La nave Cassiopea della Marina militare è in viaggio verso il porto di Shengjin in Albania dove saranno accolti i migranti soccorsi al largo di Lampedusa. I trasferimenti ridanno il via al modello introdotto dai governi di Meloni e Rama
Riprende il trasferimento dei migranti verso i centri allestiti dall'Italia in Albania. Con una nota, il ministero dell'Interno italiano ha fatto sapere che dopo le operazioni di valutazione delle condizioni delle persone intercettate, 49 cittadini stranieri sono stati imbarcati a bordo della nave Cassiopea a largo dell'isola di Lampedusa per il trasferimento nei centri in Albania. Qui saranno avviate le procedure di accoglienza, trattenimento e valutazione dei singoli casi.
Il Viminale ha poi comunicato che 53 ulteriori migranti hanno presentato spontaneamente il proprio passaporto per evitare il trasferimento. "Una circostanza di particolare rilievo, in quanto consente di attivare le procedure di verifica delle posizioni individuali in tempi più rapidi anche a prescindere del trattenimento, aumentando le possibilità di procedere con i rimpatri di chi non ha diritto a rimanere in Ue", si legge nella nota.
I migranti a bordo della nave dovrebbero essere tutti maschi, adulti, senza vulnerabilità, in buona salute e provenienti dai Paesi identificati come "sicuri". La nave li trasferirà nell'hotspot italiano allestito nel porto di Shengjin e dopo le procedure di identificazione i richiedenti asilo saranno trasferiti nel centro di Gjader.
Così Meloni ha salvato il modello Albania
Lo scorso novembre il modello di esternalizzazione dell'accoglienza e rimpatrio dei migranti è stato bloccato per la seconda volta dal tribunale dei migranti di Roma, con la sospensione del trattenimento in Albania di sette migranti proveniente da Egitto e Bangladesh.
Per ovviare a un nuovo eventuale blocco, il governo di Giorgia Meloni ha approvato un decreto legge ribattezzato 'decreto flussi' con la lista aggiornata dei cosiddetti "Paesi sicuri" per i migranti, tra cui Egitto e Bangladesh, con l'intento di aggirare l'ostacolo giuridico imposto dal diritto comunitario con una norma di rango superiore rispetto al precedente decreto interministeriale. La legge entrata in vigore lo scorso 11 gennaio stabilisce che a decidere non saranno più i magistrati della sezione immigrazione, ma quelli della Corte d'appello.