Nessuna deroga: il primo novembre finisce il periodo per l'immatricolazione delle auto dei kosovari di etnia serba, che minacciano una dura reazione
Cresce la tensione tra Serbia e Kosovo per quella che è stata definita la "guerra delle targhe": il governo kosovaro vuole obbligare i suoi cittadini di etnia serba a cambiare le proprie targhe automobilistiche, emesse dalle autorità di Belgrado, sostituendole con targhe kosovare entro la fine del mese.
Situazione esplosiva
È l'ultimo capitolo di un rapporto molto complicato fra le autorità di Belgrado e quelle di Pristina. Il Kosovo, Stato formalmente non riconosciuto dall'Onu, ha ottenuto nel 2008 l'indipendenza de facto dalla Serbia, che però continua a considerare il territorio una sua regione. I kosovari sono in maggioranza di entina albanese, ma quelli di etnia serba non intendono obbedire alle autorità di Pristina.
"Abbiamo già posticipato la scadenza, dal 30 settembre al 31 ottobre. Invito tutti a munirsi di targhe legittime", ha detto di recente Albin Kurti, capo del governo del Kosovo.
Se il governo kosovaro non estenderà ancora il termine per la registrazione delle nuove targhe, tuttavia, il rischio è che la situazione degeneri, con i serbi pronti a reagire a quella che considerano un'ingiustizia: è possibile che si verifichino un blocco completo delle strade e la completa chiusura di tutti i valichi e di tutti gli accessi tra la parte settentrionale, abitata in prevalenza da serbi-kosovari e quella meridionale del Paese.
Il ruolo dell'Europa
La decisione di Pristina tra l'altro è statasostenuta anche dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che ha incluso la capitale del Kosovo nel suo viaggio nei Balcani occidentali.
"Ci sono regole e leggi chiare e devono essere seguite in qualsiasi Paese. E allo stesso tempo, se c'è un periodo di transizione, la transizione deve essere agevole e inclusiva".
Anche Francia e Germania hanno provato ad appianare le divergenze fra i due governi, coscienti che una situazione conflittuale alle porte dell'Unione Europea avrebbe conseguenze in tutto il continente.
"Siamo pronti per continuare i colloqui e i negoziati. Ma ci sono cose nel piano franco-tedesco che non possiamo accettare. Non voglio entrare nei dettagli. Nella nostra risposta ne abbiamo informato i rappresentanti di Francia, Germania e Stati Uniti", ha detto Aleksandar Vučić, presidente della Serbia. Non esattamente un'apertura di credito.