Gli agricoltori europei contro la legge per il ripristino della natura: il Ppe si schiera con loro

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Di Michela MorsaEuronews
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La Nature restoration law mira a proteggere almeno il 20% della superficie terrestre e marina dell'Ue entro il 2030, ma secondo gli agricoltori e il partito di centro-destra minacciano la produzione europea e la sicurezza alimentare

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Le maggiori associazioni di agricoltori d'Europa protestano contro una legge europea sul ripristino della natura. 

La proposta mira a proteggere almeno il 20% della superficie terrestre e marinadell'Ue entro il 2030. Ma Il Copa-Cogeca, sindacato che comprende i rappresentanti degli agricoltori e delle cooperative agricole europee, vuole che la Commissione europea ritiri la legge, sostenendo che ridurrà le aree destinate alle attività agricole, forestali e orticole. 

"Ridurremmo di fatto la nostra capacità di produrre cibo e saremmo più esposti alle importazioni che noi e tante Ong e organizzazioni della società civile considerano rischiose. Vogliamo produrre cibo per i cittadini europei e questa legislazione minaccia seriamente questo obiettivo del nostro settore", dice il segretario generale dell'ente, Pekka Pekkonen, durante una protesta davanti al Parlamento europeo tenutasi il 1° giugno. 

La Commissione europea afferma che la legislazione sul restauro, proposta a giugno 2022, è importante per affrontare le gravi minacce ecologiche. Secondo l'Agenzia europea dell'ambiente, nell'Ue circa l'81% degli habitat è in cattivo stato di conservazione e 1.677 specie europee sono a rischio estinzione. In particolare, le specie di api, uccelli e farfalle sono in forte declino e ciò mette in pericolo l'equilibrio degli ecosistemi.

La nuova legge è vista anche come uno strumento per combattere il cambiamento climatico, consentendo alla natura, come le foreste, le zone umide e le praterie, di prosperare e così catturare le emissioni di C02. Il disegno contiene anche obiettivi per gli spazi verdi urbani, la connettività fluviale e la protezione marina. Questi ecosistemi sono fondamentali per contribuire a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius, l'obiettivo fissato dall'Accordo di Parigi del 2015. 

Il Ppe punta i piedi

Non sono solo gli agricoltori a essere contrari alla proposta di legge. Mercoledì 31 maggio, il Partito popolare europeo (Ppe), che vanta 177 seggi all'Eurocamera, ha deciso di ritirarsi dai negoziati interparlamentari con gli altri gruppi politici prima di un voto cruciale da parte della commissione per l’Ambiente (Envi) in merito. 

Come il Copa-Cogeca, il partito di centro-destra chiede una nuova valutazione d'impatto globale da parte della Commissione prima di approvare qualsiasi legislazione. Ma di per sé, il Ppe non ha abbastanza parlamentari per rovesciare la legge, sostenuta dalle altre principali forze politiche.

"Non siamo contro il ripristino della natura, siamo contro la cattiva legislazione. Il Ppe è pronto ad abbattere la legge sul ripristino della natura nella sua forma attuale", dice Tom Vandenkendelaere, eurodeputato belga del partito. 

“La Commissione europea non può aspettarsi che il Ppe accetti semplicemente la proposta senza una valutazione completa dell’impatto sulla sicurezza alimentare, la riduzione dei terreni agricoli e l’introduzione delle energie rinnovabili. Questo non è negoziabile", dice Christine Schneider, che guida i negoziati per il gruppo. 

"Se la Commissione prende sul serio il ripristino della natura, dovrebbe presentare una nuova proposta il prima possibile”, aggiunge. Secondo l’eurodeputata, gli elementi della proposta non hanno senso, incluso il ripristino degli ecosistemi al loro stato storico piuttosto che un approccio orientato al futuro. La sicurezza alimentare e l’accessibilità economica, dice, devono essere una priorità rispetto al ripristino della natura.

Il capogruppo del Ppe, Manfred Weber, afferma invece che le misure non terrebbero conto dell'impatto economico della guerra in Ucraina e che eserciterebbero una pressione eccessiva "sulle nostre comunità rurali e sui nostri agricoltori".

L'intransigenza della Commissione

La Commissione si è detta disponibile a discutere nel dettaglio la proposta, ma fa sapere che non vi sarà alcuna riformulazione. “Non si può rifiutare questa proposta e sperare che la Commissione ne faccia un’altra. La Commissione non presenterà un’altra proposta. Sia chiarissimo”, ha dichiarato il vicepresidente della Commissione e responsabile per il Green Deal, Frans Timmermans, alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo.

La legge è un elemento chiave del Green Deal europeo. Questa sarebbe la prima legge vincolante che impone a tutti i 27 Stati dell'Ue di attuare misure di protezione della natura. Bruxelles contribuirebbe a sostenere questi sforzi con un budget di 100 miliardi di euro. 

La Commissione europea ha persino avanzato l'argomentazione economica secondo cui ogni euro investito nel ripristino della natura aggiunge da 8 a 38 euro di benefici. I Paesi dovranno presentare alla Commissione europea i piani nazionali di ripristino entro due anni dall'entrata in vigore del regolamento.

Il centro-sinistra, i Verdi e alcuni eurodeputati liberali vogliono approvare la legge entro la fine dell'anno.

"Per la sicurezza alimentare abbiamo bisogno di sistemi ecologici e sostenibili che funzionino per tutti. Siamo parte della natura, non possiamo pensare che la natura circostante si ammali e che noi restiamo sani. Non funziona così", dichiara a Euronews Sarah Wiener, europarlamentare austriaca dei Verdi, che chiede una revisione del modello agricolo intensivo e un passaggio a un sistema più biologico.

"Dobbiamo pensare alle altre generazioni, ma anche a ciò che mangiamo. All'interno della nostra catena alimentare mangiamo anche un po' di pesticidi, antibiotici e sostanze chimiche e nessuno vuole mangiare queste cose", aggiunge.

L'attuale presidenza svedese dell'Ue ha previsto di raggiungere un approccio generale a livello ministeriale durante il Consiglio Ambiente del 20 giugno. Nel frattempo, César Luena, un legislatore socialista spagnolo, cercherà di convincere i legislatori a raggiungere un consenso in qualità di relatore del Parlamento.

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