Il mandato di arresto della Corte penale internazionale (Cpi) nei confronti del primo ministro israeliano continua a suscitare reazioni contrastanti e spesso ambigue da parte dei funzionari europei. Secondo Human rights watch questa ambiguità "alimenta un clima di impunità"
La Francia è stata l'ultimo Paese dell'Ue a mettere in dubbio il mandato di arresto della Corte penale internazionale (Cpi) per Benjamin Netanyahu, sostenendo che il primo ministro israeliano potrebbe essere immune dagli ordini della Corte.
È l'ennesimo segno che la storica decisione di chiedere la cattura internazionale di Netanyahu ha creato una spaccatura tra i Paesi dell'Unione europea.
Il 21 novembre la Corte dell'Aja ha emesso mandati di arresto per il primo ministro e l'ex ministro degli Difesa israeliani e per la leadership di Hamas, a seguito di una richiesta presentata a maggio dal procuratore Karim Khan. La Corte ha citato la concreta possibilità di crimini contro l'umanità e crimini di guerra nel conflitto tra Israele e Hamas.
La Cpi non ha il mandato per eseguire i suoi ordini e si affida ai suoi 124 Stati membri, che comprendono tutti i 27 Stati dell'Ue, per arrestare i sospettati in libertà.
Mentre l'Ungheria è l'unico Paese dell'Ue che finora ha dichiarato esplicitamente di voler disobbedire agli ordini della Corte, solo una manciata di capitali europee ha giurato di arrestare Netanyahu se dovesse mettere piede nei loro territori, nonostante l'obbligo legale di farlo.
Molti governi hanno rilasciato dichiarazioni contrastanti, affermando di sostenere il lavoro della Corte ma rifiutandosi di impegnarsi nell'arresto. Human rights watch afferma che la posizione ambigua degli Stati europei "alimenta un clima di impunità".
Quali Stati membri dell'Ue rispetterebbero l'ordine della Cpi
Il Belgio, i Paesi Bassi, l'Irlanda, la Lituania, la Slovenia e la Spagna hanno espresso le posizioni più fortemente favorevoli all'esecuzione del mandato d'arresto.
Il primo ministro uscente Alexander De Croo ha dichiarato giovedì scorso che il Belgio "si assumerà le proprie responsabilità", aggiungendo che non ci possono essere "due pesi e due misure".
Il ministro degli Esteri olandese Caspar Veldkamp ha dichiarato al parlamento che Netanyahu sarebbe stato arrestato nei Paesi Bassi e ha cancellato una visita in Israele in seguito all'emissione del mandato di arresto da parte della Corte penale internazionale.
Anche l'Irlanda e la Spagna, che hanno esercitato pressioni congiunte su Bruxelles affinché sanzionasse Israele per le sue operazioni a Gaza e in Libano, hanno suggerito di agire in base al mandato, così come la Lituania e la Slovenia.
Nonostante l'Austria sia una convinta alleata di Israele, Vienna ha dichiarato che sarebbe costretta a conformarsi. In una dichiarazione il ministro degli Esteri Alexander Schallenberg ha definito il mandato "assolutamente incomprensibile" e "assurdo", ma ha aggiunto che "il diritto internazionale non è negoziabile e si applica ovunque, in ogni momento".
Anche l'Estonia, la Svezia e la Danimarca si sono espresse a sostegno del lavoro della Corte penale internazionale dopo l'emissione dei mandati, senza dire esplicitamente che sarebbero disposte ad arrestare il leader israeliano.
Francia, Germania e Italia non impegnate
Tuttavia, la posizione non vincolante di molti Stati dell'Ue, compresi i tre Paesi più popolosi - Francia, Germania e Italia - rischia di erodere ulteriormente l'autorità della Corte.
Il governo francese, che afferma di essere un forte sostenitore del ruolo della Cpi nel sostenere il diritto internazionale, ha affermato che Netanyahu gode dell'immunità dai mandati di arresto in quanto Israele non è un membro della Corte.
In una dichiarazione il ministero degli Esteri francese ha affermato che: "Non si può chiedere a uno Stato di agire in modo incoerente con i suoi obblighi di diritto internazionale per quanto riguarda le immunità degli Stati che non fanno parte della Corte penale internazionale".
"Tali immunità si applicano al primo ministro Netanyahu e agli altri ministri interessati e dovranno essere prese in considerazione nel caso in cui la Cpi ci chieda il loro arresto e la loro consegna", si legge nella dichiarazione.
I commenti sono arrivati dopo che Parigi aveva inizialmente indicato che avrebbe adempiuto ai suoi obblighi in risposta al mandato.
Allo stesso modo, l'Italia ha messo in dubbio la fattibilità della detenzione di Netanyahu, con il ministro degli Esteri Antonio Tajani che la scorsa settimana ha affermato che "l'arresto di Netanyahu è irrealizzabile, almeno finché sarà primo ministro".
La Germania ha inizialmente dichiarato che avrebbe "esaminato" la sua possibile risposta al mandato, ma è considerata combattuta tra il suo incrollabile sostegno alla corte e la sua responsabilità storica nei confronti di Israele.
La ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha lasciato intendere che Berlino avrebbe potenzialmente rispettato il mandato, dicendo ai giornalisti a margine di un incontro del G7 in Italia che "il governo tedesco rispetta la legge perché nessuno è al di sopra della legge". Un portavoce del governo ha però recentemente dichiarato di avere "difficoltà a immaginare" che la Germania possa mai detenere Netanyahu sul suo territorio.