimane completamente inaccettabile", si legge nel documento ufficiale sul divieto delle mine antiuomo, adottato nel 2024.

Interpellata da Euronews durante un briefing con la stampa, la Commissione europea non ha condannato le decisioni dei cinque Stati membri: "Abbiamo contribuito con oltre 174 milioni di euro dal 2023 all'azione umanitaria contro le mine, tra cui 97 milioni di euro specificamente destinati allo sminamento", ha ricordato il portavoce della Commissione Anouar El Anouni, senza commentare le scelte annunciate dai Paesi dell'Europa orientale.

Il tema è stato incluso nella relazione annuale del Parlamento europeo sull'"Attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune", votata ad aprile a Strasburgo. Un emendamento che "condanna fermamente l'intenzione di alcuni Stati membri di ritirarsi dalla Convenzione del 1997" è stato respinto per alzata di mano. Un'altra mozione, presentata dal Partito Popolare Europeo e approvata con 431 voti a favore, giustifica essenzialmente le scelte dai Paesi in questione, incolpando la Russia per averli costretti a prenderle.

Secondo la Croce Rossa Internazionale l'abbandono della Convenzione non è giustificato

Ma le minacce di Mosca non giustificano la risposta dei Paesi europei, ha osservato Gilles Carbonnier a Euronews: "Il diritto umanitario internazionale e i trattati sul disarmo umanitario si applicano proprio in circostanze eccezionali di conflitto armato, nelle peggiori circostanze. E il diritto umanitario internazionale non si basa sulla reciprocità, perché questo innescherebbe una spirale negativa".

Mosse come queste da parte dei Paesi dell'UE potrebbero provocare un effetto domino, ha affermato, inviando un "segnale negativo" ai Paesi del mondo che sono in conflitto armato ma che ancora aderiscono alla Convenzione. "Potrebbero dirsi: 'Perché dovremmo continuare ad aderire a questo trattato?'".

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